Europa e Usa si affrettano per tracciare una regolamentazione delle cripto-attività della finanza decentralizzata, mentre crescono il numero di utenti che si affidano alla stessa in un contesto, avvisa la Consob, di arretratezza digitale e finanziaria nel quale prolifera il rischio di cyber attacchi
L’ultimo Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane di Consob, all’interno della fotografia che tratteggia i consumi in Italia, evidenzia il consolidamento di una tendenza. “Nel 2021 in Italia è aumentato l’interesse verso le cripto-attività, come mostrato dalla crescita del numero di ricerche effettuate sul web di termini a esse associate” recita il report. E ancora: “ll mercato dei crypto-assets continua a espandersi rispetto al numero di utilizzatori e al volume degli scambi. Gli assets oggetto di negoziazione si connotano per una elevata eterogeneità, frutto di un continuo processo di innovazione finanziaria, e per una forte volatilità dei prezzi”. Nonostante, come sottolinea la stessa indagine poco dopo, il grado di digitalizzazione finanziaria in Italia sia piuttosto basso.
Al netto dello scarso grado sia di cultura finanziaria e talvolta informatica, le cripto-attività affascinano in misura sempre maggiore. Per questo le istituzioni cercano di spostare l’attenzione sulla necessità di regolamentazione delle stesse; come, ad esempio, il presidente degli Stati Uniti che ha ritenuto opportuno incaricare diverse agenzie governative di progettare una migliore regolamentazione per le cripto attività.
Dolce: deinflazione
Il report “State of Crypto” di 21Shares, di febbraio 2022, afferma che “il numero di indirizzi Ethereum che hanno interagito con i protocolli Defi (Finanza Decentralizzata,ndr) ha superato i 4 milioni nel 2021, con un aumento di quasi il 200% dall’inizio dell’anno”. L’indagine spiega: “I mercati verticali della DeFi che servono questi utenti si estendono ai mercati monetari, ai derivati, all’aggregazione dei rendimenti, alla gestione dei portafogli e alle borse, trasformando e democratizzando tutto ciò che la finanza tradizionale aveva da offrire”.
Il concetto di Finanza Decentralizzata è una forma sperimentale di sistema finanziario che non si basa su intermediari finanziari, come broker, exchange o banche. La DeFi si basa su smart contract: “un codice digitale programmato su una blockchain a convalida di una transazione precedentemente concordata e basata su condizioni prefissate”, si legge nel glossario dell’indagine. Lo stesso report fa sapere che il 2021 è stato un buon anno per la DeFi, sia per “il crescente interesse istituzionale”, sia perché si è assistito “alla crescita della stessa attraverso prestiti auto rimborsati, la volatilità tokenizzata, le tranche di rendimento componibili e i derivati in staking”
Il successo dell’idea di una finanza decentralizzata, quindi che può fare a meno degli intermediari istituzionali, si basa sul concetto di tokenizzazione (letteralmente “che crea un gettone) a base della tecnologia degli NFT (Not-Fungible-Token, per l’appunto). Tale processo, permette di saltare l’anello della distribuzione e ad arrivare a vendere il proprio token in un rapporto peer-to-peer direttamente al consumatore, garantendo la validità della transazione tramite la certificazione della blockchain.
Massimo Siano, Head of Southern Europe di 21SHARES
“I bitcoin possono essere considerati un bene rifugio” afferma Massimo Siano, Head of Southern Europe di 21SHARES. “Se consideriamo, come rifugio, un bene che non modifica la sua massa nel tempo, come ad esempio l’oro, allora i bitcoin possono essere considerati tali” spiega, facendo riferimento all’ ”Hard Cap”, ovvero il limite di creazione di Bitcoin fissato dallo stesso Satoshi Nakamoto, ideatore della valuta digitale.
Siano sottolinea poi il potere deinflazionistico di questa tecnologia. Il processo P2P, secondo Siano, sbalzerebbe dall’ecosistema finanziario gli attuali intermediari istituzionali e porterebbe ad un aumento della produttività e “di conseguenza ad affrontare l’inflazione in modo diretto”.
Amaro: rischi cibernetici
Il rapporto della Consob citato precedentemente avverte: “all’accelerazione della digitalizzazione si associa, tra le altre cose, l’intensificarsi del rischio cibernetico e la necessità di innalzare le competenze digitali e la consapevolezza degli individui sulle caratteristiche e sulle modalità di mitigazione del fenomeno”.
“Il Cyber Risk Literacy and Education Index, elaborato dall’Oliver Wyman Forum” si legge, “fornisce un quadro sintetico del grado di preparazione di alcuni paesi alla gestione del rischio cibernetico. Secondo tale indice, l’Italia si colloca al trentunesimo posto nell’ambito delle 50 economie analizzate, al di sotto della media dell’Eurozona e di tutti i maggiori paesi dell’area”.
Come ogni avvento di una nuova tecnologia, bisogna essere pronti per l’implementazione. Da qui la necessità Europea e Americana di creare una regolamentazione dell’attività decentralizzata, anche sul lato della cyber security. Il report di 21Shares afferma, infatti, che “anche se l’affidabilità dei ponti cross-chain viene costantemente testata per rilevarne le vulnerabilità, i protocolli DeFi hanno già registrato un numero record di attacchi nel 2021, per un totale di 680 milioni di dollari, molti dei quali sono attribuiti a piattaforme di liquidità crosschain”.
Tuttavia, la tecnologia della blockchain potrebbe aiutare all’individuazione delle frodi in maniera più semplice, poiché “trasparente e pertanto risulta più facile per le forze dell’ordine e la comunità tracciare e identificare il percorso digitale degli attancanti” si legge nella stessa indagine.
D’altro canto, il Global monitoring report on Non Banking Financial Intermediation 2021 della FSB (Financial Stability Board) conferma che al netto della fascinazione e alla crescita della DeFi “le attività finanziarie globali totali hanno mostrato una forte crescita nel 2020, aumentando del 10,9% a 468,7 trilioni di dollari”. E specifica:“ciò è stato più rapido del settore NBFI globale, che comprende principalmente fondi pensione, compagnie assicurative e altri intermediari finanziari (AFI), che ha registrato una crescita degli asset del 7,9%, raggiungendo $ 226,6 trilioni”.
A dimostrazione del fatto che, come teorizzava Marshall McLuhan nei suoi mass media studies, ogni nuova tecnologia non sostituisce la precedente ma c’è un margine di coesistenza che va preso in considerazione.
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