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A febbraio il Pmi composito sale ai massimi da 9 mesi grazie ai servizi. Giù invece il manifatturiero. Occhi puntati su Francoforte: Goldman Sachs vede il tasso terminale al 3,5%, Morgan Stanley al 3,25%
Luci e qualche ombra per l’economia dell’Eurozona. A febbraio la crescita dell’area ha accelerato fino a toccare il valore più alto in nove mesi, con l’indice Pmi composito della produzione che è salito a 52,3 dai 50,3 di gennaio segnando la più forte espansione dallo scorso maggio. L’indicatore manifatturiero è però sceso a 48,5 da 48,8 del mese precedente mentre quello della produzione è risalito a 50,4 da 48,9 , oltre la soglia della contrazione e al massimo da nove mesi.
Fase di espansione
Il buon risultato di febbraio è stato quindi trainato dal terziario, settore in cui l’attività economica risulta in aumento per il secondo mese consecutivo e il cui indice Pmi è salito a 53 da 50,8 registrando la più forte espansione da giugno scorso. “L’aumento della domanda, la ripresa della catena di fornitura, la riduzione degli ordini inevasi e il rialzo dell’ottimismo hanno sostenuto tale accelerazione. Finora, i dati ci descrivono un primo trimestre in fase di espansione, con l’occupazione in continua crescita”, evidenziano da S&P Global.
Bene la Germania, il cui indice flash Pmi composito della produzione è risalito da 49,9 a 51,1: è la prima volta in otto mesi che la rilevazione supera la soglia di 50 con cui si separa convenzionalmente la crescita dalla contrazione, seppur con un modesto tasso di espansione. “L’attività economica tedesca torna a crescere”, osservano gli analisti di S&P Global. Anche la Francia archivia un risultato positivo, con l’indice di produzione composito salito da 49,1 a a 51,6 mettendo a segno un’espansione per la prima volta dallo scorso ottobre e un tasso di crescita che è il più consistente dal luglio 2022.
I dubbi dei mercati
I Pmi di febbraio, migliori delle attese, non hanno però migliorato il sentiment dei mercati, che guardano con sempre più apprensione alle prossime riunioni delle banche centrali. “I dati preliminari sugli indici Pmi europei hanno indicato una continua espansione dal punto di vista dei servizi anche se l’aumento dei tassi di interesse da parte della Bce continua a pesare sull’attività manifatturiera”, osserva Federico Vetrella, market strategist di IG Italia, che sottolinea come le prospettive per le principali economie del Vecchio Continente siano decisamente migliorate a partire dall’inizio del 2023 con un forte avanzamento dell’ottimismo dovuto alla riduzione dei ritardi sulle forniture e al calo dell’inflazione da costi.
“Non ultimo, anche il ribasso dell’indice dei prezzi al consumo ha ulteriormente confermato le aspettative di un definitivo scansamento della fase recessiva. Tuttavia, l’attività manifatturiera rimane ancora soggetta a possibili esternalità negative essendo il segmento più sensibile alle variazioni nella politica monetaria della Bce, che continuerà ad aumentare il costo del denaro almeno nelle prossime due riunioni”, precisa lo strategist.
Per Vetrella, gli operatori sono ormai convinti che lo spettro di una recessione sia stato del tutto evitato anche se permangono alcune incertezze legate a quei comportamenti degli istituti monetari che potrebbero causare un rallentamento eccessivo dell’attività economica. “Il peggio sembra essere passato ma rimangono i dubbi dovuti all’inflazione, che resta più trincerata del previsto all’interno del sistema economico europeo”, avverte.
Le riunioni della Bce
Per quanto riguarda le prossime riunioni dell’Eurotower, gli esperti di Goldman Sachs prevedono altri tre ritocchi, con il tasso terminale al 3,50% rispetto al 3,25% precedentemente ipotizzato. Oltre al preannunciato aumento da 50 punti base in marzo, ora ne stimano un altro da 25 punti in maggio e un altro della stessa entità il mese successivo. A convincere gli analisti della banca Usa è stata in particolare l’intervista della scorsa settimana del membro del board, Isabel Schnabel, secondo cui “siamo ancora lontani dal poter cantare vittoria sull’inflazione”.
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Più ottimismo invece in casa Morgan Stanley. Secondo gli esperti della compagnia, dopo i 50 punti base di marzo, Christine Lagarde annuncerà un altro ritocco di 25 punti base a maggio e si fermerà a giugno con un tasso terminale del 3,25%. “Un aumento di mezzo punto il prossimo mese sembra un affare fatto e ci vorrebbero dati improbabili per cambiarlo”, scrivono gli esperti, stando ai quali un rialzo di un quarto di punto nel meeting successivo sarebbe “un compromesso all’interno del Consiglio direttivo, facilitato, come prevediamo, dai dati che mostrano l’assenza di un ulteriore aumento dell’inflazione core, la bassa crescita del Pil e maggiori prove di un indebolimento della dinamica del credito”.
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