Reti, ad aprile raccolti 4 miliardi. Riparte il gestito
Continua il momento d’oro dell’amministrato, spinto dal boom dei Btp. Saldo positivo per fondi comuni e gestioni individuali. Fideuram ancora al top, Mediolanum prima nel gestito
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Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Ricominciano, nel caso di Sergio Ermotti, richiamato da Ubs alla poltrona di ceo e di presidente del cda per pilotare l’impegnativa acquisizione di Credit Suisse. Il manager ticinese è infatti una vecchia conoscenza del colosso elvetico, avendolo guidato per nove anni dal 2011 al 2020, attraverso la crisi finanziaria del 2008 e lo scandalo sul trading. Dal 5 aprile prossimo prenderà il posto dell’olandese Ralph Hamers, che due anni e mezzo fa l’aveva sostituito e che resterà nella banca per un periodo di transizione.
Qualcuno l’ha già definito un “usato garantito”, forse l’unico in grado di gestire un’unione che si preannuncia complessa pur offrendo un potenziale significativo per espandere il business della gestione patrimoniale su cui Ubs si è concentrata proprio sotto la guida di Ermotti. E la conferma che si tratta della scelta giusta è subito arrivata dalla Borsa, dove il titolo del gruppo elvetico ha ingranato la quinta. Per gli analisti di Citi, il banchiere rappresenta innanzitutto un segnale di cambiamento, oltre ad avere grande esperienza nelle ristrutturazioni su larga scala.
Sergio Ermotti, amministratore delegato di Ubs
“Il compito da affrontare è urgente e sfidante. Per portarlo a termine in maniera sostenibile e con successo, e nell’interesse di tutti gli azionisti coinvolti, dobbiamo valutare attentamente e sistematicamente tutte le opzioni”, ha affermato Ermotti, garantendo che lavorerà duramente per evitare conseguenze negative per i contribuenti. “Non dobbiamo affrettarci a prendere decisioni di cui potremmo pentirci. Dateci un paio di mesi”, ha spiegato nel corso della conferenza stampa dedicata al suo insediamento, sottolineando che servirà ricostruire la fiducia. Quanto al suo mandato, niente scadenze: “Resterò finché mi vorranno e finché non sentirò che il lavoro è finito”, ha concluso.
Per il presidente di Ubs, Colm Kelleher, l’integrazione del Credit Suisse è più grande di qualsiasi operazione effettuata all’apice della crisi finanziaria del 200. Tanto che, in conferenza stampa, il numero uno dell’istituto ha detto di non poter sottolineare abbastanza l’enormità del lavoro che li attende. Per questo è stato scelto Ermotti, più adatto a portare avanti l’integrazione in virtù del suo passato di banchiere d’affari rispetto ad Hamers: “È il migliore pilota per questo volo”, ha sottolineato Kelleher.
Riguardo agli esuberi, i vertici del gigante elvetico hanno solo indicato che daranno chiarimenti appena possibile. Kelleher ha però spiegato che la prospettiva allo studio è di liquidare ampie parti della banca d’investimento del Credit Suisse, dopo aver capito in particolare quali dirigenti, gestori patrimoniali e banchieri. L’integrazione presenta notevoli rischi di esecuzione e Ubs, ha avvertito il presidente, non vuole importare “cattiva cultura”, che era principalmente in quella divisione e nelle funzioni di controllo della sua ex rivale. Resta però l’interesse a trattenere i talenti.
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Sessantatré anni il prossimo 11 maggio, Sergio Ermotti torna quindi ad occupare quella poltrona dalla quale per nove anni, attraverso la crisi finanziaria e lo scandalo dei trader disonesti, è riuscito a mantenere la fiducia in Ubs, risanandola e riposizionandola nel sistema finanziario internazionale soprattutto grazie al private banking.
Nato a Lugano e formatosi a Oxford, il banchiere con il sogno di diventare calciatore (a 15 anni ha lasciato la scuola per il pallone) ha iniziato la sua carriera alla Corne’r Banca SA della sua città natale, la stessa dove lavorava suo padre, per poi trasferirsi negli anni Ottanta a Citibank NA Zurigo Trading. Passato a Merrill Lynch, dove è arrivato a guidare il Dipartimento mercati azionari per l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente e a essere il direttore esecutivo dei mercati azionari globali, nel dicembre del 2005 è diventato luogotenente di Alessandro Profumo in Unicredit, prima come responsabile trading e investment banking, poi a capo della struttura corporate come vice amministratore delegato.
Lasciata l’azienda nel 2010 poco dopo l’uscita di Profumo, l’anno dopo ha iniziato l’avventura in Ubs, prima come presidente e ceo per l’Emea e membro del comitato direttivo, poi come ceo in scia alle dimissioni di Oswald Grubel per lo scandalo sul trading. Nel 2021 è entrato come presidente in Swiss Re, che ora lascia per tornare nella banca svizzera, e da fine 2020 ha anche guidato come presidente Spac Investindustrial Acquisition Corp, fondata da Andrea Bonomi, che ha portato Zegna in Borsa.
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