Trimestre in frenata per il gestito ma sui fondi aperti l’appetito per i bond compensa i riscatti sui prodotti equity. E un’ulteriore spinta all’asset class potrà arrivare nel 2024 dalla prima normalizzazione dei mercati dopo anni
Il risparmio gestito italiano incassa il colpo nel terzo trimestre 2023 ma si prepara a ripartire in vista di una fase del ciclo economico che promette di ridare slancio ai mercati finanziari dopo due anni di shock a catena. È quanto emerso da ‘The Big Picture’, il talk di FR|Vision ideato per permettere ai protagonisti del settore di commentare i dati definitivi della Mappa Trimestrale Assogestioni. Il format proprietario di FocusRisparmio ha infatti constato come la raccolta del periodo luglio-settembre sia stata negativa per 15,2 miliardi di euro e abbia determinato un calo del patrimonio complessivo a 2.224 miliardi dai 2.277 di fine giugno. Una parantesi che avrebbe potuto essere peggiore senza l’appetito per le obbligazioni del pubblico retail ma dalla quale il settore sembra comunque destinato a riprendersi grazie al ritorno della “grande moderazione”.
L’effetto mercato spinge al ribasso i fondi aperti
Come evidenziato dal report, i deflussi si sono concentrati soprattutto in due segmenti: le gestioni di prodotti assicurativi, che hanno perso capitali per 7,8 miliardi, e i fondi aperti, reduci da un rosso di 7 miliardi euro. Secondo Alessandro Rota, direttore dell’Ufficio Studi di Assogestioni, la performance della classe di prodotto con la maggior presenza di investitori retail è imputabile in particolare alla sovrapposizione di due movimenti negativi: “Oltre alla raccolta, un effetto mercato stimato a -1,6% ha sottratto circa 18 miliardi di euro alle masse e le ha fatte scendere complessivamente di 25 miliardi nel periodo”.
Azionari in negativo. Ma i bond danno ossigeno
Analizzando lo spaccato dei dati, è possibile notare come i prodotti bilanciati e flessibili abbiano registrato fuoriuscite della stessa entità rispetto al trimestre precedente e pari rispettivamente a 4,3 e 6,4 miliardi. Una traiettoria di peggioramento contraddistingue invece i veicoli azionari, interessati da riscatti per 1,7 miliardi e per la prima volta in negativo da inizio anno. A rendere mezzo pieno il bicchiere sono quindi, ancora una volta, i fondi obbligazionari: pur a fronte di una raccolta dimezzata rispetto ai tre mesi precedenti, hanno comunque beneficiato di ulteriori afflussi per 4,5 miliardi e aggiornato il totale da inizio anno 16,2 miliardi. Una performance che, allargando lo sguardo agli ultimi quattro trimestri, Rota attribuisce “all’innovazione di prodotto dei fondi targati Italia e in particolare di quelli a scadenza”. Proprio la performance positiva degli strumenti di casa è uno degli aspetti sottolineati dall’esperto di Assogestioni, che nota come i +849 milioni della categoria si scontrino con i -3,8 miliardi degli esteri e diventino -3,2 miliardi se sommati ai rountrip. Da segnalare anche il buon risultato dei fondi monetari, +933 mln euro, e dei Pir: i Piani individuali di risparmio hanno infatti ricevuto 7,5 milioni di euro a conferma del supporto che forniscono all’economia reale.
Il quadro del terzo trimestre si completa con le gestioni retail, che hanno fatto registrare circa 169 milioni di euro di deflussi. A pesare sul risultato è stato soprattutto il ramo istituzionale, in negativo per 9 miliardi, mentre i fondi chiusi hanno raccolto 858 milioni in favore prevalentemente di prodotti specializzati nell’investimento delle piccole e medie imprese non quotate. “I deflussi del primo gruppo si sono concentrati in particolare nei mandati aventi come sottostante i prodotti assicurativi. Tuttavia, guardando alle gestioni a più lungo termine, si nota come i mandati previdenziali abbiano raccolto oltre un miliardo”, ha concluso Rota.
Figura 1 – Fondi aperti per asset class
Fonte: Mappa Trimestrale Assogestioni
Un futuro luminoso con la “grande moderazione”
La fotografia scattata da Assogestioni appare più luminosa se si guarda all’imminente futuro. E gli stessi ospiti di ‘The Big Picture’ lo hanno evidenziato chiaramente con i loro interventi. Andrea Conti, responsabile Macro Research & Product Specialist di Eurizon, ha evidenziato come il 2024 si candidi a essere “il primo anno non turbolento e con buone possibilità di un ritorno della grande moderazione che aveva caratterizzato il ciclo precedente”. Dal suo punto di vista, un contesto di questo tipo permetterà alle banche centrali di allentare la presa anche in assenza di recessione ma solo riducendo il divario tra un’inflazione in discesa e l’attuale livello dei tassi. “Se così sarà”, spiega, “si produrrà uno scenario ottimale per tutte le attività finanziarie e, in particolare, per l’obbligazionario perché ai flussi cedolari si sommeranno guadagni in conto capitale”.
Francesco Sandrini, responsabile della divisione Muti-asset Strategies di Amundi, è invece convinto che l’anno seguente sarà a due velocità, con occasioni su entrambe le principali asset class. “Nella prima parte, un rallentamento dell’inflazione, utili delle aziende in deterioramento e allargamento degli spread potrebbero portare Fed e Bce a iniziare ad abbassare i tassi. Nella seconda parte, seguirebbe un rimbalzo dei listini azionari e probabilmente delle obbligazioni legate a un beta più elevato”.
Ma attenzione anche ai megatrend
“Vigilia di grandi cambiamenti” è invece l’espressione con cui l’attuale situazione è stata descritta da Maria Paola Toschi, global market strategist di J.P. Morgan AM. Oltre a confermare il calo del fenomeno inflazionistico e le previsioni di un lungo taglio dei tassi da giugno in avanti, l’esperta ha infatti sottolineato come il ruolo di driver del mercato sarà assunto dalla transizione energetica e tecnologica. “Prevediamo un’accelerazione di queste trasformazioni e pensiamo non solo che i Paesi sviluppati saranno più pronti rispetto al mondo emergente ma anche che sarà la politica fiscale a giocare una parte preminente”, ha detto. Da qui il suo consiglio di “distinguere tra gli attori vincenti e quelli che invece resteranno indietro, prediligendo quindi un approccio globale con un focus sulle storie di investimento convincenti.”
E proprio i megatrend che occupano il dibattito pubblico saranno, per Teresa Gioffreda, fattori di attenzione nei confronti delle infrastrutture: “L’asset class è stata particolarmente resiliente nel 2023, dimostrando buoni risultati in un contesto di bassa crescita e alta inflazione. Ci aspettiamo che anche per il 2024 continui a performare allo stesso modo”, ha detto l’investment strategist di UBS Asset Management Italia.
I gruppi sul podio
Tornando i dati del terzo trimestre, salgono sul podio per raccolta netta Poste Italiane (+614 milioni di euro), Gruppo Mediolanum (+508 milioni), Arca e BlackRock (+479 milioni per entrambe). In fondo alla classifica, si posizionano Gruppo Intesa Sanpaolo (-9.043 milioni), Amundi Group (-2.322 milioni) e Gruppo Deutsche Bank (-959 milioni).
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