Presentato a SdR2024 il V Rapporto sulle abitudini finanziarie delle famiglie. Sempre più forti timori per il quadro globale e la tendenza ad acquistare i titoli di Stato locali, ma la propensione a investire tiene. Trasparenza, professionalità, educazione le chiavi per alimentarla
Pandemia, guerre, inflazione, tassi di interesse. I tanti shock che si sono susseguiti negli ultimi cinque anni hanno cambiato profondamente lo scenario globale e, con esso, l’approccio dei clienti al risparmio. Da beneficiari di moneta a costo zero impegnati ad accumulare cash gli italiani sono diventati attenti osservatori del contesto internazionale, anche se questo ha reso più istintive le loro scelte di portafoglio e li ha fatti ripiegare verso i Btp o altre forme de impiego domestico del patrimonio. È la sintesi dal V Rapporto Assogestioni-Censis presentato al Salone del Risparmio 2024, dal quale emerge come il ritorno di fiamma dell’amministrato vada di pari passo con il crescente senso di ansia delle famiglie. Circostanza che però non scalfisce l’abitudine a investire e offre all’industria del gestito l’opportunità per confermarsi centrale.
Il primo dato che emerge dal rapporto si presta a una duplice lettura. Se infatti la propensione ad accantonare non è venuta meno neppure in un periodo difficile come quello attuale, con la quota di chi riesce a risparmiare che si attesta al 77% e non evidenzia significative differenze a livello regionale, l’intensità del fenomeno risulta altamente disomogenea in funzione della disponibilità economica: lo dimostra proprio la distribuzione della popolazione rispetto alla quota di reddito messa da parte, che testimonia come due terzi del campione non riescano a conservare più del 15% delle loro entrate annue. Ma a cambiare in negativo rispetto al passato sono anche e soprattutto le motivazioni alla base del risparmio: interpellati su cosa provassero pensando al tema, solo il 38% e il 22% degli intervistati hanno indicato “cautela” o “sicurezza” mentre le parole “ansia” e “preoccupazione” sono state utilizzate rispettivamente dal 32% e dal 18% del campione. Una tendenza che si accentua alla ridursi del benessere economico, con gli individui a basso reddito o con scarsa capacità di risparmio tra i più preoccupati (rispettivamente il 40,7% e il 43,3%).
Cosa provano gli italiani pensando ai loro risparmi, per reddito
Dati in %. Fonte: indagine Censis, 2024
Inflazione e bond mania drenano la liquidità
Le principali novità rispetto alle scelte di allocazione stanno tutte in due fenomeni che sono tra loro legati: la perdita di attrattività della liquidità e l’acquisto diretto di bond governativi. “Sebbene sia ancora superiore del 37,7% ai valori del 2013”, si sottolinea infatti, “il contante nei portogli degli italiani ha subito un calo reale dell’11,1% negli ultimi due anni”. Tanto è vero che, rispetto al 45% di cinque anni fa, la quota di risparmiatori disposta a detenere cash si attesta oggi ad appena il 32,4%: il 21,8% lo destinerebbe a immobili mentre il 45,8% opterebbe per strumenti finanziari. E anche se il dato sale in corrispondenza di anziani (40%) e individui a basso reddito (51,6%), è indubbio che il principale fattore di ‘distrazione’ non sia stato solo l’erosione dell’inflazione. Tra chi è disposto a investire, ben il 41,3% sostiene infatti di avere come priorità i Titoli di debito pubblico mentre obbligazioni corporate e i fondi comuni si fermano al 26,8% e 37,7% nella classifica delle preferenze. Ciò che insomma riesce davvero a smuovere i conti correnti è il possesso diretto di Btp e simili, reduci da un balzo dell’81% al netto del carovita. Quanto alle altre asset class, le azioni sono calate del 2,1% nell’ultimo anno mentre le riserve assicurative hanno subito un’erosione del 5,7% in termini reali. Da segnalare infine l’appannamento del mattone, che non è ai vertici delle attuali intenzioni di investimento ma resta un costitutivo dell’idea di sicurezza familiare sul lungo periodo.
Come i risparmiatori intendono investire i loro risparmi
Dati in %. Fonte: indagine Censis, 2020 e 2024
Italiani che vogliono investire in strumenti finanziari e che sono propensi a farlo attraverso titoli di Stato
Ma il gestito resto attrattivo e ha margini per crescere
Non è però tutto perduto per il gestito. Come rivela lo studio, il 27,4% dei risparmiatori che già investono in prodotti del settore vuole infatti farlo ancor di più e il 19,5% di chi non si è mai avvicinato al settore è sul punto di attivarsi in tal senso: due gruppi che valgono insieme il 46,9% del campione. E anche su una buona del fetta del restante 53,1% ci sono leve d’azione che potrebbero risultare efficaci: oltre un terzo, ad esempio, si dice interessato a capire meglio di cosa si stratta, il 23,8% sostiene di volere prodotti in linea con le proprie convinzioni etiche, il 22% cerca servizi con costi più bassi e il 19% desidera consigli da parte di interlocutori di fiducia. In altre parole, il settore può intercettare nuova clientela adattando la propria offerta a esigenze sempre più diversificate. In questo senso, sottolinea il documento, “l’attrattività potrebbe essere di molto potenziata con campagne di comunicazione capaci di rispondere a dubbi e vuoti conoscitivi dei tanti che rimangono diffidenti”.
Leve per invogliare a investire nel gestito chi non vuole farlo
Dati in %. Fonte: indagine Censis, 2024
Giorgio De Rita, segretario generale del Censis
“In un contesto che vede il crescente interesse per gli eventi globali generare uno stato diffuso di incertezza, il risparmio rappresenta una delle principali fonti di sicurezza” ha detto Giorgio De Rita, segretario generale del Censis. Che ha sottolineato come a cambiare sia piuttosto l’intenzione di utilizzo dei capitali: “Se in passato la liquidità rappresentava la principale destinazione, oggi c’è un maggiore interesse per i titoli di Stato mentre i prodotti del risparmio gestito conservano una loro specifica attrattività”.
Fabio Galli, Direttore Generale di Assogestioni
Gli ha fatto eco Fabio Galli, Direttore Generale di Assogestioni, che ha sì parlato di “comprensibile apprensione dei risparmiatori” ma spiegando come la risposta a scenari complessi non possa limitarsi a un mero “arroccamento sull’immobilismo del conto corrente”. “Il 46,9% di chi investe e vuole investire in fondi comuni è la migliore testimonianza dei risultati ottenuti dall’industria in 40 anni di attività ma deve rappresentare un punto di partenza”, ha quindi precisato. Trasparenza, professionalità, educazione sono le tre chiavi che il dirigente dell’Associazione ha individuato per far crescere ulteriormente questa percentuale, così come per rafforzare la consapevolezza che una pianificazione patrimoniale orientata al lungo periodo è “fondamentale per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo come singoli e come collettività”.
Dal breve termine al localismo: i bias. E occhio alla geopolitica
Ciò di cui il settore dovrà certamente tenere conto, e sul quale occorrerà lavorare in un’ottica migliorativa, è la resistenza a sviluppare una visione di lungo periodo. Il 48,3% dei risparmiatori controlla infatti l’andamento dei suoi investimenti con cadenza quotidiana, adottando cambiamenti in base alle variazioni di breve termine, e la quota di chi si lascia condizionare da eventi contingenti risulta ancora superiore al 40%. Il 28,4%, nello specifico, tende a seguire gli atteggiamenti statisticamente più diffusi mentre il 26,5% si lascia influenzare dal presente e fatica a mettere gli eventi in prospettiva. Riconosce di attuare tutti e quattro i comportamenti potenzialmente nocivi per gli investimenti l’8,6% del campione, mentre la maggior parte ritiene di risentire di uno (il 45,8%) o al massimo due (31,2%) tra essi. Quanto alla natura delle preoccupazioni, un ruolo centrale è ormai occupato della geopolitica: più di nove italiani su dieci dichiarano di seguire eventi globali quali guerre o crisi economiche, con oltre il 66,1% dei risparmiatori che vi presta un’attenzione costante e solo il 26,8% a occuparsene quando teme ripercussioni personali. È alle nuove generazioni che va lo scettro di categoria più sensibile in tal senso, poiché proprio presso i giovani si registrano con più frequenza modifiche alle strategie di portafoglio in esito all’evoluzione del quadro circostante: il 60,4% contro il 49,4% degli adulti e il 17,4% degli anziani. Una percentuale che diminuisce, però, in presenza di gradi di istruzione elevati.
Italiani che seguono gli eventi internazionali, per età
Dati in %. Fonte: indagine Censis, 2024
Consulenza semplice e affidabile: ecco come rispondere
Le vicende che attraggono maggiormente l’attenzione sono i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente (47,6%), seguiti dai cambiamenti climatici (37,5%) e dai mutamenti di assetto in altri Paesi (15,5%). Restano in coda le tensioni nella Ue (15,5%) e le decisioni di organismi internazionali, comprese le scelte della Federal Reserve o della Banca Centrale Europea (15,1%). Una serie di fattori rispetto ai quali la risposta più diffusa consiste nella tendenza a rifugiarsi nel mercato domestico: gli intervistati convinti che sia meglio investire in Italia e su strumenti finanziari locali è infatti il 69,6% ma la percentuale sale all’aumentare dell’età e al calare dell’istruzione, con punte fino all’82% per gli anziani e i cittadini in possesso delle licenza media. C’è addirittura un 48,6% di risparmiatori che si dice disposto ad accettare rendimenti minori pur non perdere il conforto di offerte tricolore: il 46,6% sono soggetti a risparmiatori, il 47,8% dei risparmiatori medi e il 52,5% dei grandi risparmiatori.
E i professionisti del settore sono più positivi sul futuro
Anche i consulenti finanziari vivono gli effetti della nuova attenzione sociale alla globalità: all’83,2% è infatti capitato che propri clienti chiedessero di modificare decisioni sull’utilizzo dei soldi a causa di notizie su eventi internazionali. Sul futuro prossimo dell’economia italiana, il 45% dei professionisti si dichiara incerto, ma il 43,4% è ottimista e solo l’11,6% sostiene di essere pessimista. Il 67,1% del campione ha poi una visione positiva sul futuro prossimo di risparmi e investimenti degli italiani mentre l’89,1% confida nella capacità della advisory di garantire supporto appropriato ai risparmiatori nell’attuale fase.
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