La rivoluzione (in)compiuta dei bond sostenibili
Nel 2024 i titoli verdi hanno superato la soglia dei 5.000 miliardi di emissioni cumulative. Un record storico che segna la forza trainante di un settore in continua espansione
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I temi ESG sono ormai stabilmente sul tavolo di molti consigli di amministrazione delle società di Piazza Affari. E hanno un peso anche nelle politiche di remunerazione dei ceo. È quanto emerge dal sesto Rapporto sulla rendicontazione non finanziaria stilato da Consob, che evidenzia un’attenzione crescente da parte delle quotate, e dei suoi vertici, per le questioni connesse con l’impatto ambientale e sociale delle attività d’impresa e con le buone pratiche del governo societario.
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Complessivamente, nel corso del 2023, tra le 202 società italiane con azioni ordinarie quotate su Euronext Milan, sono state 144 quelle che hanno pubblicato una dichiarazione non finanziaria (DNF). Di queste, 140 l’hanno fatto perché soggette alla normativa vigente, mentre quattro hanno agito su base volontaria. Si tratta del 71,3% del totale, pari al 96,7% in termini di capitalizzazione.
Il quadro dell’Authority, stilato appunto sulla base delle Dichiarazioni non finanziarie pubblicate nel 2023 e relative al 2022, arriva a pochi mesi dall’applicazione della nuova disciplina di settore. A partire dal 2025, infatti, per effetto del recepimento della normativa europea (Corporate Sustainability Reporting Directive), i temi di sostenibilità dovranno confluire in una sezione della relazione di gestione che correda il bilancio. Dal report emerge che, nella stragrande maggioranza dei casi (77%) la DNF è stata redatta come documento a sé stante. Ma, per la prima volta, il Rapporto mette a fuoco il fatto che in nove casi su dieci il revisore che ha rilasciato l’attestazione sulla Dichiarazione è lo stesso incaricato della revisione legale del bilancio. Un dato che sembra confermare la sempre maggiore integrazione tra l’informativa finanziaria e quella non finanziaria.
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Inoltre, 40 emittenti (28% dei casi) hanno riportato anche riferimenti ai criteri per l’individuazione dei temi oggetto di rendicontazione sulla base dei principi di prossima adozione (dichiarando anche di aver sperimentato un esercizio in tal senso in 21 casi), dando conto sia dell’impatto effettivo o potenziale che l’attività d’impresa ha sulla società e sull’ambiente sia di quello che i fattori di sostenibilità possono avere sulla situazione finanziaria dell’impresa (analisi di doppia materialità).
La sostenibilità è poi sempre più una materia trattata a livello di vertice aziendale. Ad esempio, nel 66,7% dei casi i CDA sono stati coinvolti nella definizione dei temi non finanziari più rilevanti. Una percentuale in crescita rispetto al 50% del 2021 e la più alta dal 2019, primo anno di rilevazione. Aumenta anche il coinvolgimento degli altri portatori d’interesse (i cosiddetti stakeholder), come dipendenti, fornitori e investitori. Inoltre i valori ESG assumono rilevanza crescente anche nei criteri per la nomina degli amministratori, nell’autovalutazione del board e nella definizione delle politiche di remunerazione dei ceo.
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Per quanto riguarda i compensi degli amministratori delegati, le quotate che hanno integrato fattori non finanziari sono state 137, in crescita rispetto alle 127 del 2022. In particolare, il riferimento a tali parametri riguarda le remunerazioni di breve termine in 118 casi e la componente di lungo termine in 88. La quota del compenso variabile di breve periodo legata a fattori ESG è pari in media al 18,5%, in lieve calo rispetto al 2022, quando era circa il 21%, mentre quella relativa alla remunerazione di lungo periodo è pari in media al 19%, in linea con il 2022 e in lieve crescita rispetto agli anni precedenti.
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