Anno nero per Piazza Affari. Fineco e Akros al top tra gli intermediari
I calcoli Assosim: nel 2022 controvalore in calo del 7,64% a 566 miliardi. Finecobank prima nella classifica azioni, la banca del gruppo Bpm domina nei bond
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Il Covid non ha piegato Piazza Affari, che nei due anni di pandemia ha registrato un aumento del valore delle sue quotate. Tra la fine del 2019 e il primo trimestre del 2022 la capitalizzazione totale delle spa presenti sul listino milanese è salita di quasi 43 miliardi (+8%), passando da 522 miliardi a 565. Stesso discorso per l’universo complessivo delle società per azioni, quotate e non, il cui valore è salito di oltre 236 miliardi (+10%), passando da 2.322 miliardi a 2.558, con un balzo del valore delle quote delle società in mano alle famiglie, volato di oltre 201 miliardi (+23%).
È quanto emerge da un’analisi realizzata dal Centro studi di Unimpresa sul valore delle società per azioni e la ripartizione delle quote, stando alla quale i due anni di pandemia hanno però fatto registrare una diminuzione degli investitori esteri: la percentuale del capitale delle società italiane quotate in Borsa detenuta dagli stranieri è calata dal 49% al 45%, mentre è salita lievemente sia quella in mano alle imprese (dal 3,8% al 4,7%) sia quella in capo alle famiglie (dall’11,7 al 12,2%).
“I disinvestimenti dei fondi esteri sono una spia che dovrebbe da un lato far scattare l’allarme rosso nel mondo economico-finanziario, dall’altro sollecitare i partiti che formeranno la nuova maggioranza di governo a promuovere, senza indugi, tutti gli interventi necessari a invertire la tendenza e trattenere i capitali dentro i nostri confini, evitando massicci disinvestimenti”, sottolinea la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, secondo cui è necessario e urgente un pacchetto di misure in campo fiscale, per snellire la burocrazia, per migliorare i tempi della giustizia civile, per abbassare il costo del lavoro.
“Occorre rendere meno incerto il quadro normativo per chi fa impresa – aggiunge -. La politica, quasi sempre, finge di interessarsi ai problemi del Paese, ma in realtà se ne occupa assai poco e non lo scopriamo oggi. Sono decenni che non viene delineato un progetto di rilancio lungimirante, che guardi realmente al futuro cercando di risolvere i problemi del momento”.
Tornando ai dati, elaborati sulla base delle statistiche della Banca d’Italia, per quanto riguarda le quote di possesso, il valore delle partecipazioni di aziende presenti sul listino di Piazza Affari, detenute dalle imprese, è passato da 90,8 miliardi a 121,9 miliardi in crescita di 31,9 miliardi (+35,41%). La quota di partecipazioni detenute dalle banche è passata da 80,7 miliardi a 84,6 miliardi, in crescita di 3,8 miliardi (+4,78%). In aumento anche il valore delle spa quotate in mano ad assicurazioni e fondi pensione, salito di 2,08 miliardi (+48,78%) da 4,2 miliardi a 6,3 miliardi.
In calo, invece, quello delle quote detenute dallo Stato centrale e dagli enti locali, sceso rispettivamente di 2,6 miliardi (-10,17%) e di 170 milioni (-5,26%), nel primo caso passando da 26 miliardi a 23,3 miliardi, nel secondo caso da 3,2 miliardi a 3,06 miliardi. Flessione anche sul versante degli enti di previdenza: valore delle quote diminuito di 43 milioni (-7,89%) da 545 milioni a 502 milioni. È infine significativamente cresciuta il valore di Piazza Affari in mano alle famiglie: più 7,9 miliardi (+12,92%) da 61,4 miliardi a 69,3 miliardi.
L’aumento della capitalizzazione complessiva di Piazza Affari ha consentito di rimescolare le percentuali di possesso, cambiando in maniera decisa la “geografia” finanziaria italiana. Durante i due anni di pandemia, dunque, i fondi esteri hanno visto calare il valore dei loro asset societari italiani di 30 milioni (-0,01%) da 256,54 miliardi a 256,51 miliardi, ma in termini percentuali è sceso ancora di più il loro peso su Piazza Affari: se, infatti, a fine 2019, i soggetti stranieri detenevano il 49,06% delle quote di società quotate, questa percentuale è scesa al 45,34% a marzo scorso.
Un percorso negativo del quale hanno approfittato soprattutto le imprese, passate dal 3,88% al 4,77%, e le famiglie, passate dall’11,75% al 12,26%. Assicurazioni e fondi pensioni sono passati dallo 0,82% all’1,12%. In discesa, invece, le quote di partecipazioni detenute dalle banche (dal 15,45% al 14,96%), dallo Stato centrale (dal 4,97% al 4,13%), dagli enti locali (dallo 0,62% allo 0,54%), dagli enti di previdenza (dallo 0,10% allo 0,09%).
Guardando invece l’universo delle società per azioni italiane, si scopre che il valore complessivo è salito di 236,1 miliardi (+10,17%), dai 2.322,2 miliardi di dicembre 2019 ai 2.558,4 miliardi di marzo 2022. Saldo positivo per le imprese, il cui patrimonio societario ha registrato una crescita di 30,03 miliardi (+8,49%) da 353,7 miliardi a 383,7 miliardi. Bilancio negativo per le banche: le loro quote in società per azioni sono scese di 14,5 miliardi (-4,84%) da 301,6 miliardi a 287,08 miliardi. Positivo anche l’andamento del patrimonio societario detenuto da assicurazioni e fondi pensione: da 61,08 miliardi a 72,2 miliardi in crescita di 11,1 miliardi (+18,25%). Positivo il bilancio per lo Stato centrale, che registra un incremento del valore delle sue imprese di 4,8 miliardi (+4,30%) da 111,8 miliardi a 116,6 miliardi.
Negativo, invece, il bilancio degli enti locali: le società di comuni e regioni, infatti, hanno bruciato valore per 1,04 miliardi (-7,48%) scendendo da 14 miliardi a 12,9 miliardi. Più vistoso il decremento sul patrimonio societario degli enti di previdenza, calato di 12,8 miliardi (-65,19%) da 19,7 miliardi a 6,8 miliardi. È boom, invece, del valore delle quote delle società in mano alle famiglie, salite di 201,5 miliardi (+22,95%) da 878,2 miliardi a 1.079,7 miliardi. Per i fondi esteri, invece, il valore delle società per azioni è salito di 17,1 miliardi (+2,95%) da 581,9 miliardi a 599,1 miliardi.
Infine, nel quadro generale delle società per azioni, sono le famiglie ad avere la più alta percentuale di possesso, salita dal 37,82% di fine 2019 al 42,30% di marzo 2022, mentre quella dei fondi stranieri è scesa dal 25,06% al 23,42%. Stabile la percentuale in mano alle imprese (dal 15,23% al 15,00%) e quella di assicurazioni e fondi pensione (dal 2,63% al 2,82%), mentre è in lieve calo quella delle banche (dal 12,99% all’11,22%). Nessuna variazione significativa anche per lo Stato centrale (dal 4,82% al 4,56%), per gli enti locali (dallo 0,60% allo 0,51%), per gli enti di previdenza (dallo 0,85% allo 0,27%).
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