Per Moody’s il rischio default di Mosca resta molto alto. Bloomberg segnala un tonfo record dell’indice globale dei bond, calato dell’11% dal record del 2021. Ma per gli investitori le occasioni non mancano
Lo scorso 18 marzo Mosca ha pagato, onorando le scadenze dei suoi eurobond e facendo tirare un sospiro di sollievo al martoriato mercato obbligazionario. Ma il problema russo potrebbe essere solo rimandato. A detta dell’agenzia di rating Moody’s, infatti, il rischio di default e di perdite sulle obbligazioni sovrane della Federazione resta ancora “molto alto”. A pesare, secondo gli analisti, è ora il “marcato deterioramento che abbiamo visto nelle ultime settimane nella capacità e nell’intenzione del governo di rispettare gli obblighi legati al debito”.
In un report dedicato, gli esperti di Moody’s indicano tra le criticità per la Russia anche il fatto che il 25 maggio scadrà la deroga concessa dal governo americano alle controparti statunitensi a ricevere pagamenti dalla Banca centrale, dal ministero delle Finanze e dal fondo sovrano russi.
Al di là dei titoli di Mosca, la situazione sul mercato obbligazionario comincia ad essere preoccupante. Un pesante sell-off sta infatti ormai travolgendo il reddito fisso, sul quale incombono maggiormente lo spettro inflazione e la conseguente mannaia delle banche centrali. Poi, last but not least, è arrivata anche l’aggressione di Putin all’Ucraina. Così, il mercato globale dei bond ha registrato una perdita senza precedenti dal picco raggiunto lo scorso anno.
Il Bloomberg Global Aggregate Index, un benchmark per i ritorni totali, in termini di valore e cedole, dei bond governativi e aziendali, è sceso dell’11% dal record di gennaio 2021. Si tratta del più consistente calo da quando l’indice è stato creato nel 1990, superiore anche alla correzione del 10,8% registrata durante la grande crisi finanziaria del 2008. Un tracollo cheequivale a una perdita di valore pari a circa 2,6 trilioni di dollari.
Numeri, insomma, che segnalano l’emorragia in corso dal mercato del fixed income, che coinvolge anche quello dei titoli di Stato come Treasury e Bund, da sempre considerati beni rifugio cui aggrapparsi durante le tempeste.
La view dei gestori sull’obbligazionario
Patrick Vogel, global head of credit di Schroders
“Nelle ultime settimane i mercati del credito hanno subito pesanti deflussi, con un allargamento degli spread – spiega Patrick Vogel, global head of credit di Schroders -. Il tutto è avvenuto in modo relativamente ordinato, con il mercato che ha tentato di stabilizzarsi sugli annunci di guadagni positivi e la volatilità delle obbligazioni dei mercati emergenti che è rimasta contenuta. Ma l’aumento degli utili e degli spread ha portato a rendimenti totali da inizio anno significativamente negativi. Con l’escalation geopolitica, il sentiment ha virato momentaneamente verso il panico. Non sorprende che i mercati del credito europei abbiano reagito in modo più significativo degli Stati Uniti nel prezzare i rischi della guerra in Ucraina”.
Per l’esperto, se ci si concentra però sulle valutazioni del credito, si vede che i livelli sono ora più attraenti, con rendimenti interessanti, che offrono persino migliori prospettive di rendimento rispetto alle azioni. “Il credito può anche fungere da fattore di diversificazione, se la crescita dovesse vacillare più del previsto – afferma -. L’income offre un cuscinetto, mentre le obbligazioni societarie con rating superiore sono meno sensibili alla crescita rispetto alle azioni. Tali fattori dovrebbero rendere il credito attraente per una base di investitori più ampia e non specializzata, e spingere potenzialmente gli investitori istituzionali o i fondi multi-asset ad aumentare le allocazioni”.
Per Vogel, inoltre, ci sono ancora segnali positivi nelle economie sottostanti dell’Europa e negli Stati Uniti, mentre la Cina ha iniziato un allentamento monetario. “Questo supporta i fondamentali aziendali, sostenendo gli utili che sono a livelli record. Anche i bilanci sono decisamente sani, con le società che si sono rifinanziate a bassi livelli di interesse nel corso del 2021”, conclude, ricordando l’importanza di un approccio selettivo.
Per gli esperti del team global fixed income, currency and commodities group di Jp Morgan Am, la brusca correzione dei listini obbligazionari nel segmento corporate ha creato opportunità in termini di valutazioni, in un contesto di costante volatilità dei mercati in generale. E può dunque avere senso cogliere il momento per aumentare l’esposizione al rischio.
“La scarsa fiducia dei mercati nella capacità delle banche centrali di domare l’inflazione senza penalizzare eccessivamente la ripresa economica, così come l’escalation della guerra in Europa, hanno provocato un brusco riprezzamento in tutte le classi di attivi a reddito fisso – spiegano gli analisti di Jp Morgan Am -. Ciò ha offerto agli investitori l’opportunità di incrementare il rischio, mantenendo al contempo una duration breve. Al momento, le valutazioni sono convenienti in tutti i segmenti creditizi. In particolare, il mercato primario delle obbligazioni investment grade di alta qualità consente di approfittare del migliore andamento degli spread rispetto ai titoli negoziati sul mercato secondario”.
Valentin Bissat, senior economist di Mirabaud Am
Secondo Valentin Bissat, senior economist di Mirabaud Am, per gli investitori obbligazionari è un buon momento per guardare all’Asia, dove la combinazione di tassi d’interesse alti e inflazione moderata rappresenta un’opportunità. “Nonostante le incertezze, che restano alte, e la politica di tolleranza zero per i casi di Covid-19, che continua a pesare sulla crescita della Cina e dei Paesi vicini, qualsiasi ulteriore aumento dei rendimenti potrebbe rappresentare un’opportunità – assicura -. Si prevede che nel secondo trimestre, con il picco dell’inflazione negli Stati Uniti, il dollaro comincerà a deprezzarsi: questo sviluppo coinciderà con il minimo della crescita in Cina. Inoltre, anche se la curva dei rendimenti si sta appiattendo negli Stati Uniti, la parte lunga della curva, quella che influenza maggiormente i bond emergenti – rimarrà bloccata poiché il tasso d’interesse di equilibrio non è cambiato”.
Secondo Bissat, la sottoperformance che si osserva attualmente potrebbe invertirsi nei prossimi mesi, soprattutto per quanto riguarda le obbligazioni emergenti sovrane e quasi-sovrane, contraddistinte da una maggiore liquidità sul mercato secondario e relativamente resistenti alle incertezze sui mercati. “In Cina, la banca centrale ha sempre affermato di parametrare la propria politica monetaria in base a considerazioni legate alla crescita interna e all’evoluzione dei prezzi. La decisione di abbassare i tassi di interesse a gennaio va in questa direzione. È inoltre importante osservare come le performance relativamente forti del renminbi forniscano ampia copertura per un ulteriore allentamento della politica monetaria”, conclude.
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