Opportunità sull’equity, in particolare sui titoli ad alto dividendo. Per l’esperta, in un momento come questo è importante che i professionisti spieghino ai clienti finali l’importanza di un approccio di lungo periodo
Il contesto di mercato è complicato, dominato dall’incertezza e dalla prospettiva di un’inflazione perdurante. Ma secondo Cristina Mazzurana, managing director di Capital Group, è fondamentale adottare un approccio paziente e di lungo periodo, puntando sui segmenti di mercato di maggiore qualità e perseguendo un posizionamento su titoli meno esposti alla volatilità.
In un momento come questo, si tratta di messaggi difficili da far passare ai clienti finali, anche se i consulenti hanno svolto un grande lavoro di educazione finanziaria. Ma alcuni temi, particolarmente interessanti in una fase come questa, e non solo, come per esempio i titoli ad alto dividendo, offrono il doppio vantaggio di garantire stabilità ed essere facilmente comprensibili dall’investitore finale.
Cristina Mazzurana, Managing Director di Capital Group
L’inflazione è il tema del momento, assieme al conflitto in Ucraina e alla crisi energetica (a loro volta fonti di dinamiche inflattive). Quali sono le maggiori sfide per un in una fase quale quella attuale?
A conferma delle difficoltà che ci impone l’inflazione abbiamo assistito di recente a reazioni negative del mercato a dati sulla salita dei prezzi al consumo. In Capital Group, tuttavia, riteniamo già da tempi non sospetti – quando le banche centrali ancora usavano una narrativa differente – che l’inflazione non sarebbe stata un fenomeno transitorio, e ci aspettiamo che sia destinata a durare in maniera persistente. Questo, a sua volta, ci induce ad prospettare che la politica monetaria hawkish duri più a lungo. Ovviamente, occorrerà vedere come si svilupperanno una serie di variabili, ma questo resta il nostro scenario base.
In questo contesto, una casa come la nostra si trova a operare però con una certa serenità, in virtù del nostro approccio di lungo periodo, che non ci spinge a guardare alla fine del 2022, ma a guardare più avanti. Siamo consapevoli che le nostre strategie finiscono nel portafoglio dei consumatori finali, e il fatto di avere un approccio di lungo termine ci porta a scegliere con migliore accuratezza, con un approccio bottom up sia in ambito equity sia sui corporate bond, senza prescindere quindi dalle caratteristiche della singola azienda. Inoltre, siamo convinti del fatto che ogni crisi nasconda anche delle opportunità, e che un momento come questo possa far emergere titoli di qualità a discapito di quelli che non lo sono. È molto importante far passare questi messaggi in un momento come quello attuale.
Come stanno cambiando le esigenze dei clienti e in che modo i consulenti rispondono a questa nuova ondata di incertezza?
Vediamo nel nostro lavoro, in cui il rapporto con il cliente finale avviene attraverso l’intermediazione del consulente, che negli ultimi anni i professionisti della consulenza hanno fatto un ottimo lavoro in termini di educazione finanziaria dei clienti. Non a caso, nonostante la complessità della situazione non abbiamo registrato appelli particolarmente agitati dai clienti. Eppure, il fatto di essere in Italia ci espone maggiormente ai contraccolpi del conflitto in Ucraina, praticamente alle porte dell’Europa. Vediamo che in questo momento l’attenzione si focalizza soprattutto sulla risoluzione del conflitto, e ovviamente sulla crisi energetica. Ma il lavoro dei consulenti è molto efficace nel far capire che oggi più che mai è essenziale avere un orizzonte di lungo termine, non focalizzarsi sul breve periodo.
Constatiamo con soddisfazione che questo messaggio è passato: non a caso, ultimamente viene richiesto sempre più spesso di utilizzare i Pac, che consentono ingressi diluiti nel tempo con investimenti periodici che consentono di mediare sulle valutazioni di mercato, e godere anche di eventuali correzioni per avere migliori risultati nel lungo termine.
Sicuramente un aspetto positivo, visto che la finanza comportamentale ci insegna che la percezione dell’investitore finale sui temi di investimento è in effetti un tema sempre molto delicato.
Il principale ostacolo è l’incertezza, ma possiamo dire che si tratta di un aspetto che tiene banco anche in momenti di mercato meno complicati. Quando il mercato andava bene – per esempio nel 2017 o nel 2019 – si tendeva a pensare che il mercato avesse corso troppo e che quindi non fosse un buon momento per investire. Analogamente, oggi si potrebbe cadere nello stesso errore e pensare di aspettare a investire che passi la turbolenza. Tuttavia, quando tutte le asset class sono ragionevolmente sotto la media è importante spiegare che è necessario andare a rinforzare le strategie che puntano sulla qualità, senza paura. Nessuno di noi conosce il futuro, ma sappiamo bene che quando il mercato riprende la sua corsa lo fa in maniera repentina, e diventa difficile a quel punto saltare su un treno in corsa.
Oggi abbiamo un’opportunità più unica che rara di poterci riposizionare sulla componente azionaria, perché la storia dei mercati ci insegna che ogni brutto momento poi passa, e ci vuole pazienza.
Qual è la vostra ricetta di posizionamento dei portafogli in questo momento?
In virtù del nostro già citato approccio “lungimirante”, non necessariamente le idee che valevano prima della pandemia e prima del conflitto in Ucraina sono venute meno. Sicuramente c’è stata una rotazione di portafoglio, che tuttavia abbiamo iniziato in tempi non sospetti, già dalla fine del 2018, per scaricare la componente più growth – che si era apprezzata grazie all’espansione dei multipli, quindi della crescita dei ricavi – per spostarci progressivamente sulla parte che è stata ignorata nell’ultimo decennio, quella cioè delle aziende più cicliche e, soprattutto, delle aziende che pagano un buon dividendo. Sull’azionario globale, vediamo moltissimi titoli di alta qualità che viaggiano ben al di sotto delle medie storiche. Ultimamente abbiamo aumentato l’esposizione alle componenti più cicliche del mercato, alla farmaceutica, ma continua a piacerci il growth, in particolare la parte più legata a cloud e semiconduttori. Alcune correzioni ci hanno offerto interessanti opportunità di riposizionamento, che ci hanno in particolare consentito di rafforzare l’esposizione ai titoli dotati di pricing power, un aspetto essenziale in uno scenario di inflazione persistente per mantenere un’elevata marginalità.
In generale, riteniamo che questa rotazione dal growth al value sia destinata a rivelarsi persistente, ma riteniamo sia essenziale concentrarsi soprattutto sui cosiddetti dividend growers (aziende che pagano un dividendo ai loro azionisti e che nel tempo rivedono tali dividendi al rialzo), che dovrebbero avere posto nel portafoglio dei clienti indipendentemente dal contesto di mercato.
Il consulente finanziario dovrebbe spiegare che l’apprezzamento delle valutazioni di aziende come queste, infatti, è legato in particolare al reinvestimento dei dividendi e alla crescita degli utili, e meno alla componente di espansione dei multipli: una caratteristica, queste, che le rende molto meno volatili. Per questo, secondo noi questa componente dovrebbe secondo noi essere sempre presente in un portafoglio ben costruito dal consulente finanziario.
Si tratta forse anche di un tipo di investimento più semplice da spiegare al cliente?
Assolutamente. Si tratta di aziende che sono anche presenti nel nostro panorama che hanno minore volatilità proprio grazie alla costanza nel pagamento del dividendo, che a sua volta richiede di poter disporre di cash e quindi di avere fondamentali solidi. Queste caratteristiche rendono tali titoli più facili da spiegare al cliente, e il consulente può spingerli con maggiore facilità rispetto a scelte azionarie più aggressive che costringono l’investitore ad accettare una maggiore esposizione alla volatilità.
Sul fronte obbligazionario, come vi state posizionando?
L’obbligazionario è sicuramente una asset class che torna a essere interessante, in particolare il corporate investment grade che oggi offre un rendimento simile a quello in passato pagato dall’high yield, con minori rischi. Oggi sta tornando la funzione di protezione svolta dalla componente bond, che tornano ad avere un ruolo importante nei portafogli. Fino a poco tempo fa i segmenti più sicuri hanno funzionato meno perché non avevano una cedola interessante, ma il ritorno dei rendimenti ci induce ad aspettarci una maggiore decorrelazione tra bond e azioni, e una funzione di protezione dei primi dalla volatilità.
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