Oro, il picco potrebbe essere già stato toccato
Secondo StoneX Bullion, dopo la distensione sul fronte dazi il premio per il rischio per il metallo giallo si sta esaurendo. Dando vita a un doppio top. L’analisi
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Tensioni geopolitiche, tassi più alti, elezioni e volatilità dei mercati hanno portato gli investitori istituzionali a cambiare approccio alla gestione del rischio e all’asset allocation, con l’obiettivo di diversificare maggiormente i loro portafogli. Il nuovo mix prevede ora più reddito fisso pubblico e privato di alta qualità e meno azioni, oltre a una crescente propensione per i mercati privati. È quanto emerge da EQuilibrium, l’indagine condotta annualmente da Nuveen su più di 800 fondi pensione, assicurazioni, fondazioni, fondi sovrani e banche centrali. Il fine è quello di scoprire come verranno investiti 18.000 miliardi di dollari nei prossimi uno-due anni.
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Secondo Mike Perry, head of Global Client Group di Nuveen, sono tre i temi che stanno stanno dominando l’attenzione degli istituzionali. “Il primo è l’enorme interesse per le innovazioni in campo energetico e per i progetti infrastrutturali a supporto della transizione energetica. Il secondo è la priorità data al private credit e al private equity nelle allocazioni crescenti verso gli alternativi”, spiega l’esperto. “Infine, per posizionarsi in modo da sfruttare queste opportunità con tempestività, gli investitori riservano parte del portafoglio a strumenti obbligazionari liquidi e di qualità superiore”, aggiunge.
La prima evidenza della survey è la volontà di ridurre il rischio. Quasi due terzi (65%) degli investitori (62% Noram; 68% Emea; 63% Apac) afferma infatti che ci troviamo davanti a un nuovo regime di mercato che sta rimodellando il modo in cui si gestiscono il rischio e il rendimento. Ben otto su dieci (rispettivamente 81%; 81%; 78%) sono convinti che l’era dei tassi ultra bassi sia definitivamente archiviata: stiamo entrando in un contesto di tassi più alti, per lungo tempo. La metà dei rispondenti (in ordine il 53%; il 48% e il 50%) ha quindi intenzione di aumentare la duration del portafoglio nel 2024, contro il 39% dello scorso anno. Allo stesso tempo, la percentuale di chi pensa di accrescere la “mitigazione del rischio inflazione” e la “liquidità” è calata rispettivamente dal 64% di dodici mesi fa al 41% e dal 41% al 37% attuale. Per gli investitori orientati verso l’obbligazionario, l’aumento del costo del denaro e il conseguente miglioramento delle condizioni di finanziamento rappresentano un’opportunità per ridurre il rischio dei portafogli aggiungendo duration.
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Sempre la normalizzazione dei tassi d’interesse ha creato per molti istituzionali nuove opportunità di riduzione del rischio, con lo spostamento dai mercati azionari verso il reddito fisso pubblico e privato di alta qualità. Rispetto all’indagine dello scorso anno, sono molti di più (40%) coloro che stanno riducendo l’esposizione all’equity (33% Noram; 44% Emea; 44% Apac) rispetto a quelli (28%) che la stanno aumentando (rispettivamente 25%; 26%; 37%). In particolare, quasi la metà (48%) degli intervistati (49%; 49% e 44%) punta ad accrescere l’esposizione al reddito fisso investment-grade, probabilmente perché si aspetta un rallentamento economico. Il 38% mira ad incrementare l’allocazione nel reddito fisso privato, dove il credito IG è la scelta principale.
Circa un investitore su cinque ha inoltre intenzione nei prossimi due anni di puntare sul debito cartolarizzato pubblico, come Clo e Mbs (22%), e al reddito fisso con rating inferiore all’investment grade, dall’high yield ai prestiti ampiamente sindacati (21%). “Fra tutti segmenti del reddito fisso, il debito societario sta attirando l’interesse degli investitori”, sottolinea Perry. Per lo specialista, le società sono state la scelta principale di chi ha puntato sui mercati del reddito fisso Ig e below investment-grade, nonché sul reddito fisso privato. “Gli istituzionali vedono un valore maggiore rispetto al passato in questi strumenti. E per gli investitori obbligazionari, i bond cedola fissa ad alto rendimento sono diventati uno strumento interessante”, sottolinea.
La survey mostra però una dispersione fra i vari tipi d’investitore. Le compagnie di assicurazione hanno infatti mostrato una maggiore preferenza per il debito infrastrutturale privato, mentre le fondazioni hanno scelto il debito privato in via opportunistica e i fondi pensione pubblici del Nord America hanno optato per i prestiti senior middle market.
Oltre la metà (55%) degli investitori ritiene inoltre di poter influenzare in modo significativo la transizione energetica attraverso i propri investimenti, con il 57% che ha dichiarato di avere o di volere un’esposizione alle energie alternative. Inoltre, il 51% è interessato a investire in nuovi progetti infrastrutturali, tra cui lo stoccaggio di energia, le reti elettriche e le batterie. Fra i fondi pensione, nella regione Asia-Pacifico è superiore alla media l’interesse per le soluzioni basate sulla natura, in Germania quello per i mercati dei crediti di anidride carbonica e in Nord America prevale l’attrattiva per il miglioramento delle infrastrutture tradizionali.
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Quasi il 90% degli intervistati (81% Noram; 93% Emea e 89% Apac) si concentra in qualche modo sulla transizione energetica. Il gruppo più piccolo, che rappresenta il 9%, riunisce i pionieri nella transizione. Quello più numeroso (37%) sta invece “tenendo il passo”, strutturando i portafogli in modo da riflettere l’attuale mix energetico dell’economia, mentre il 23% sta “iniziando” e il 19% sta facendo il necessario per soddisfare i requisiti normativi. “Il 39% ritiene che la politicizzazione sia l’ostacolo principale, evidenziando l’importanza della collaborazione con i gestori attivi che abbiano una solida esperienza nell’individuare e gestire le opportunità più interessanti”, fa notare Perry.
Confermato, infine, l’interesse per i mercati privati. Il 55% degli intervistati (in ordine 60%; 49%; 59%) aumenterà le proprie allocazioni nei prossimi cinque anni, con il credito privato e il private equity in testa alle preferenze. La tendenza, tuttavia, è meno pronunciata rispetto all’indagine dello scorso anno, quando era il 72% (rispettivamente il 73%; il 67% e il 79%) ad avere in programma di accrescere l’esposizione a questa asset class. Alcuni investitori prevedono anche di puntare di più su real estate privato (24%), commodity (22%), hedge fund (21%), collocamenti privati (19%) e terreni boschivi e agricoli (entrambi 12%).
A guidare il trend sono gli enti pensionistici pubblici dell’area Apac, con il 72% che aumenterà gli investimenti nei prossimi cinque anni. Seguono, a breve distanza, le assicurazioni e le fondazioni nordamericane, rispettivamente con il 68% e il 71%. Il credito privato e il private equity sono stati ritenuti le asset class più interessanti dagli investitori che desiderano affacciarsi su investimenti alternativi, in primo luogo dagli enti pensionistici pubblici nordamericani (il 57% prevede di aumentare il credito privato) e dagli investitori giapponesi (il 59% di essi punterà di più sul private equity). Da segnalare, infine, che le gli istituzionali tedeschi preferiscono invece le infrastrutture private (53%).
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