4 min
Per il Global Climate Survey del gestore, il 48% è impegnato pubblicamente e oltre la metà calcola l’impronta di carbonio dei portafogli. Energia e biodiversità le sfide
Il cambiamento climatico è ormai in cima all’agenda degli investitori. Tanto che cresce senza sosta il numero di chi ha assunto pubblicamente, o sta farlo, un impegno per il net zero entro il 2050. Lo certifica la terza edizione del Global Climate Survey di Robeco, secondo cui la quota dei ‘virtuosi’ è salita al 48% dal 45% del 2022. E mentre restano forti i timori per la biodiversità e i mercati dell’energia, incombe l’esigenza di tradurre in pratica le promesse fatte: un’operazione destinata a ridefinire i portafogli ma complicata dalla carenza di dati e competenze.
Oltre la metà calcola l’impronta di carbonio dei portafogli
La ricerca, che ha coinvolto 300 dei maggiori investitori istituzionali e wholesale nel mondo per un totale di circa 27.4 miliardi di dollari di masse in gestione, mostra grandi progressi nella valutazione della rilevanza, con il 55% degli investitori che calcola l’impatto dei propri portafogli in termini di emissioni di carbonio. Problematiche si confermano, invece, le emissioni di Scope 3, cioè quelle indirette come i viaggi di lavoro e lo smaltimento dei rifiuti, che vengono misurate solo dal 20% degli intervistati. Inoltre, appena il 27% ha una visione prospettica dei percorsi verso il net zero intrapresi dalle società partecipate, elemento fondamentale per valutare opportunità di investimento, engagement e disinvestimenti.
Stando ai numeri, comunque, gli scenari sul cambiamento climatico vengono presi molto sul serio, con il 25% degli investitori che già li integra nelle ipotesi sull’andamento dei mercati dei capitali o intende farlo nei prossimi 12 mesi. Infine, il 29% ha adottato o adotterà benchmark climatici nel corso del prossimo anno.
Più attenzione alle rinnovabili e alla “transizione giusta”
Da sottolineare anche l’effetto che la crisi energetica ha avuto sugli investitori. Per oltre uno su due è infatti aumentata l’importanza di sostenere le fonti rinnovabili, anche se solo il 30% ha accelerato la decarbonizzazione dei propri portafogli. Per scongiurare una sottoperformance di breve termine, quasi la metà degli intervistati (il 47%) ha rivisto alcuni dei propri approcci Esg, inclusa la riluttanza a rinunciare ai buoni rendimenti offerti dal settore petrolifero e del gas.
Da segnalare, però, che in Europa il 38% degli investitori accetta ancora di aumentare l’allocazione a società di idrocarburi nel breve termine, percentuale che sale al 48% in Nord America e al 59% nella regione Asia Pacifico. Nel passare a un’economia a basse emissioni di carbonio, agli investitori sta a cuore anche il concetto di “transizione giusta”, per una corretta gestione delle implicazioni sociali del cambiamento energetico. Per il 68%, nei prossimi due anni questo tema rappresenterà un fattore importante delle politiche d’investimento, anche se solo il 41% ha le competenze necessarie per sostenerlo.
Biodiversità, più domanda per i fondi a impatto e tematici
Tra i risultati chiave dell’indagine di quest’anno, spiccano i forti timori per la biodiversità e il perseguimento della parità sul fronte del cambiamento climatico. Quasi la metà degli investitori (il 48%) sottolinea infatti l’importanza e la centralità del tema nelle proprie scelte d’investimento, quota che si prevede raggiunga il 66% nei prossimi due anni. L’azionario, i green bond e i mercati privati si confermano asset class leader nell’integrazione della biodiversità, anche se l’implementazione è fortemente ostacolata dalla mancanza di dati e di rating appropriati (53%) e da competenze interne insufficienti (41%). Ma, rispetto al 2o22, risulta in aumento anche la domanda di fondi a impatto (60%) e di fondi tematici (57%).
Le due facce della pressione politica
Infine, c’è il problema della la pressione politica che gli investitori devono affrontare. Pur con grosse differenze a livello geografico, questa risulta infatti sensibilmente aumentata. La diffusione del movimento anti-Esg negli Stati Uniti, ad esempio, preoccupa il 47% degli investitori nordamericani, soprattutto per le crescenti resistenze ai loro piani di investimento sostenibili, rispetto solo al 30% in Europa. Di contro, gran parte degli operatori europei (63%) e della regione Asia Pacifico (57%), teme di subire ingerenze per non aver preso provvedimenti in materia di Esg e clima, rispetto a una minoranza in Nord America (40%).
“La sostenibilità e il clima sono gli argomenti più dibattuti tra i nostri clienti. Il nostro Climate Survey mostra i progressi fatti dagli investitori nell’implementare il proprio impegno per l’azzeramento delle emissioni e nel favorire la biodiversità, nonostante le sfide dei mercati dell’energia e le pressioni politiche”, sottolinea Lucian Peppelenbos, climate & biodiversity strategist di Robeco. Per l’esperto, anche se la mancanza di competenze e di dati continua a rappresentare un ostacolo, è necessario agire subito: “Siamo noi investitori a poter allocare le risorse necessarie a fare la differenza”.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.