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Secondo il Forum per la Finanza Sostenibile, sono 29 gli enti che integrano criteri etici nelle loro strategie. E altri sei valutano di inserirli. Tra i fattori di traino, la coerenza con le finalità istituzionali. Anche se restano i nodi di misurazione e dati. Grande successo per i temi ma il driver del futuro è l’immobiliare
Le Fondazioni di origine bancaria non accennano a ridurre il loro impegno verso la finanza sostenibile. Nell’ultimo anno si sono infatti confermati a quota 29 gli enti che dichiarano di effettuare investimenti Esg, cifra alla quale corrispondono asset in gestione intorno ai 40 miliardi di euro. A darne notizia è l’ultima ricerca del Forum per la Finanza Sostenibile, che mostra ci siano ulteriori margini di miglioramento anche grazie alle possibilità offerte da un nuovo segmento finora poco esplorato: il settore immobiliare. E intanto, sul fronte della governance, cresce sempre di più il peso dei consigli di amministrazione.
Un quadro in miglioramento
Lo studio, che è stato presentato nell’ambito delle Settimane SRI, evidenzia in più modi come il fenomeno della finanza etica sia sempre più rilevante. Delle fondazioni interessate, per citarne uno, ben 22 hanno taglia elevata e questo fa sì che arrivino a gestire un patrimonio di 34,4 miliardi (il 77% del totale attivo dell’intera categoria). Non solo. A loro potrebbero presto aggiungersi altre sei realtà che hanno avviato valutazioni in merito: tre di queste sono peraltro soggetti medio-grandi e riscurirebbero a portare in dote alla causa delle sostenibilità altri 2,7 miliardi. Si intravede, poi, anche un miglioramento in chiave prospettica: è vero, ad esempio, che il 55% delle Fondazioni attive in ambito SRI continua a limitare gli investimenti Esg a una quota minoritaria del patrimonio in gestione ma questo dato è in diminuzione rispetto al 72% del 2022. Così come aumentano gli enti che applicano strategie simili a una porzione di patrimonio superiore al 25%: sei le estendono una quota compresa tra il 25% e il 50%, cinque a una che va dal 50 al 75% del patrimonio e due alla quasi totalità del portafoglio. Senza contare che l’86% dei rispondenti dichiara di voler aumentare la quota di risorse destinate al tema.
Spinte e ostacoli tra coerenza con gli obiettivi e dati mancanti
Quanto alle ragioni che favoriscono questa tendenza, l’83% delle Fondazioni che adottano strategie SRI nel processo di investimento motiva la scelta con la coerenza degli investimenti sostenibili rispetto alle proprie finalità istituzionali. A seguire, vengono menzionati la possibilità di coniugare l’impatto socio-ambientale con un congruo ritorno finanziario (59%) e l’impulso proveniente dal contesto normativo di riferimento (34%). C’è poi un altro fattore da considerare: nel 72% dei casi, l’orientamento è figlio di proposte avanzate dal board. In altre parole, non solo il cda spinge in questa direzione ma spesso (45%) si riunisce più di una volta l’anno per valutare la sostenibilità degli investimenti. Una frequenza in aumento rispetto al recente passato. Tra le criticità, invece, tre delle sei fondazioni che hanno avviato valutazioni citano al primo posto la difficoltà nel misurare gli impatti generati ma risultano importanti anche altri fattori: dalla mancanza di dati affidabili e standardizzati all’offerta di prodotti non in linea con gli obiettivi di investimento fino alla mancanza di certificazioni che tutelino contro il greenwashing.
I temi le strategie più utilizzate. E cresce il focus sul real estate
Le strategie che riscuotono maggiore successo si dimostrano essere gli investimenti tematici, che vengono adottati da 18 Fondazioni su 26. Seguono le esclusioni (16) e l’impact investing (12). Ma aumentano anche gli enti che si avvalgono degli investimenti correlati alla missione, passando da 22 a 24. Elemento di novità in questa edizione è però sicuramente il focus sull’immobiliare sostenibile: il 66% dei soggetti coinvolti investe infatti nel real estate e quasi la metà di loro (44%) già da tempo lo fa includendo criteri Esg mentre la quota di chi valuta questa opzione per il futuro raggiungono il 28%. Una dinamica rispondente all’obiettivo di aumentare l’offerta abitativa accessibile a studenti universitari, giovani coppie e soggetti fragili.
Aumentano gli obiettivi sociali. Ma il net-zero ha poco spazio
Un altro dato incoraggiante riguarda l’aumento delle Fondazioni che fanno riferimento agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Onu nella politica di investimento: sono infatti passate da quattro a otto mentre altre undici dichiarano di volerli includere nel prossimo futuro. Quelli maggiormente citati sono la riduzione della disuguaglianza, le città e le comunità sostenibili, la lotta al cambiamento climatico. Il net-zero, invece, viene considerato solo in tre casi su 26 e comunque c’è un unico ente che ha individuato obiettivi intermedi misurabili.
A sottolineare il ruolo chiave delle fondazioni è Francesco Bicciato, direttore generale del Forum per la Finanza Sostenibile: “Con la loro presenza strategica sul territorio e la crescente propensione agli investimenti responsabili sono un chiaro esempio di come la sostenibilità finanziaria vada sempre più integrata con da un chiaro e misurabile impatto positivo su società e ambiente”. Gli ha fatto eco Sara D’Aulerio, direttrice operativa di Sefea Impact SGR: “Nei momenti di grande complessità come quello attuale è facile che si crei confusione ed è per questo che le Fondazioni bancarie, grazie al loro profondo radicamento nei territori e soprattutto profonda conoscenza delle dinamiche sociali, possono veicolare una domanda critica e consapevole di investimenti responsabili che possano generare un vero cambiamento sistemico”.
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