Una conversazione con Simone Rosti, responsabile per l’Italia e Sud Europa di Vanguard, sulle dinamiche della gestione indicizzata e sulle prospettive di business che determineranno il futuro del comparto
Simone Rosti, responsabile per l’Italia e Sud Europa di Vanguard
Una recente ricerca Oliver Wyman analizza e compara il mercato degli Etf di Europa e Stati Uniti, fissando la previsione di crescita per il prossimo quinquennio tra il 13% e il 18%. Un tasso che porterà le masse allocate in strumenti passivi a raddoppiare nel 2027. “Si tratta di una stima a nostro avviso molto realistica”, afferma Simone Rosti, responsabile per l’Italia e Sud Europa di Vanguard, sottolineando come il mercato americano degli Etf sia cresciuto a un CAGR del 16% negli ultimi dieci anni e del 15% in Europa. “Da inizio anno abbiamo assistito inoltre a un’accelerazione importante: +18,9% di crescita AuM a fine agosto e record a oltre 1.600 miliardi di dollari. Per il futuro le prospettive sono ancora più rosee, considerando che la crescita sarà sempre più guidata, anche nel Vecchio Continente, dai canali retail e dei consulenti finanziari, in linea con quanto avvenuto negli States. Ci aspettiamo che la quota di strategie passive sul totale gestito converga a tendere dal 20% (dato europeo) al 38% a livello globale (dati Morningstar a fine 2022), con gli Etf, oltreché i fondi indicizzati, a trainare questa crescita”.
In Europa la forza più importante in atto in questo momento sembra essere la preferenza espressa da investitori retail, molto più consapevoli rispetto al passato dell’importanza dei costi. È così?
Osserviamo una progressiva crescita di tutti i canali retail, sulla spinta di una clientela sempre più evoluta in termini di ricerca di efficienza gestionale e attenzione ai costi. Il self direct si sta sviluppando in Europa anche grazie al proliferare di piattaforme dirette in grado di offrire accesso vantaggioso agli Etf, scontando commissioni di negoziazione o incentivando all’investimento di lungo periodo tramite servizi accessori come PAC, portafogli modello o Savings Plans in Etf. Gli intermediari finanziari tradizionali quali banche reti, banche private e wealth manager stanno oggi riqualificando i propri modelli di business per incorporare gli strumenti passivi all’interno di soluzioni d’investimento captive o nell’ambito del servizio di consulenza a parcella. Anche i Family Office stanno aumentando l’uso di soluzioni a puro beta per controbilanciare la porzione di portafoglio allocata ad alternativi, internalizzando nella struttura i servizi di asset allocation e selezione prodotti.
I dati Refinitiv di fine giugno 2023 mostrano asset globali degli Etf con ancora una grossa sproporzione in termini di classi di attivo: 77% equity e 19% bond. Il trend lascia però intravedere un avvicinamento. Cosa sta accadendo?
Certamente i rialzi dei tassi, da un lato, consentono oggi di ottenere livelli di rendimento molto interessanti su diversi segmenti obbligazionari. Dall’altro, ci stiamo avvicinando alla fine del periodo di normalizzazione delle politiche monetarie e ci si attende che il ruolo dell’obbligazionario in un portafoglio 60/40 torni a essere quello di ammortizzatore del rischio e decorrelatore storico. Gli Exchange Traded Funds continuano a rappresentare lo strumento ideale per esporsi a questa asset class, soprattutto in virtù dei livelli ulteriori di liquidità rispetto ai singoli bond: anche in Europa, infatti, gli investitori hanno favorito nel 2023 gli Etf obbligazionari con oltre 42 miliardi di raccolta netta totale da inizio anno.
Quali sono le ulteriori tendenze della gestione passiva che osservate e su cui state lavorando?
Finalmente si sta tornando a utilizzare gli Etf e i fondi indicizzati per la parte core del portafoglio, anziché cercare di rincorrere temi, settori o nicchie che molto raramente si rivelano efficaci. Vediamo sempre più gestori, istituzionali e consulenti finanziari, con il supporto delle direzioni, migliorare i portafogli o i contenitori con una composizione allargata di Etf e fondi indicizzati nelle componenti core del portafoglio.
A quasi cinque anni dal lancio dei primi Etf di Vanguard presso Borsa Italiana, in quale fase dello sviluppo della vostra presenza vi trovate? Quali sono le principali priorità in termini di business per il prossimo futuro?
Siamo molto soddisfatti della crescita del business e del team italiano, grazie alla fiducia dei nostri clienti. La percezione di Vanguard come partner è sempre più chiara: leader nella gestione passiva, con una struttura azionaria cooperativa e mutualistica più un focus esclusivo su costi bassi, asset class core e qualità di gestione che può supportare le esigenze dei vari investitori. Dopo una crescita importante con i gestori di portafogli e di fondi e con gli investitori istituzionali, stiamo ora lavorando anche con wealth manager e reti di consulenza finanziaria per guidare sempre di più una gestione efficiente dei portafogli dei clienti privati.
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