GSS bond, il 2024 chiude a quota mille miliardi. E il 2025 promette il bis
Si conferma il dominio delle obbligazioni green e degli emittenti europei. Ma sul nuovo anno pesano diverse incognite. Le analisi di S&P e MainStreet Partners
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Le società iniziano a sentire la pressione dei cambiamenti climatici e sono sempre più disposte a confrontarsi con gli stakeholder su come adeguare le proprie attività al paradigma della sostenibilità. È quanto emerge dall’ultima ESG Analyst Survey di Fidelity International, che mostra come le iniziative di engagement promosse dagli analisti della casa durante il 2023 siano state raccolte in oltre due imprese su tre. Un dato che testimonia come il sentiero verso il net zero, ancorché lungo e ricco di insidie, veda il Giappone in testa.
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Dall’analisi, che aggrega informazioni bottom-up su circa 20mila interazioni tra analisti della casa e singole società, emerge come il 68% delle aziende seguite abbia accolto positivamente le iniziative di engagement proposte negli ultimi 12 mesi. Scendendo nel dettaglio delle singole aree geografiche, la maggiore incidenza di successi si riscontra in Giappone: qui è infatti l’89% del totale ad avere mostrato disponibilità a impegnarsi. Seguono le aziende della regione EMEA-America Latina, dove i casi di successo di fermano all’83%, e quelle dell’Asia Pacifico, che registrano un 71%. Europa e Nord America si fermano al quarto posto, entrambe contraddistinte da una recettività di circa 70%, mentre la performance peggiore spetta alla Cina: poco più del 50%.
Normativa, incentivi e azionisti i driver
Se appena il 43% del campione ritiene credibile l’obiettivo al 2050 delle aziende seguite, ben l’85% pensa che il tessuto imprenditoriale stia già affrontando molte delle difficoltà legate ai cambiamenti climatici. Una discrepanza che testimonia chiaramente quanto accelerare sui progetti net zero rappresenti un’esigenza ormai pressante. E, su questo fronte, tre sono le aree che vengono individuate come potenziali fonti di stimolo al miglioramento delle pratiche interne: la regolamentazione, alla quale gli intervistati hanno assegnato 1,5 punti su una scala di priorità che va da -3 (“non importante) a +3 (molto importante”); il sostegno dei governi (0,75); l’operato degli azionisti (0,25).
Per Jenn-Hui Tan, chief sustainability officer di Fidelity International, si tratta insomma di tre driver fondamentali anche se il processo decisionale a lungo termine non potrà prescindere da “un’attenta analisi dei compromessi e dei limiti degli obiettivi sia finanziari sia di sostenibilità”.
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