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Secondo Nomura, picco dei tassi e ridotta crescita globale renderanno attraenti i solidi fondamentali e le prospettive di sviluppo del continente. Per questo la società ha individuato 10 di investimento con cui cavalcare il trend. Dal boom delle infrastrutture a quello dello yuan fino all’AI
Per oltre dieci anni le economie emergenti hanno sottoperformato quelle avanzate tradendo le aspettative del mercato. Una delusione che, insieme al recente rincaro del dollaro ma anche agli shock prodotti da Covid e guerra in Ucraina, si è tradotta in una forte ventata di disimpegni soprattutto a partire dal 2020. Con la prospettiva di una crescita globale contenuta e l’imminente picco dei tassi, questa sfortunata parentesi sembra finalmente destinata a chiudersi per lasciare spazio a una stagione finanziaria in cui sarà la parte meno sviluppata del mondo a catalizzare l’interesse degli operatori. Con la possibilità di realizzare ottimi ritorni. Ne è convinta Nomura, secondo cui fondamentali solidi e governi propensi a importanti riforme assegneranno all’Asia la parte del leone. Ecco perché, nel suo ultimo report dedicato alla regione, il gruppo di consulenza giapponese ha individuato dieci temi di investimento con cui cavalcare l’area di qui al 2028. Dalle supply chain globali al boom infrastrutturale e delle valute, passando per l’intelligenza artificiale e la transizione green: di seguito più interessanti.
Una questione di macroeconomia
Prima ancora che nei trend secolari o industriali, le radici del possibile successo asiatico risiedono nel quadro macroeconomico. “Anche in presenza di un rallentamento della Cina, che continuerà a contribuire per oltre un quarto alla crescita globale con il suo +3,9%, il ritmo del Pil regionale supererà in modo duraturo quella degli altri Paesi emergenti e degli Stati Uniti”, sostiene Nomura. Che calcola un tasso medio 2024- 2028 del 4,2% anno su anno, contro il 2,4% dei Paesi latinoamericani e l’1,8% degli Usa. E va perfino meglio in prospettiva. Secondo il gruppo, infatti, già l’anno prossimo il continente dovrebbe arrivare a cubare il 62,2% della crescita globale e questa quota potrebbe salire ancora se i quasi 9mila miliardi di dollari che l’area ha allocato negli States tornassero a casa. Ma non è esclusivamente una questione di prodotto interno lordo: già durante la crisi finanziaria e la pandemia, l’Asia ha evitato il quantitative easing e le espansioni fiscali su larga scala, assicurandosi oggi un miglior profilo in termini di sostenibilità fiscale, resilienza all’inflazione e finanze pubbliche. In questo senso, i dati di Nomura parlano chiaro: se negli States e in UK il debito si avvicina al 125% del Pil, Paesi come India e Thailandia (o la stessa Cina) possono vantare quote non superiori all’80%. E lo stesso vale per i bilanci delle banche centrali, con quelli di Malesia e Filippine, che valgono meno della metà della rispettiva produzione e si stanno riducendo ulteriormente. Tutto questo senza trascurare la solidità delle bilance dei pagamenti e delle riserve valutarie, così come le iniziative dei governi nazionali per migliorare i rispettivi climi imprenditoriali (oggi il World Competitiveness Ranking assegna all’area il punteggio di 26,1).
Catene di fornitura e nuovi equilibri
I primi due driver di investimento individuati da Nomura sono legati ai nuovi equilibri che si stanno creando. Il gruppo prevede che le tensioni con gli Usa e la pandemia spingeranno le multinazionali al derisking sulla Cina in termini di supply chain, ridurranno il vantaggio di costo comparato del Paese e ne mineranno il ruolo di export leader. Non solo. Pechino diventerà anche meno attrattiva, tanto da …
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