FocusRisparmio ha incontrato Giovanni Rossi, head of human connections tribe di ING, e il professor Pierpaolo Ferrari della SDA School of Management dell’Università Bocconi, direttore scientifico del progetto ING Financial Academy che forma i giovani consulenti al centro dei piani di sviluppo della banca nel gestito
Il progetto “Financial Coach: una nuova generazione di consulenti nativi digitali” di ING ha ricevuto quest’anno il premio ABI per l’innovazione nella categoria “Digital Transformation – Canali”. Tra i principali motori di questo risultato la ING Financial Academy, creata dalla banca come cardine della strategia di posizionamento nel mondo della consulenza finanziaria.
Giovanni Rossi, head of human connections tribe di ING
FocusRisparmio ha incontrato Giovanni Rossi, head of human connections tribe di ING, e il professor Pierpaolo Ferrari della SDA School of Management dell’Università Bocconi, direttore scientifico della ING Financial Academy che forma i giovani consulenti al centro dei piani di sviluppo della banca nel gestito per capire i dettagli di un progetto che è stato in grado di raccogliere ad oggi oltre 70.000 richieste di partecipazione da parte di neolaureati, formarne circa 300 e inserirne oltre 100 in organico.
“Tutto ha inizio nel 2017 dalla necessità di dare risposte ai clienti su come impiegare i propri risparmi. Al tempo la banca aveva un’offerta ristretta di fondi appartenenti ad un’unica casa prodotto. Ci si è presentata dunque l’opportunità di disegnare il viaggio da risparmiatori a investitori”, spiega Giovanni Rossi, head of human connections tribe di ING.
Pierpaolo Ferrari, professore della SDA School of Management dell’Università Bocconi
Il passo iniziale è stato nel 2018 l’introduzione di un robo-advisor con modello Self and help, My money coach, in cui rendere disponibili un ampio numero fondi di case selezionate. “Il primo principio da cui siamo partiti per creare la nostra offerta, che vale ancora oggi, è la convinzione che a guidare i rendimenti nel medio e lungo periodo sia l’asset allocation”, spiega Rossi. “Restava, però, un interrogativo molto importante: quale struttura della distribuzione adottare. In questi anni c’è stata un’evoluzione, con le famiglie che continuano a riconoscere l’importanza di una figura di esperto, però con un rapporto che si voleva non asimmetrico e non guidato necessariamente dalle tecnicalità. Che insomma affiancasse ad una parte macchina ad una parte cuore. In più l’analisi dello stato della distribuzione presentava la figura dei financial advisors in forte ascesa ma con una criticità legata ad un’età media molto alta”.
Quale soluzione avete adottato quindi??
GR: Abbiamo, innanzitutto, deciso di non iscriverci alla gara per strappare i consulenti finanziari ai competitor. Una gara che ha dei costi, anche molto alti, e di cui non sono chiarissime le ricadute sui clienti. Abbiamo puntato sui giovani, con tutti gli interrogativi annessi: riusciremo ad attrarre le nuove generazioni in questo progetto? Riusciranno i giovani a superare l’esame di abilitazione e successivamente a essere autorevoli e a guadagnarsi la fiducia dei clienti?
Consapevoli dei punti di attenzione abbiamo investito sulla selezione, su un imprinting formativo altamente strutturato e sull’aggiornamento continuo. È così che è nata, avvalendoci della collaborazione di SDA School of Management, ed in particolare della consulenza del professor Pierpaolo Ferrari fin dalle fasi embrionali del progetto, la ING Financial Academy.
Professor Ferrari, ci racconti questo momento di creazione e i suoi risvolti in questi anni di attività
PF: Parliamo di un’iniziativa unica nel panorama finanziario italiano. Un programma di oltre 30 giorni di formazione d’aula per un complessivo di 250 ore tra presenza e digitale in cui un’azienda decide di investire su un gruppo di neolaureati di talento. Nella ING Financial Academy sono inserite fin dalla sua origine due categorie di temi: hard skills e soft skills a partire dalla convinzione che la loro unione rappresenta ormai un’esigenza insopprimibile per chi svolge la professione del consulente finanziario. Parliamo non solo di un consulente tecnico, ma anche comportamentale che deve essere in grado di trasformarsi in divulgatore di tematiche finanziarie verso larga parte della propria clientela dato il basso livello medio di educazione finanziaria del nostro Paese.
Combattere la scarsa conoscenza di concetti economici fondamentali anche da parte di clientela altamente scolarizzata e i più diffusi bias comportamentali, come ad esempio l’eccessiva concentrazione sul breve periodo o sui titoli domestici, si sono affermati come compiti specifici dei consulenti.
Professore, guardando a questi tre anni di ING Financial Academy quale bilancio fate della risposta dei ragazzi coinvolti?
PF: Credo che la parola chiave sia entusiasmo. Entusiasmo nell’avviarsi ad una professione nuova ed estremamente delicata perché incide in maniera significativa sul futuro delle famiglie. Per questo motivo ci concentriamo molto su tutte le abilità personali necessarie per momenti di pressione anche elevata. Dobbiamo pensare che questi giovani hanno fatto il loro ingresso nel mondo del lavoro in un momento molto complesso dal punto di vista dei mercati, in cui una volta diminuiti gli effetti della pandemia da Covid-19 è iniziata una guerra alle porte dell’Europa. Non certamente un panorama semplice per un gruppo di giovani professionisti. Ciò che vogliamo trasmettere con questo percorso di formazione è certamente un consistente numero di nozioni, ma anche la necessità di approccio valoriale alla professione.
Dottor Rossi in che cosa consiste tale approccio?
GR: In linea generale e utilizzando la terminologia del contesto economico e finanziario possiamo parlare di contrasto allo short-termismo. L’azienda come luogo di senso e di costruzione di un percorso. La scelta che abbiamo fatto sulla struttura degli incentivi della nostra rete di consulenti, che sono remunerati in maniera flat a prescindere dalla composizione di portafoglio, si inserisce in questo quadro. Non una scelta banale perché ha impatti sulla redditività. Abbiamo però preso una direzione chiara in funzione di azzeramento alla radice della possibilità di conflitti di interesse, muovendoci in anticipo nella direzione tracciata dai policymakers.
Si tratta di un aspetto per noi molto importante anche in fase di selezione dei giovani da inserire all’interno della nostra Academy, a cui trasmettiamo la volontà di approcciare il cliente armati anche di una forza morale significativa. Durante il periodo di formazione i futuri advisor effettuano, ad esempio, un’esperienza presso l’istituto dei ciechi di Milano. Questo permette di accentuare il senso etico e valoriale dell’Academy e al tempo stesso di esercitare ed amplificare le capacità comunicative. Un’esperienza che piace molto, toccante, forte dal punto di vista emotivo, che prevede l’accompagnamento da parte dei non vedenti in un percorso multisensoriale, con momenti di condivisione di esperienze personali e momenti motivazionali.
Credete che la lotta allo short-termismo, in tutti i suoi aspetti, anche valoriali, si possa tradurre in un elemento distintivo riconosciuto da parte della clientela?
GR: Il nostro obiettivo è rispondere alle esigenze dei clienti che chiedono una consulenza competente, che renda comprensibile i temi finanziari, che utilizzi le potenzialità del digitale ma che sia allo stesso tempo empatica e in grado di affiancarli nella gestione delle emozioni. Questo è il professionista che vogliamo costruire con la nostra ING Financial Academy. Se poi si confermerà quanto evidenziato da molte ricerche recenti, ovvero che la generazione dei millennials è guidata dalla ricerca di senso a differenza dei boomers e della generazione X incentrate sull’affermazione del sé, il nostro posizionamento risulterà doppiamente vincente.
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