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“Azionario, anche value, i dividendi, gli emergenti e, nei bond, sulle strategie inflation-linked come quelle flessibili a bassa o zero duration”. Ora fari puntati sui payrolls di agosto e sugli annunci di novembre
Toni accomodanti e nessuna fretta di ritirare gli stimoli. Il presidente della Fed Jerome Powell al simposio di Jackson Hole ha sostanzialmente ribadito i messaggi delle minute del Fomc di luglio.
“Il governatore – commenta Pasquale Diana, senior macro economist di AcomeA SGR – ha assunto un tono molto bilanciato, in parte contrastando il tono più hawkish degli altri membri dell’Fomc. Il messaggio è stato che la Fed potrebbe iniziare un processo di tapering – ovvero di riduzione graduale del QE – quest’anno. In teoria un annuncio in questo senso ci appare possibile già al meeting del 22 settembre, anche se un annuncio a novembre appare più probabile”.
E così si attende anche Equita che parla di novembre o dicembre come deadline per la riduzione degli acquisti. Tutto dipende però dai dati macro. “Bisogna ricordare che la Fed vede come condizione necessaria per l’inizio del tapering un miglioramento tangibile delle prospettive di inflazione e occupazione. Sull’inflazione, è ormai chiaro che il progresso c’è stato. Sull’occupazione i dati sono in evidente miglioramento, ma il dato sui payrolls di agosto che verrà pubblicato questo venerdì è molto importante”, si legge in una nota della casa d’affari milanese. “Molti investitori ricordano con preoccupazione cosa successe nel 2013 (il famoso Taper Tantrum), quando il mercato fu colto di sorpresa dalla Fed e i tassi sia reali, sia nominali salirono rapidamente, creando tensione sui mercati di rischio come debito e valute emergenti. Va detto però che ci sono differenze sostanziali con il 2013. La principale è che la Fed ha imparato la lezione e ha fatto un grande sforzo di comunicazione. Appare quindi poco probabile che il mercato possa essere sorpreso da un tapering aggressivo”.
Gli scenari dopo Jackson Hole
Gli esperti ritengono che lo scenario più probabile sia quello di una salita molto graduale dei rendimenti a lungo termine negli Usa, con il tasso a 10 anni che dall’1,30% attuale potrebbe superare 1,60% a fine anno e con il dollaro che potrebbe beneficiarne.
“Jerome Powell ha perfettamente incarnato lo stato d’animo del banchiere centrale in questa fase storica: da un lato segnala che l’economia sta recuperando e fornisce un messaggio positivo e rassicurante, dall’altro apre la porta al tapering perché è perfettamente consapevole che l’attuale ritmo è possibile soltanto in una fase di acuta emergenza macroeconomica che è in via di attenuazione. E’ una posizione non semplice, quasi tra incudine e martello, perché da un lato è necessario finanziare un debito Usa che è cresciuto come mai prima nella storia (il rapporto deficit/PIL Usa è del 15%) con una crescita in valore assoluto di 5 miliardi di dollari; dall’altro è necessario pensare all’inflazione: nella narrativa Fed viene ormai considerata come transitoria negli effetti, derivante da fattori non ripetibili”, spiega Gian Marco Salcioli, strategist Assiom Forex.
In questo quadro per Manuel Pozzi, direttore investimenti di M&G Investments, “occorre tener presente che la direzione delineata da Powell è una: quella di una leggera e graduale stretta”. Oggi il mercato Usa prezza un’inflazione attorno al 2,3% nel lungo termine, ma tassi nominali dei Treasury ben inferiori, con il trentennale sotto il 2%.
Come investire dopo Jackson Hole
“Per gli investitori – spiega Pozzi – questo significa che nel breve la Fed non ha alcuna intenzione di traumatizzare il mercato ma nel medio/lungo termine vanno osservati tre fattori: i rischi per i bond con duration lunga, il maggiore appeal per i titoli con valutazioni ragionevoli e la capacità degli asset di offrire rendimenti reali positivi”.
Tra questi ultimi, “un’asset class da tenere in considerazione è l’azionario, anche value, per i periodi di accelerazione della crescita, le soluzioni ‘dividend at a reasonable price’, gli emergenti e, in ambito obbligazionario, le strategie inflation-linked come quelle flessibili a bassa o zero duration” commenta Pozzi.
“Certo – spiega Gian Marco Salcioli – i mercati sono rassicurati da questa sorta di strategico ‘cerchiobottismo monetarista’ frutto di un momento mai visto in passato; soprattutto l’azionario a livello macro globale beneficia ancora dalla sicurezza di un acquirente di ultima istanza che sia sottoscrittore di un debito crescente. Si ripete infatti la stessa tendenza di rendimenti in discesa a fronte di rapporti Debito/PIL che per i paesi del G7 in media è risalito al di sopra del 100%. Che non si possa chiamare monetizzazione del debito in senso stretto secondo i puristi è vero, ma la sostanza non è molto diversa. E tenere aperta la possibilità di tenere il piede sull’acceleratore ed essere flessibile in ogni evenienza ricorda che il grande convitato di pietra – aimhè – riguarda sempre l’andamento del virus a livello globale, la cui evoluzione è sempre forte di incertezza”.
“È importante notare – conclude Carlo De Luca, responsabile delle gestoni per Gamma Capital Markets – come Powell abbia deciso di separare il discorso tapering dagli aumenti di tassi di interesse che normalmente seguirebbero, per i quali la Fed ha un articolato test sostanzialmente più rigoroso. D’altronde, e guardando al dots plot, ci si aspetta un aumento dei tassi di interesse dal 2023. Tirando le somme, ci aspettiamo, dunque, un inizio di tapering graduale e lento, al fine di misurare i driver ancora in corso, come la variante Delta, l’inflazione e la crescita dell’occupazione. Se da un lato gli investitori festeggiano questo atteggiamento accomodante di Powell, dall’altra parte bisogna continuamente monitorare i numeri e i dati sullo stato di salute dell’economia per evitare passi falsi in termini di politica monetaria”.
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