Debito globale, allarme FMI: al 93% del PIL quest’anno
Supererà i centomila miliardi di dollari. E nel 2030 arriverà al 100%. Necessario un aggiustamento del 3-4,5% del PIL ogni anno. “Ritardare richiederà un intervento più ampio”
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Aumentare i tassi di un quarto di punto, andando ad aggravare lo stato dell’euro-economia, o mettere in pausa la stretta rischiando di deporre troppo presto le armi contro l’inflazione e dare al mercato l’impressione di aver commesso un errore. Per la Banca centrale europea sarà complicato trovare la quadra al dilemma di politica monetaria che l’attende giovedì 14 settembre. Tanto che gli stessi investitori sono quasi equamente divisi tra l’una e l’altra soluzione. Soprattutto alla luce di dati (gli stessi da cui il board di Francoforte si è detto più volte “dipendente”) che mostrano un’Eurozona sempre più vicina a una recessione oltre a un carovita ancora troppo alto e una crescita dei salari superiore al 4%.
Per Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, sono due i fattori principali che determineranno l’esito del meeting Bce: la spaccatura tra falchi e colombe e la diversa composizione del board dei votanti. “Sul primo punto – chiarisce l’esperto – la componente ‘hawkish’ spinge per un rialzo dei tassi, attribuendo il calo della domanda interna a un atteggiamento preventivo di estrema cautela da parte dei consumatori”. Il secondo fattore riguarda invece la composizione del board dei votanti: a settembre alcuni rappresentati dei Paesi frugali, come Germania e Belgio, non si esprimeranno, mentre a ottobre resteranno escluse Spagna e Irlanda . L’incontro di giovedì, per Cesarano, potrebbe comunque chiudersi con un esito più ‘falco’: “Lagarde potrebbe alternativamente procedere già ora a un rialzo, oppure effettuare una pausa, dipingendola in conferenza stampa come molto probabilmente non definitiva”. “In questo modo”, precisa, “lascerebbe implicitamente intendere che il rialzo sarebbe solo rinviato alla riunione del 24 ottobre”, precisa.
Esito incerto anche per Katharine Neiss. Da un lato, la chief european economist di Pgim Fixed Income sostiene che gli indicatori prospettici non escludono una pausa. Tanto più considerando che consentirebbe di meglio valutare l’impatto dei passati rialzi e, nel caso in cui fosse necessario, di stringere ancora più avanti. D’altro canto, oltre ai dati prospettici, sono diversi i fattori che fanno propendere per una stretta. “Poiché si prevede che l’inflazione di fondo anno su anno si ridurrà nell’ultimo trimestre del 2023 a causa degli effetti di base, i falchi del Consiglio direttivo potrebbero considerare questa riunione come la chance di imporre un ultimo rialzo dei tassi”, osserva l’esperta
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Propende per una pausa, invece, Martin Wolburg, senior economist di Generali Investments. A suo parere, anche se si tratterà di una decisione molto serrata, alla fine i banchieri centrali si asterranno da un altro rialzo. “La decisione di lasciare i tassi invariati dovrebbe essere accompagnata da un’inclinazione aggressiva volta a chiarire che la scelta non deve essere interpretata come la fine del ciclo di rialzi ma piuttosto come una pausa e che ulteriori misure di inasprimento potrebbero essere riprese in qualsiasi momento, ove necessario”, avverte però l’economista.
Tra coloro che invece si aspettano un nuovo aumento dei tassi dello 0,25% c’è Gilles Moëc, chief economist di Axa group e head of Axa Im Research. A suo parere, infatti, Lagarde sceglierà questa strada per ragioni di natura tattica. “Sebbene lasciare i tassi invariati a settembre possa essere presentata come una semplice pausa, con il mantenimento di un orientamento restrittivo e la facoltà di reagire in un secondo momento, in realtà i falchi probabilmente percepiscono che restare fermi questo mese comprometterebbe seriamente le possibilità di un nuovo rialzo”, spiega. Per Moëc è infatti molto probabile che il flusso di dati sull’economia reale si deteriori ulteriormente, mentre gli effetti di base dovrebbero spingere l’inflazione verso il basso in modo più deciso.
Sulla stessa linea Roman Gaiser, head of fixed income and high yield Emea di Columbia Threadneedle Investments. Nonostante il mercato sia molto propenso a prezzare la fine del ciclo di rialzi, valutando una probabilità del 60% di tassi invariati e una probabilità del 40% di un aumento di 25 punti base, l’esperto è convinto che Lagarde alzerà ancora il costo del denaro mantenendo valide le prospettive di un possibile ulteriore inasprimento. “L’inflazione nell’Eurozona è ancora nettamente al di sopra dell’obiettivo del 2% , con il dato nominale annuo invariato al 5,3% in agosto e l’indice di fondo sceso allo stesso livello”, chiarisce. Ecco perchè “crediamo siano necessarie ulteriori prove che assicurino l’effettivo superamento del picco dei prezzi”.
Nessuna tregua, nonostante il rallentamento dell’economia della Zona euro, è anche la tesi di Franck Dixmier, global cio fixed income di Allianz Global Investors. “La Banca Centrale Europea avrà pure disinserito il pilota automatico, ma l’inflazione rimane elevata, per cui ci aspettiamo ancora un rialzo nella riunione di settembre. I mercati sembrano impreparati: un aumento dei tassi potrebbe portare a ulteriori impennate dei rendimenti nel reddito fisso”, afferma.
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