Un approfondimento sul comparto Additional Tier 1 con il contributo di Luca Evangelisti, head of Credit Research e gestore del Jupiter Financials Contingent Capital Fund. Come funzionano e che rapporto rischio/rendimento offrono i contingent convertible bond (CoCos / AT1s)
“Esiste un fraintendimento di fondo sugli Additional Tier 1 che nasce dalla loro creazione nel periodo post grande crisi finanziaria del 2008. Il livello medio di capitalizzazione delle realtà bancarie era circa la metà rispetto a oggi e, da allora, le opportunità offerte dall’asset class sono cresciute enormemente. Non altrettanto la consapevolezza degli investitori non specialistici”. Luca Evangelisti, head of Credit Research e gestore del Jupiter Financials Contingent Capital Fund, gestisce il fondo di Jupiter AM dedicato ai CoCos. Una asset class con rendimenti medi più simili ai numeri dell’azionario e dell’obbligazionario, ma che fatica ad attrarre l’attenzione nei portafogli degli investitori generalisti, complici logiche di funzionamento non di immediata comprensione e alcuni picchi di volatilità legati a specifiche situazioni.
Partiamo da un’analisi del contesto d’investimento. Il mercato obbligazionario è dominato dal percorso di discesa dei tassi di Fed e BCE. Quali sono le vostre attese per il medio periodo e come impatteranno il comparto?
Guardando al medio periodo, per il 2025 i mercati prezzano cinque tagli (di 25 bps) da parte della BCE e sette tagli da parte della Fed. La direzione è quindi chiarissima. La mia view personale è che ci sarà meno regolarità rispetto a quanto ci si attende e che il cammino di discesa dei tassi non sarà così repentino. Questo è il motivo per cui è estremamente importante gestire la duration di un fondo obbligazionario a fronte di segnali non univoci per quanto riguarda i dati macro. L’inflazione sta sì scendendo ma la crescita economica non mostra forti segni di cedimento e questo potrebbe rendere più attendiste le banche centrali. Quello che è certo è che non torneremo ai tassi zero a meno di un tracollo globale.
Il Jupiter Financials Contingent Capital Fund si concentra sul settore finanziario investendo nei titoli Additional Tier 1 (AT1). Partiamo dall’outlook per il comparto, e in particolare dalle attese per quanto riguarda i grandi gruppi bancari italiani.
Le banche italiane sono andate molto bene, come dimostrano i dati sugli utili e la distribuzione di dividendi. A livello fondamentale il futuro del settore, non solo italiano, si prospetta roseo con livelli di profittabilità che hanno raggiunto massimi difficilmente pronosticabili. La variabile da tenere sotto osservazione è anche qui quella dei tassi di interesse. È vero che una loro discesa significa una contrazione dei margini per le banche ma in questa fase è più importante abbassare il livello di rischio insolvenza da parte di famiglie e imprese a cui sono sottoposti gli istituti di credito. Dal punto di vista di un investitore obbligazionario, questa dinamica è positiva anche se a discapito di una potenziale contrazione dei margini.
Come viene gestito il fondo Jupiter Financials Contingent Capital Fund?
Prima di tutto, al pari di quella che dovrebbe essere la prima regola di ogni investitore fixed income, grande attenzione è posta nell’evitare i default. Soprattutto in un’asset class come gli AT1 dove i rendimenti di base sono premianti, questa è una norma che deve necessariamente guidare la gestione. Con livelli di carry che si attestano stabilmente al di sopra del 7-8%, solo riprezzamenti enormi possono azzerare il rendimento, a patto di evitare i losers. La solvibilità nel lungo periodo è, quindi, molto più importante della ricerca di extra-yield in questa asset class soprattutto in un contesto di valutazioni di mercato non particolarmente basse.
Per gli AT1 c’è un pre e un post Credit Suisse. Quanto e come è stato impattato il comparto? In che stato di salute si trova oggi?
Quanto accaduto nel marzo del 2023 (azzeramento dei titoli AT1 di Credit Suisse a seguito della crisi che ha portato all’acquisizione della banca da parte di UBS, ndr), ha significato un riprezzamento indiscriminato di tutto il mercato degli AT1. Per gli investitori attivi in realtà ha significato un momento di grandissime opportunità. Una volta passati i primi momenti di grande confusione sul mercato abbiamo colto l’occasione rappresentata dalla possibilità di acquisto di titoli a sconto, convintamente supportati dai nostri investitori, rassicurati anche dal fatto che da tempo avevamo scelto di non detenere AT1 di Credit Suisse in portafoglio. Ciò ha determinato un’importante performance positiva.
Guardando al portafoglio del fondo nel suo complesso, un’attenzione particolare è posta nella gestione della duration che rispetto allo scorso anno abbiamo alzato fino a superare i 3 anni. Nel 2023 la duration è sempre stata inferiore a questa quota, nell’attesa di avere una maggiore visibilità sulla direzione dei tassi di interesse.
Una particolarità che emerge osservando l’allocazione del portafoglio è la presenza di una percentuale maggiore rispetto al benchmark di titoli AT1 emessi da realtà finanziarie britanniche. Da che cosa deriva questa scelta?
Questa quota è da un lato riconducibile a grandi gruppi basati in UK ma che hanno business in tutto il mondo come, ad esempio, HSBC e Standard Chartered, dall’altro, e questa è una particolarità del nostro fondo, abbiamo un expertise storica sulle building societies britanniche. Si tratta di realtà non quotate che non possono distribuire dividendi ma sono obbligate a ritenere gli utili con consequenti effetti positivi sul livello di capitale regolamentare. Questo effetto sulla capitalizzazione crea un’extra protezione per gli investitori in AT1. Infine, abbiamo un’esposizione a titoli emessi da realtà bancarie più tradizionali come, ad esempio, Barclays su cui vediamo buone opportunità in termini di rapporto rischio/rendimento.
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