“Negli ultimi anni abbiamo visto un generale riposizionamento nell’asset allocation degli investitori private di fascia alta”. Nell’intervista con FocusRisparmio Alessandra Losito, direttrice della struttura italiana di Pictet Wealth Management, analizza i comportamenti per navigare l’incertezza e il nuovo ruolo delle asset class alternative illiquide
Alessandra Losito, direttrice generale di Pictet Wealth Management in Italia
Nonostante le statistiche nazionali indichino il contrario, il livello medio dell’educazione finanziaria degli investitori private di fascia alta italiani è alto. Lo sostiene Alessandra Losito, direttrice generale di Pictet Wealth Management in Italia, che in questa intervista con FocusRisparmio si sofferma sul ruolo che i senior private banker possono svolgere nella gestione dell’emotività dei clienti in queste fasi di incertezza dei mercati. “Periodi come questi sono anche un utile momento per testare il lavoro fatto in fase preliminare fra consulente e cliente”, afferma.
La manager invita a prendere ispirazione dal libro “The psychology of money” e a seguire gli esempi pratici di Warren Buffett, fra gli investitori più longevi al mondo. “Spesso le persone si chiedono cosa abbia fatto Warren Buffett per diventare Warren Buffett”, sostiene Losito, “ma credo che la domanda più giusta sia ‘cosa non abbia fatto?’”.
“Non ha venduto durante le 14 recessioni che ha vissuto lungo la sua vita – spiega – non si è indebitato e soprattutto non ha mai macchiato la sua reputation di investitore, arrivando a una longevità che ha permesso all’interesse composto di lavorare per lui”. In sostanza, per essere un bravo investitore “è più importante il proprio comportamento che non la propria intelligenza”, afferma.
In questa fase di grandi cambiamenti strutturali ci sono alcune variabili come inflazione e volatilità che potenzialmente producono incertezza negli investitori: quali sono le prospettive future e gli approcci che suggerite ai vostri clienti?
Il periodo di prolungata deflazione che abbiamo vissuto negli ultimi 10-15 anni è da considerarsi un ciclo concluso e pertanto riteniamo che il ritorno dell’inflazione sia un fenomeno strutturale che ci accompagnerà per alcuni anni. È una variabile importante da considerare in quanto assimilabile ad una “tassa occulta” che penalizza soprattutto chi detiene grandi patrimoni. Cerchiamo di comunicare ai nostri clienti che la volatilità è una componente essenziale dell’essere investitore, un elemento intrinseco dei mercati che non possiamo evitare e non deve spaventare. Nella fase di valutazione del profilo di rischio c’è chi accetta il 2, il 5 o il 10% di volatilità, questo dipende dalla propria personale propensione al rischio, ma ciò che conta è avere la più assoluta consapevolezza delle scelte che si fanno sia in termini di risk assesment che di costruzione del portafoglio. In queste fasi il supporto di un private banker è fondamentale.
I clienti con grandi patrimoni come stanno affrontando questo inizio di anno caratterizzato da instabilità geopolitica e volatilità nei mercati?
Negli ultimi 10 -15 anni gli investitori hanno vissuto molti periodi di volatilità, dalla crisi finanziaria del 2008 a quella dei debiti sovrani nel 2012, per terminare con le più recenti causate da Covid19 e guerra in Ucraina. Nella nostra esperienza la clientela private di fascia alta ha dimostrato un atteggiamento di grande maturità e consapevolezza, mantenendo una mentalità flessibile e aperta ad ogni scenario. Periodi come questi possono essere considerati anche un’utile occasione per testare il lavoro fatto con il proprio banker in termini di profilazione del rischio e definizione degli obiettivi di investimento. Noi crediamo di aver fatto un buon lavoro a monte, infatti, eccetto alcuni aggiustamenti tattici, nei portafogli dei nostri clienti non ci sono stati grandi stravolgimenti.
Dal punto di vista dell’asset allocation cosa è cambiato in questi ultimi anni?
C’è stato un generalizzato riposizionamento dell’esposizione verso le asset class alternative illiquide. Già da cinque anni fa abbiamo inserito i private markets nella nostra offerta. Una buona parte dei nostri clienti che possiede la qualifica di investitore professionale l’ha inserita stabilmente nella propria allocazione, apprezzandone principalmente la caratteristica di ridurre la volatilità complessiva del portafoglio. Le ultime crisi hanno fatto emergere definitivamente la decorrelazione rispetto alle asset class tradizionali, convincendo anche gli investitori che ancora non lo erano delle qualità e dei benefici dell’investimento in asset illiquidi. Per affrontare i prossimi anni, nei quali il rialzo dei prezzi sarà una variabile che peserà in modo strutturale, gli investitori devono assumersi la consapevolezza di modificare l’allocazione del proprio portafoglio verso asset class illiquide che, per definizione, sopportano meglio le pressioni inflazionistiche e preservano meglio il valore del capitale investito.
Come responsabili delle asset allocation per i vostri clienti quale peso vi sentite di suggerire?
Le fondazioni di Yale ed Harvard, tra gli investitori istituzionali più noti al mondo, suggeriscono di assegnare una porzione di un terzo del proprio portafoglio per ciascuna asset class fra azioni-bond-mercati privati. Ciò vale soprattutto per i portafogli di tipo istituzionale; chiaramente sono proporzioni da prendere come orientamento, più difficili da praticare per un investitore private. Per quanto riguarda la nostra clientela il peso dei mercati privati nei portafogli oscilla nel range 10-20%.
Qualche indicazione sulla struttura di Pictet WM in Italia e gli obiettivi di sviluppo?
In Italia abbiamo quattro sedi – Roma, Milano, Torino e Verona – che ci permettono di presidiare da vicino tutto il territorio della Penisola. Continueremo seguendo una strategia di crescita graduale grazie a professionisti di qualità riconosciuta e allineati con i nostri valori. Possiamo strutturare i portafogli con l’allocazione in private asset a partire da 5 milioni di euro, una soglia che ci mette in condizione di poter lavorare al meglio secondo il nostro approccio di asset allocation. Gli ultimi tre anni sono stati un periodo di forte crescita sia in termini di masse che di portafoglio medio sotto consulenza. Siamo stati scelti come primo partner nel wealth management da tanti clienti con patrimoni molto elevati attratti dalla forte reputazione del nostro brand, dalle nostre solidità e qualità dell’offerta. Ci aspettiamo che questo trend possa proseguire in futuro.
Qual è il vostro rapporto con l’industria del gestito e i fondi?
Operiamo in architettura aperta utilizzando non solo fondi ma anche singoli titoli, selezionati da un team dedicato basato a Ginevra da cui riceviamo anche analisi di mercato e scenari economici. Nella gestione dei grandi patrimoni è molto importante la selezione del sottostante, per cui il processo di due diligence per noi è centrale.
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