E sul fronte azionario il gestore affronta il contesto reflazionistico con posizioni marcate sui settori più ciclici e value, ridotte solo recentemente dopo i rally di inizio anno
Francesco Sandrini, head of multi-asset balanced, income and real return solutions di Amundi
Azioni e bond non hanno mai vissuto, nella storia recente della finanza, un periodo di così netta decorrelazione. La tradizionale relazione inversa che in passato ha caratterizzato queste due asset class sembra esser naufragata sotto i colpi dei “bazooka” monetari messi in campo dalle principali banche centrali mondiali e la tendenza sembra aver accelerato con la pandemia.
“Attraversiamo una fase nella quale le azioni sono da preferirsi alle obbligazioni”, spiega Francesco Sandrini, head of multi-asset balanced, income and real return solutions di Amundi, intervistato da FocusRisparmio. “Con le necessarie cautele sulla base del profilo di rischio dell’investitore – precisa – quello che riteniamo diverso dal passato è il ruolo della componente obbligazionaria, storicamente vista come la componente eventualmente in grado di assorbire le perdite durante le correzioni azionarie”.
In questo scenario ha ancora senso affidarsi alle tradizionali combinazioni 60/40 fra azioni e bond? Come è evoluto nel tempo questo rapporto?
La prossima correzione dei mercati vedrà verosimilmente anche una sotto performance della componente obbligazionaria. Sarà quindi opportuno adottare strategie per limitare i fattori di rischio che alimenteranno questa doppia correzione, che probabilmente giungerà da rialzi dei tassi di interesse. In questo senso sarà opportuno diversificare i portafogli attraverso settori esposti all’inflazione, obbligazioni legate all’inflazione, strategie di curva e, in ultima istanza, valute come il dollaro americano, che possono apprezzarsi in quel contesto.
Voi in Amundi come state affrontando il contesto reflazionistico in atto? Quali saranno i principali motori della performance nel 2021 e quale il ruolo della gestione attiva?
Abbiamo affrontato il contesto reflazionistico in atto da novembre 2020 in poi, con un posizionamento decisamente marcato sui settori più ciclici e value. Abbiamo mantenuto posizioni attive su settori come i materiali e gli energetici, corte sui consumer staples e l’immobiliare, specialmente negli Stati Uniti. In generale abbiamo sottopesato il comparto tecnologico. Abbiamo mantenuto un’esposizione positiva su indici di società a bassa capitalizzazione, privilegiando i mercati più ciclici come l’Europa ed il Giappone. A livello obbligazionario abbiamo mantenuto una buona componente di obbligazioni governative legate all’inflazione, specialmente americane, abbiamo progressivamente rafforzato il nostro posizionamento su strategie in grado di estrarre profitto dall’incremento delle pendenze delle curve dei rendimenti, specialmente la curva inglese. Recentemente abbiamo ridotto le scommesse settoriali cicliche e value e preferiamo ancora l’azionario all’obbligazionario.
Quali sono state le principali scelte recenti sia sul fronte azionario che obbligazionario?
Nelle ultime settimane abbiamo ridotto gli investimenti nei materiali (metalli industriali, mantenendo l’esposizione al cemento e ai gas industriali) e negli industriali, in cui le valutazioni sembrano non offrire margini di crescita, unica eccezione per costruttori europei di auto elettriche. Sul lato difensivo, abbiamo trovato storie interessanti nel lungo periodo nelle utilities. Relativamente alla componente obbligazionaria, abbiamo ridotto nell’ultimo trimestre l’esposizione al comparto corporate (IG) in quanto riteniamo limitate le possibilità di performance positiva del comparto in caso di rialzo tassi, riducendo specialmente le emissioni a maggiore durata finanziaria. A livello governativo, abbiamo progressivamente ridotto da inizio anno l’esposizione al Btp data la buona performance, aumentando l’esposizione a subordinati finanziari, anche italiani.
In un regime di tassi che secondo le Banche Centrali rimarranno bassi per ancora qualche tempo, ha senso guardare ai fondi a distribuzione?
Assolutamente sì, orientandosi verso quelle strategie che possono generare in modo continuativo e sostenibile dei flussi distribuibili, come Amundi Funds Euro Multi Asset Target Income, derivanti da dividendi e cedole, combinandoli con distribuzione di capital gain quando presenti. Queste strategie possono fornire reddito distribuibile pressoché costante, mantenendo allo stesso tempo un’elevata flessibilità per esporsi ai temi principali che muoveranno i mercati.
Il comparto promuove caratteristiche Esg ai sensi dell’articolo 8 Sfdr: in che modo integrate le metriche sulla sostenibilità nel processo di investimento?
Integriamo le metriche di sostenibilità all’interno del nostro processo di selezione, analizzando la profittabilità del titolo (azioni, obbligazioni corporate e governativi) anche alla luce dei rischi di sostenibilità, attraverso un’attenta analisi di materialità dei fattori Esg effettuata a livello settoriale dai nostri 120 analisti su scala globale. Inoltre, attraverso un ingaggio attivo, monitoriamo quelle aziende sui cui titoli il mercato non ha ancora raggiunto un posizionamento eccessivo legato ai rating di sostenibilità elevati perché possono rivelarsi eccellenti serbatoi di valore, attraverso un percorso di progressiva adozione delle migliori pratiche di sostenibilità.
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