Obiettivo: restituire capitali ai limited partner in crisi di liquidità. La ricetta di Bain per far ripartire il settore dopo quattro trimestri di relativa inattività
Per gli investitori di private equity è arrivato il momento di tornare in gioco. Nei prossimi mesi l’obiettivo principale è quello di far ripartire il volano del fund raising, restituendo i capitali ai limited partner attraverso exit ma anche operazioni sul mercato secondario e ricapitalizzazioni o altre soluzioni. Con una cifra record di 3.700 miliardi di dollari di liquidità e con i fondi di buyout che hanno ancora asset in portafoglio per 2.800 miliardi, tali player stanno infatti sperimentando una crisi di liquidità. A tracciare la diagnosi del settore è il Private equity midyear report 2023 di Bain & Company, secondo cui è questa la ricetta giusta per la ripartenza dopo quattro trimestri di relativa inattività.
Roberto Fiorello, responsabile italiano private equity di Bain & Company
“Adottare un approccio attendista quando il mercato è in contrazione non è mai stata una strategia particolarmente efficace nel private equity”, avverte Roberto Fiorello, responsabile italiano private equity della società di consulenza. L’esperto ritiene che l’esperienza passata dimostri come, per risollevare l’attività di dealmaking, acquirenti e venditori abbiano bisogno di un contesto economico ragionevolmente stabile e non necessariamente attraente. “Sebbene agli serva fiducia nelle prospettive di medio termine di un settore o di un’azienda, sta finalmente emergendo un quadro più chiaro. Auspicabilmente, il mercato globale del private equity si sta stabilizzando, così come quello italiano”, afferma.
Il falso problema della troppa liquidità sul mercato
L’indagine sottolinea anche come le preoccupazioni per livelli di liquidità troppo elevati sembrino ingiustificati . Attualmente, infatti, il ‘dry powder’ si attesta stabilmente sui 3.700 miliardi di dollari in tutte le strategie di asset class private. E circa il 75% di questa disponibilità è ancora ‘nuova’, cioè in un periodo di investimento inferiore ai tre anni. Se il contesto è sfidante per chiudere operazioni, in particolare quelle grandi, le condizioni sui prestiti delle banche commerciali stanno diventando meno vantaggiose e il private credit più interessante.
Un arretrato di exit da 2.800 miliardi di dollari
Altro dato importante è che i fondi di buyout vantano da soli una cifra record di asset ancora in portafoglio per 2.800 miliardi di dollari, oltre quattro volte il livello detenuto durante la crisi finanziaria globale. Mentre gli investimenti sono diminuiti, le exit si sono contratte più bruscamente durante la prima metà dell’anno, con il valore di quelle annualizzate per il 2023 in calo del 54% rispetto al 2022 e con volumi in contrazione del 30%. Per i limited partner a corto di liquidità, il distributed to paid-in capital (Dpi) sta diventando quindi un criterio cruciale, come un tempo lo era il tasso interno di rendimento (Irr).
Fiorello fa notare come il contesto macroeconomico si sia evoluto in modo significativo negli ultimi 12 mesi, alterando in gran parte la ratio dietro alcune scelte di investimento. “Per gli operatori, la decisione di vendere o tenere un asset potrebbe ridursi a un paio di domande: le condizioni di exit saranno significativamente diverse nei prossimi mesi? E generare il rendimento previsto richiede una revisione del piano di creazione di valore, che tenga conto di tutto quanto è cambiato sul fronte macro? In ogni caso, i player destinati al successo non saranno gli attendisti ma quelli che agiranno con lungimiranza”, sottolinea.
Guardando ai numeri dei premi sei mesi del 2023, emerge che sul fronte degli investimenti i fondi di buyout a livello globale sono calati del 58% rispetto alla prima metà del 2022 e hanno toccato i 202 miliardi di dollari di controvalore delle operazioni. Quanto alle exit, il report evidenzia una pressione significativamente maggiore sul lato delle vendite. I gestori di buyout hanno un arretrato di asset in portafoglio che ha rallentato la redistribuzione del capitale agli investitori. Nel primo semestre, i disimpegni sostenuti da buyout sono scesi a 131 miliardi di dollari (-65% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). Su base annua, il valore delle exit è in calo del 54% e il loro numero è diminuito del 30%. Con circa 26mila società in portafoglio detenute in fondi di buyout da quasi sei anni, secondo Bain i player hanno bisogno di una strategia per sbloccare i 2.800 miliardi di valore non realizzato che queste società rappresentano. “La maggior parte di tali asset si sta avvicinando, o ha già superato, il tipico periodo di cinque anni per le exit. Quasi un quarto degli attivi è gestito da oltre sei anni e oltre la metà lo è stato per più di quattro”, si legge.
Quanto al fund raising, dopo un decennio di crescita con quasi 12mila miliardi di dollari raccolti in dieci anni, l’attività si è rivelata sorprendentemente impegnativa nel 2023. I limited partner rimangono in una stretta di natura ciclica, con una grande quantità di impegni pre-esistenti non finanziati e un flusso di cassa in territorio negativo legato alla forte contrazione dei disinvestimenti. In più, si assiste a un notevole squilibrio tra domanda e offerta perchè i quasi 14mila fondi di capitale privato competono per un totale di 3.300 miliardi di dollari di capitale. Il valore della raccolta nei primi sei mesi si è ridotto a 517 miliardi di dollari (-35% rispetto a 12 mesi prima) mentre, su base annua, il calo è del 28% in termini di valore e del 43% in termini di fondi chiusi rispetto all’intero anno scorso.
Gli esperti di Bain sottolineano anche che i dati sulla raccolta potrebbero rappresentare un indicatore sfalsato in termini temporali, facendo sembrare il contesto attuale migliore di quanto non sia in realtà. E ciò può derivare dal fatto che alcuni fondi chiusi oggi sono stati lanciati o impegnati in un contesto migliore negli scorsi due anni. “Un indicatore ancora più orientato al futuro è il livello di domanda e offerta. L’attuale rallentamento del capitale disponibile è stato uno shock e l’aumento della concorrenza sta spingendo i fondi a professionalizzare le loro capacità di raccolta”, conclude il report.
Il 2024 si chiude con investimenti a quota 1,1 miliardi, in linea con l’anno prima. E il 2025 parte con 190 milioni e 53 operazioni. Ma il gap con il resto d’Europa resta ampio. L’analisi Bain
L’industria tricolore cresce ma resta lontana da quella degli altri grandi Paesi UE. Raccolta e dimensioni i maggiori punti deboli. L’analisi Aifi, Equita e MCP
L’espansione dei fondi alternativi e l’attrattività per una clientela più ampia guideranno l’aumento degli asset per il comparto. Parola di Giovanni Andrea Incarnato, partner di EY e leader Wealth & Asset Management per l’Italia
Il managing partner dell’affiliata di Natixis IM con focus sugli alternativi scommette sul rally dell’asset class. Ma mette in guardia sugli ostacoli alla democratizzazione ancora presenti. Dalla bassa specializzazione alla normativa fino ai costi, ecco cosa non va
Nel 2024 il fundraising è salito a 1,36 miliardi, con fondi pensione e casse di previdenza in testa. Balzo dell’ammontare investito (+53%), che ha sfiorato quota 5 miliardi
BCG: nel 2024 il private equity è tornato a crescere trainato da digitale e transizione energetica. La raccolta dei fondi è salita a 87 miliardi. Boom di investimenti nei data center. Ma il picco del 2022 è ancora lontano
Aifi-PwC: +77% rispetto al 2023. Crescono anche gli investimenti: +83% a 15 miliardi. Merito del ritorno dei mega deal. In calo le operazioni di expansion
La casa di gestione punta a cavalcare la democratizzazione degli alternativi. E ha affidato a Federico Vettore una struttura dedicata nell’ambito della sua divisione Investment Management. Dalle strategie multi-asset alla comunicazione, la ricetta del manager per spingere su un mercato in espansione
L’industria segna un calo annuo del 9,5% sui flussi in entrata ma si conferma in crescita nel lungo periodo. E raggiunge il decimo posto in Europa per investimenti. Eppure, pochi operatori esteri e troppo focus sulle operazioni pre-seed rallentano il passo. La fotografia nel report di P101
Il settore immobiliare segna 10 miliardi di euro di investimenti nel 2024, con un incremento del 47% sul 2023. All’evento Perspective 2025, Cbre presenta trend e prospettive (ottime) per il nuovo anno
In Europa il segmento è in costante crescita e ha quasi raggiunto il mezzo trilione di euro. I rendimenti? Trezzi (Sienna IM): “Nel 2024 la media è stata del 9%, ma i gestori più capaci hanno raggiunto anche la doppia cifra”
Iscriviti per ricevere gratis il magazine FocusRisparmio