I paesi e i settori favoriti nella view del portfolio manager in sella alla strategia Emerging Markets Leaders dal 2014. “La crescita dei mercati emergenti non si basa più sulla globalizzazione, sul ciclo del credito o sul rally dei prezzi delle materie prime”, afferma l’esperto
Vishal Gupta, alla guida della strategia Emerging Markets Leaders di Morgan Stanley Investment Management
Il portfolio manager protagonista della rubrica “Alla ricerca di Alpha” di questa settimana è Vishal Gupta, alla guida della strategia Emerging Markets Leaders di Morgan Stanley Investment Management dal 2014. Il fondo – che può contare su un track-record di 10 anni (è stato lanciato nel 2011) – si confronta con l’indice MSCI Emerging Markets come benchmark. Il rating assegnato da Morningstar è di 5 stelle.
Gupta condivide con FocusRisparmio alcune riflessioni sul nuovo assetto dei mercati emergenti e individua le aree di business dove poter individuare opportunità di rendimento nei prossimi anni.
Quali sono le opportunità offerte oggi dai mercati emergenti?
Molti investitori guardano ancora ai mercati emergenti come un’unica asset class, noi di MS crediamo che questo modo tradizionale di categorizzarli non sia più valido, specialmente dopo aver assistito alla crisi finanziaria globale. La crescita dei mercati emergenti non si basa più sulla globalizzazione, sul ciclo del credito o sul rally dei prezzi delle materie prime ma sulle opportunità di espansione strutturale delle economie domestiche nei grandi mercati di dimensioni continentali. Crediamo che in quei mercati di dimensioni continentali, i trend di cambiamento nel lungo termine dovrebbero continuare a favorire la crescita nonostante le tendenze di deglobalizzazione o il rallentamento dell’afflusso di capitali stranieri. Per esempio, l’aumento della spesa nel segmento Athleisure (ovvero indossare capi creati per lo sport nella vita di tutti i giorni) dovrebbe continuare a crescere man mano che sempre più consumatori e paesi si concentrano sulla prevenzione e sul sostegno di uno stile di vita più attivo. La digitalizzazione crescente in ogni ambito, la tendenza alla localizzazione (sia nella produzione che nei marchi) e il consolidamento dei mercati sono alcune delle tematiche che crediamo offrano grandi opportunità di investimento. Ma siamo anche consapevoli dei rischi che emergono in questi mercati.
E i rischi che monitorate più da vicino?
La volatilità sui mercati e le dinamiche dei paesi emergenti non sono fenomeni estranei l’uno all’altro. Questo è uno dei motivi per cui abbiamo esposizioni bilanciate sia a livello nazionale che tematico. Anche quando la Cina rappresentava più del 40% dell’indice EM all’inizio del 2021, avevamo intenzionalmente mantenuto la nostra esposizione a circa un terzo del portafoglio. E anche se gestiamo una strategia attiva e concentrata, i nostri investimenti coprono 10-12 sottotemi in modo che nessuna tematica di investimento o paese determini la performance. Sebbene non sia stato un problema specifico dei mercati emergenti, le interruzioni della supply chain si sono protratte più a lungo di quanto avevamo inizialmente previsto; come conseguenza i nostri investimenti ne hanno, da un lato, beneficiato (grazie alla localizzazione) e, dall’altro, sofferto (brand locali) a causa di questo problema. Lo stesso vale per la situazione relativa al Covid19 nei mercati emergenti, che sono generalmente in ritardo di 6-9 mesi rispetto ai mercati sviluppati in termini di tassi di vaccinazione.
Quali sono i criteri che utilizzate per selezionare le aziende da inserire nei portafogli?
Cerchiamo tematiche strutturali con 7-10 anni di crescita attesa e cerchiamo di investire in aziende con una forte visibilità sugli utili. Cerchiamo aziende che forniscano almeno il 15% di ritorno sul capitale investito e il 15% di crescita composta degli utili per i prossimi 3-5 anni con bilanci in ordine. Il management dovrebbe avere una buona reputazione e la volontà di impegnarsi con noi come azionisti di minoranza. L’attenzione alla storia della società è molto alta in quanto cerchiamo leader di settore che siano aziende numero uno o numero due nei loro campi. Cerchiamo anche aziende che offrono le migliori opportunità di intercettare la crescita nei mercati emergenti, indipendentemente da dove sono quotate. Per esempio, abbiamo investito in società per le quali più del 90% dei ricavi deriva dalle vendite sui mercati emergenti, ma che sono quotate su listini che non rientrano nella classificazione tradizionale dei paesi emergenti.
In termini di trasparenza e di governance come si presenta la situazione delle aziende dell’area? E sulla sostenibilità a che punto sono?
Le società quotate in paesi sviluppati ma il cui principale business e nei mercati emergenti tendono a mostrare una governance più forte e una maggiore trasparenza, ma anche per le società quotate nei mercati emergenti i due fattori sono migliorati notevolmente nel corso degli anni. Parte di questo progresso, secondo noi, è stato determinato dall’attenzione alle tematiche Esg da parte degli investitori. Fin dall’inizio, ci siamo concentrati su aziende con una forte governance. Data la nostra attenzione al consumatore e l’importanza che attribuiamo ai brand (sia a livello di prodotti che di servizi), abbiamo cercato di identificare i potenziali rischi che possono derivare da questioni sociali o ambientali. Abbiamo visto troppi casi in cui i brand aziendali sono stati irrimediabilmente danneggiati a causa di questioni sociali o ambientali. In questo percorso di miglioramento continuo, le aziende stanno ora comprendendo come i metodi di produzione sostenibile non solo aiutano dal punto di vista dei costi (uso di energia rinnovabile, materie prime riciclate e risparmio di acqua) ma anche dal punto di vista delle entrate (prezzi premium per i materiali riciclati) in quanto i consumatori tendono a scegliere prodotti allineati ai loro valori.
In questa fase di mercato su quali settori vi state concentrando?
Cerchiamo di investire in aziende con una buona visibilità sugli utili, il che significa che non investiamo in commodities, fonti energetiche o aziende cicliche (a meno che non crediamo che si tratti di cicli strutturali pluriennali). Questo significa che ci concentriamo principalmente su quattro settori: consumers, finanza, sanità e tecnologia.
Ci sono singoli paesi che secondo lei hanno un potenziale di crescita maggiore? Quali sono le società che reputa più interessanti e perché?
In generale, crediamo che questi mercati di dimensioni continentali (Grande Cina, India, Indonesia e Brasile) offrano oggi le migliori opportunità. Tuttavia, con la quotazione di nuove società e l’emergere di nuove tematiche, siamo alla ricerca di nuove tendenze e filoni d’investimento. Uno dei trend che seguiamo maggiormente è l’aumento dell’outsourcing dei servizi IT digitali, un settore che ha già beneficiato di circa il 20% di crescita composta negli ultimi 4-5 anni; la pandemia ha accelerato la domanda di digitalizzazione in quanto le aziende hanno fatto leva nel mondo post-pandemico sull’accelerazione della domanda e sull’accettazione della digitalizzazione da parte dei consumatori. Questa trasformazione digitale probabilmente continuerà e, poiché le esigenze delle aziende diventano più sofisticate, le società di servizi IT digitali che sono in grado di offrire soluzioni native di alto livello dovrebbero continuare a crescere.
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