Francoforte non dà alcuna indicazione sul futuro. Per gli analisti ci sarà un’altra sforbiciata a dicembre, ma la velocità dell’allentamento non è prevedibile
Dal problema prezzi a quello della crescita. Come atteso dai mercati, la Banca centrale europea ha ridotto per la terza volta il costo del denaro dell’Eurozona di 25 punti base, fiduciosa di “un processo di disinflazione ben avviato” e nella speranza di rianimare un’economia stagnante. Il primo taglio ‘back to back’ in tredici anni porta così il tasso sui depositi al 3,25%, quello sulle operazioni di rifinanziamento principali al 3,40% e quello sui prestiti marginali al 3,65%.
La continua discesa dell’inflazione (Eurostat ha appena rivisto il dato di settembre all’1,7%, dall’1,8% della stima flash) e “un’attività economica in qualche modo più debole del previsto” con “rischi orientati al ribasso”, hanno insomma convinto il board della BCE ad agire. Ma la rottura del consueto schema trimestrale, che vede gli interventi sui tassi in concomitanza con la pubblicazione delle stime trimestrali di Francoforte, non presuppone una strategia. Per il futuro, infatti, ogni scelta resta sul tavolo: tutto dipende dai dati e le decisioni verranno prese riunione per riunione. Tanto più che, come sottolineato dalla presidente Christine Lagarde, non c’è nessuna recessione all’orizzonte: l’attesa è infatti che l’economia di Eurolandia si rafforzi nel tempo grazie alla ripresa dei consumi. “Lo scenario di un soft landing rimane valido”, ha scandito la numero uno dell’Eurotower.
La view dei gestori
Secondo Martina Daga, macro economist di AcomeA SGR, il fatto che la decisione sia stata unanime è una chiara dimostrazione dell’approccio strettamente data dependent e meeting-by-meeting. “Le prossime scelte dipenderanno dalle aspettative di inflazione, dalle dinamiche dell’indice core e dalla forza del meccanismo di trasmissione di politica monetaria”, sottolinea.
Mauro Valle, head of fixed income di Generali Asset Management, fa notare come l’atteggiamento di Lagarde sia stato un po’ più dovish delle aspettative, avendo evidenziato l’assenza di dubbi sul trend al ribasso dei prezzi e avendo fatto intendere che si potrebbe arrivare al target del 2% prima del previsto. “Anche il rischio di una crescita debole sembra essere ben presente all’interno del board: per certi aspetti si può pensare che anche la BCE, al pari della Fed, si stia orientando ad essere più reattiva al quadro macroeconomico per ridurre il rischio di un eccessivo rallentamento”, osserva. A suo parere, avendo riconosciuto che la politica monetaria è ancora restrittiva, Lagarde dovrebbe quindi continuare a tagliare ancora nei prossimi meeting. E il terminal rate potrebbe essere raggiunto prima del previsto. “Da vedere se livello finale sarà al 2.0%, come il mercato prezzava nelle settimane scorse, o più basso”, precisa.
Tomasz Wieladek, chief european economist di T. Rowe Price, evidenzia come il linguaggio utilizzato nello statement sia stato più equilibrato di quanto i mercati si aspettassero. A suo parere, si tratta di un segnale che Francoforte vuole mantenere tutte le opzioni sul tavolo, ma anche che gli eventi e i dati politici determineranno la reazione di dicembre. “Ad esempio, se la minaccia dei dazi statunitensi dovesse portare a un indebolimento delle indagini congiunturali nell’Area, rafforzando l’idea che stia rapidamente scivolando in recessione, la BCE potrebbe tagliare i tassi di 50 punti base in una delle prossime riunioni”, chiarisce. Aggiungendo che, al contrario, se fosse improbabile un cambiamento della politica dei dazi USA nei confronti dei beni europei, un rimbalzo della fiducia e indagini più incisive sulle imprese potrebbero indurre la BCE a passare nuovamente a sforbiciate graduali. “Alla luce di questi rischi significativi nei prossimi mesi, il taglio di oggi dovrebbe essere interpretato come un taglio ‘assicurativo’”, afferma.
Nicolas Forest, cio di Candriam, pur sottolineando che decisivi saranno i dati in uscita nelle prossime settimane, si aspetta un altro intervento a dicembre. “Sebbene le politiche di sostegno attuate dalla Cina e l’ultima indagine sui prestiti bancari della BCE possano offrire una certa spinta, l’economia tedesca si sta contraendo, il settore manifatturiero è in difficoltà e le elezioni statunitensi sono sempre più vicine”, argomenta. Anche per Forest, un altro rischio negativo è rappresentato dai dazi commerciali.
Secondo Konstantin Veit, portfolio manager di Pimco, data l’inflazione interna ancora elevata, che riflette in gran parte le pressioni sui prezzi nel settore dei servizi, la politica monetaria rimarrà per ora restrittiva. E sarà il flusso di dati dei prossimi mesi a decidere la velocità con cui Lagarde continuerà a tagliare. “Ci aspettiamo che il Consiglio direttivo discuta della configurazione appropriata del tasso di riferimento neutrale l’anno prossimo, quando questo scenderà al di sotto del 3%”, spiega. La sua previsione è di un nuovo taglio a dicembre e di un tasso terminale di circa l’1,85% per la seconda metà del prossimo anno.
Felix Feather, economista di abrdn, prevede tre ulteriori riduzioni del costo del denaro entro marzo 2025. Ma avverte che, nel caso di uno shock inflazionistico derivante dalle tensioni in Medio Oriente, l’Eurotower potrebbe essere indotto a muoversi con maggiore cautela. “Per contro, potrebbe tagliare i tassi in modo più aggressivo se si dovesse entrare in recessione”, precisa.
Anche David Zahn, head of european fixed income di Franklin Templeton, si aspetta una sforbiciata di 25 punti base per Natale. Ma non sottovaluta i segnali che indicano una possibile ripresa dei prezzi verso fine 2024. “Tale scenario potrebbe portare la BCE ad adottare un approccio più cauto. E ciò potrebbe essere visto come un errore poiché l’inflazione tornerà sotto l’obiettivo nel 2025, supportando ulteriori tagli”. In ogni caso, secondo l’esperto, “con questo contesto monetario il reddito fisso europeo appare attraente, dal momento che dovrebbe esserci una banca centrale ‘supportive’ per un certo tempo”.
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