Convergenza nella supervisione, tutte le sfide di Esma nel 2020
L'Authority ha pubblicato il suo Annual report, in cui elenca le sfide e i risultati ottenuti in un anno particolarmente difficile, tra impatti della pandemia e conseguenze della Brexit
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Il Pan European Banking Meeting Macro Trends in Financial Markets – 2022 Fall Conference, organizzata dall’Associazione degli Operatori dei Mercati Finanziari ha riunito gli scorsi 20 e 21 ottobre al Centro Congressi Fondazione Cariplo di Milano alcuni tra i principali attori dell’industria. Volatilità, inflazione, shock energetico e materie prime sono stati i temi fondamentali del dibattito, come spiega Marco Bertotti, tesoriere di AssiomForex: “L’agenda di quest’anno verte su argomenti alti, infrastrutturali e regolamentari, senza dimenticare la contingenza e le peculiarità dei mercati che mai come in questa fase autunnale si presentano volatili e sfidanti, alla luce dell’importante processo di normalizzazione delle politiche monetarie in atto da mesi da parte delle principali banche centrali” afferma.
Secondo le proiezioni presentate, l’inflazione in Europa dovrebbe raggiungere il picco all’inizio del 2023. Qui, a differenza degli Stati Uniti, la politica monetaria può limitarsi a scoraggiare un recupero di potere d’acquisto troppo ampio e una traslazione troppo intensa dei rincari per cui si stima che l’economia si contrarrà autonomamente nei prossimi mesi proprio per le ripercussioni dello shock energetico. Nell’intera area euro, ricordano gli esperti, sono stati varati aiuti per oltre 250 miliardi di euro (pari a circa il 2% del Pil) ma, a loro giudizio, non saranno sufficienti a proteggere completamente i consumatori e le imprese dagli aumenti dei prezzi. “La politica monetaria restrittiva dovrebbe causare una modesta contrazione di Pil, investimenti e consumi nella parte centrale del 2023. Dopo aver portato i tassi intorno al 2%, anche la Bce potrebbe far partire la riduzione del bilancio in due fasi: una prima, con misure per favorire il rimborso del credito Tltro e dal secondo trimestre del prossimo anno attraverso la riduzione dei reinvestimenti App”, sostiene Luca Mezzomo, responsabile dell’Analisi Macroeconomica di Intesa Sanpaolo.
Nel frattempo, come ricorda Massimo Bonisoli, senior equity financial analyst di Equita Sim, le società del settore oil&gas quest’anno chiuderanno un 2022 record con una generazione di cassa che ha quadruplicato la media degli ultimi quarant’anni. Utili che verranno restituiti agli azionisti principalmente per dividendi e buy back. Intanto, ricorda l’esperto, gli investimenti nelle rinnovabili hanno ormai raggiunto e di poco superato gli investimenti del settore idrocarburi. Tuttavia, nonostante i forti investimenti, si stima che nel 2025 le fonti rinnovabili raggiungano solo il 14-18% della generazione globale. Per le Oil companies, l’investimento sulle rinnovabili rappresenta ancora una frazione tra il 10 e il 30% degli investimenti complessivi. La perdita di flessibilità dei sistemi energetici crea una tensione che si scaricherà anche in futuro sui prezzi riducendo la domanda. L’incremento della capacità delle rinnovabili per loro natura intermittenti aggiunge ulteriore rigidità e necessita di essere accompagnato da fonti di generazione (come il gas) e stoccaggio (batterie o idrogeno) più flessibili.
A questo si aggiunga un percorso di sostituzione del petrolio ancora lontano visto che l’elettrificazione delle auto è responsabile solo in parte del processo di transizione, mentre gli altri sistemi di trasporto non dispongono ancora di tecnologie immediatamente commerciali. In questo contesto si prevede quindi che l’attuale scenario continui a prevalere e il sistema mantenga un gap di offerta che si tradurrà in un periodico sotto- approvvigionamento, in un aumento dell’inflazione da energia con alternanza di fasi recessive per riequilibrare i fondamentali del mercato.
Scendendo più nel dettaglio degli strumenti finanziari grazie all’intervento di Carmine Calamello, head of brokerage & Execution di Banca Imi, il convegno ha fatto anche il punto anche sui derivati listati che, secondo i dati forniti, hanno superato i 52 miliardi di contratti (in aumento del 33% rispetto al 2021) grazie al sostanziale raddoppio del mercato italiano che, da solo, ha finora rappresentano il 45% del totale dei lotti scambiati.
Anche su questo fronte la volatilità è stata protagonista ma, ironia della sorte, la negoziazione dei prodotti benchmark legati alla volatilità (come vvx option, vix futures, Vstoxx mini futures, Vistoxx options) è restata sostanzialmente invariata. Tra i mercati più vivaci per quanto riguarda i derivati listati si è distinto quello italiano trainato dagli equity index future e dalle sso (single stock option) a loro volta collegate a movimenti societari (regina, in questo caso, è stata Generali). Da notare infine che il fronte Esg nonostante abbia registrato una crescita dell’11,6% sul 2021 rappresenti a tutt’oggi una porzione ancora residua del mercato globale dei derivati listati, con nemmeno 3 milioni di lotti.
La due giorni milanese di AssiomForex peraltro è stata anche l’occasione, grazie alla presenza di Patrizia Celia e Massimo Giorgini di Euronext oltre a Marco Polito, amministratore delegato di Euronext Clearing, per tirare le fila a due anni esatti dall’annuncio dell’acquisizione di Piazza Affari da parte di Euronext. Il circuito pan europeo, nonostante mesi particolarmente impegnativi tra Covid e guerra, con le sue 38 Ipo (oltre a 3 spac) risulta tra i più attrattivi a livello mondiale per le debuttanti alle spalle del solo Nasdaq (45 Ipo oltre a 59 spac), precedendo persino il New York Stock Exchance (8 Ipo e 11 spac). Non solo: secondo quanto riportato dalla presentazione le quotazioni più rilevanti di Euronext e Nasdaq sono comparabili sia in termini di raccolta (Var Energy, Tecnoprobe e De Nora per Euronext e, tra l’altro, Tpg e Gores Holding II per il listino Usa) che di capitalizzazione (Var Energy, Technoprobe e Iveco Group per gli europei, Tpg, ProFrac e Credo per il Nasdaq) e svettano sui debutti del 2022 avvenuti sul Nyse. Euronext, di cui oltra a Piazza Affari fanno parte Lisbona, Dublino, Oslo, Bruxelles, Amsterdam e Parigi, secondo i dati presentati nel corso dell’intervento, vanta una capitalizzazione aggregata che sfiora i 6.000 miliardi di euro, praticamente il doppio rispetto a Londra (in precedenza la Borsa Italiana era controllata proprio dal London Stock Exchange) e all’incirca il triplo rispetto a Francoforte. Pesi massimi in Euronext sono Parigi (con 3.100 miliardi di capitalizzazione e 835 società quotate), Amsterdam (con una capitalizzazione di 1.200 miliardi e 139 società) e, seppure a distanza, Milano (con 642 miliardi di capitalizzazione e 411 società presenti sul listino).
L’approfondimento ha poi posto l’attenzione sul marcato rallentamento che il primo semestre di quest’anno ha registrato sulle quotazioni. In particolare, Borsa italiana sinora ha ammesso alle contrattazioni 21 matricole (17 sull’Euronext Growth Milan) rispetto alle 49 del 2021 (tra cui comunque big come la multinazionale elettrochimica Industrie De Nora, Iveco Group, la società di semiconduttori Technoprobe) con una raccolta complessiva di 1,4 miliardi (meno della metà rispetto ai dodici mesi del 2021). Piazza Affari è stata anche la Borsa che ha messo a segno il maggior turnover con i volumi più bassi, confermando come i nuovi 185.000 trader arrivati sul mercato nel corso del lockdown risultino ancora attivi.
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