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Dall’Osservatorio sottoscrittori di Assogestioni emerge come il gender gap tra i clienti dell’industria stia calando non senza criticità. Le più coinvolte sono le over 60, mentre le nuove generazioni hanno ancora strada da fare. Fondi flessibili ed Esg i driver per i gestori. Senza dimenticare educazione e social
Un problema strutturale destinato ad esaurirsi ma sul quale gli operatori del settore hanno ancora da lavorare, specie nell’ottica di ampliare la propria base clienti e risolvere alcuni corti circuiti nascosti dietro ai dati. È questa l’attuale portata di una delle maggiori criticità che ancora affliggono il risparmio gestito italiano: il divario di genere. A restituirla l’ultima edizione dell’Osservatorio sottoscrittori, il rapporto con cui Assogestioni monitora dinamiche e salute del mercato dei fondi comuni di investimento. La ricerca, presentata dall’associazione degli asset manager al Salone del Risparmio 2023, ha infatti evidenziato come la percentuale di investitrici donne si stia avvicinando sempre di più a quella maschile sia pur a fronte di asset allocation diverse e di un maggiore coinvolgimento nelle fasce di età avanzate anziché presso le nuove generazioni. Due dati che impongono ai gestori riflessioni su strategie e offerta commerciale.
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La studio realizzato dall’Ufficio Studi di Assogestioni ha innanzitutto restituito l’istantanea di un’industria in salute. “Il campione analizzato rappresenta la quasi totalità dei fondi italiani nel 2022, per un valore di 180 miliardi di euro”, afferma il Senior Research Analyst dell’Associazione Riccardo Morassut. Che aggiunte: “Contando anche il 65% di copertura sui prodotti esteri (220 miliardi), il patrimonio intermediato raggiunge i 400 miliardi su un mercato complessivo di 520”. Un dato che corrisponde a 11,5 milioni di sottoscrittori, gli stessi del 2021 nonostante nel mezzo ci sia stato uno dei periodi più difficili dei mercati finanziari. Ed è in questa esatta cornice che vanno inquadrati i dati sulla partecipazione femminile.
La quota di portafogli in rosa a fine 2022 si attesta sul 47% del totale contro il 53% riconducibile agli uomini, a costituire una comunità di circa 5,5 milioni di risparmiatrici. Numeri stazionari se confrontati con l’anno precedente, ma che dicono ben altro quando vengono proiettati su un orizzonte temporale più esteso: nel 2002, lo stesso rapporto era infatti del 58%-42%. “In 20 anni il gap si è ridotto dal 16% al 6% e pensiamo che presto si raggiungerà la piena parità”, sottolinea Morassut. La forbice si fa leggermente più ampia in materia di ammontare investito, pur risultando comunque in miglioramento rispetto al passato: se a fine 2021 l’investimento medio maschile era di 55mila euro e quello femminile si fermava a 50mila, un anno dopo le stesse voci recitano rispettivamente 47mila e 43mila.
Figura 1 – Investimento medio di uomini e donne
Fonte: Assogestioni
Per Mario Romano, direttore investimenti di Sella SGR, numeri simili testimoniano un passo avanti ma “la strada da fare è ancora molta”. Nell’ottica del manager, infatti, non è tanto l’attenzione al risparmio a incidere sull’accesso all’industria quanto piuttosto un fattore di natura strutturale: “L’atavica maggiore disponibilità di denaro o di reddito, a parità di mansioni, a favore degli uomini”. Da qui, la necessità di un intervento che vada oltre i confini del settore. Sulla stessa linea anche Paolo Magnani, coordinatore area wealth management del Gruppo Credem, che cita un dato su tutti: “Tre donne italiane su dieci non hanno un proprio conto corrente”. Insomma, è la sua linea, “l’istantanea appare certamente positiva se si considera che il Paese vede altre statistiche molto meno incoraggianti sotto lo stesso profilo: occupazione femminile, retribuzione, educazione finanziaria”. Il confronto con l’estero è invece la chiave che porta Andrea Mottarelli a vedere il bicchiere mezzo pieno. Dalla sua prospettiva, il country head Italia di Dws nota infatti come la situazione della Penisola appaia migliore che altrove: “Esistono ancora differenze di patrimonio, che naturalmente si riflettono sulla capacità di investire, ma sono destinate ad assottigliarsi sempre di più”.
Donne più caute
Ciò che davvero differenzia risparmiatrici e risparmiatori, con effetti anche per le strategie degli operatori, sembra essere la propensione al rischio. E, in questo senso, i dati Assogestioni parlano chiaro. L’asset allocation per genere evidenzia un portafoglio detenuto dalle donne più prudente, con la componente azionaria che decresce dal 27% al 20% in favore dei fondi bilanciati, obbligazionari e flessibili. Romano interpreta l’evidenza come il risultato di una maggiore attitudine alla delega e riconduce il diverso approccio alla solita questione: “Differenti salariali e patrimoni ridotti possono portare a maggiore prudenza e una minore disponibilità”. Gli fa eco Magnani, che cita un dato su tutti: le donne hanno iniziato a occuparsi abitualmente di finanza e investimenti in tempi più recenti. Di “atteggiamento maturo, consapevole e al passo con i tempi” parla Mottarelli. Che aggiunge: “Studi mostrano maggiore cautela dell’investitore donna, così come maggiore attenzione alla programmazione di lungo termine delle esigenze finanziarie familiari”.
Figura 2 – Asset allocation per uomini e donne
Fonte: Assogestioni
Da qui, quella che il country head individua come prima esigenza sul fronte commerciale: strutturare un’offerta per intercettare esigenze di pianificazione particolarmente accentuate. “Abbiamo una vasta gamma di soluzioni orientate alla conservazione e alla crescita graduale del patrimonio”, spiega, “come una strategia flessibile a controllo del rischio chiamata Dws Concept Kaldemorgen”. C’è poi il tema della sostenibilità, che Romano riconosce essere più nelle corde femminili: “Con i fondi Esg rispondiamo alla sensibilità delle clienti ai problemi sociali ma offriamo anche un investimento che valuta la governance delle aziende e quindi non può prescindere dall’attenzione alla parità di genere o al rispetto delle diversità”. E se nessuna delle tre case prevede meccanismi di collocamento o segmentazione differenziati, tutte concordano che la terza leva per attrarre il risparmio in rosa risieda all’interno dell’industria stessa: negli organici. “Poniamo sempre più attenzione all’articolazione dei nostri team di gestione per una maggiore presenza femminile tra chi si occupa di portfolio management”, chiarisce a riguardo Mottarelli.
Guardando all’Osservatorio, si nota come…
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