Come sarà il mondo finanziario tra 20 anni? Come si posiziona Alex Koagne, fund manager di ODDO BHF Future of Finance, strumento investe sulle società leader dell’industria dei pagamenti, del fintech, e delle banche tradizionali.
Come sarà il mondo finanziario tra 20 anni? Quali saranno le realtà e settori in grado di porsi dal lato giusto della disruption? Alex Koagne, fund manager di ODDO BHF Future of Finance, discute del tema con FocusRisparmio da una duplice prospettiva. Quella di chi è parte di questo settore e di chi gestisce un fondo di investimento proprio su questo tema.
L’idea di investimento del fondo parte dal presupposto che il futuro del sistema finanziario si trova in una fase di cambiamento più avanzata rispetto ad altri settori economici. Perché e come si traduce questo in un’opportunità di investimento?
Circa 20 anni fa, le banche avevano una posizione dominante in tutte le linee di business e lungo la catena del valore. C’erano pochi attori specializzati nel business dei pagamenti e con una penetrazione limitata nel resto delle attività. Ma oggi e in futuro, grazie all’innovazione e all’obiettivo di migliorare l’esperienza del cliente, vediamo una crescente penetrazione di attori specializzati e nuovi attori in tutte le attività e lungo tutta la catena del valore. Quindi, secondo noi, questi nuovi attori, comunemente chiamati “Fintech” stanno guadagnando quote di mercato rispetto alle banche e sono quindi esposti a una crescita secolare. Se le banche stanno crescendo meno, secondo la nostra analisi sono ancora redditizie e il loro capitale in eccesso può essere utilizzato per migliorare la digitalizzazione, investire in Fintech e offrire generosi dividendi agli azionisti. Quindi, stiamo investendo in Fintech per essere esposti alle tendenze di crescita secolare e nelle banche tradizionali per beneficiare di un generoso ritorno di capitale agli azionisti.
C’è una disputa tra le grandi aziende tecnologiche e il mondo bancario tradizionale? Se sì, a che punto è?
Beh, è una buona domanda, ma la risposta non è così facile come sembra. Come avrete notato le Big Tech generalmente non hanno una licenza bancaria perché non vogliono essere regolamentate da un punto di vista finanziario, dato che la conseguenza principale sarebbe quella di mettere da parte un sacco di capitale per affrontare il rischio che stanno assumendo. Ad oggi, le Big Tech sono più esposte a business come i pagamenti, e quando vogliono offrire prestiti, generalmente collaborano con le banche. Quindi, l’area di controversia è intorno a chi starà di fronte ai clienti? Le Big Tech o le banche? Le Big Tech tendono ad offrire una migliore esperienza al cliente, quindi tendono a vincere questa battaglia in particolare nel campo dei pagamenti. Ora, quando si tratta di sicurezza, KYC (l’insieme di procedure che devono essere attuate da alcuni istituti e professionisti per obbligo di legge e che servono per acquisire dati certi e informazioni sull’identità dei loro utenti e clienti, ndr) e assunzione di rischi, le banche stanno facendo un lavoro migliore delle Big Tech. Così, secondo noi, a lungo termine possiamo immaginare uno scenario in cui le Big Tech opereranno di fronte ai clienti, vendendo vari prodotti bancari, mentre le banche saranno attive maggiormente all’interno dei loro uffici occupandosi di KYC e sicurezza. In questo caso avrebbe senso parlare di partnership. Lo scenario alternativo vedrebbe le banche comprare Big Tech, ma dato il divario in termini di valutazioni a vantaggio di queste ultime, questo scenario risulta chiaramente troppo ottimistico.
Può spiegare brevemente la politica di investimento del fondo a partire dalle 4 aree identificate nei servizi finanziari (banche, pagamenti, servizi specializzati, disruptor)? Come sono rappresentate oggi e come è cambiato il contesto con la pandemia?
Il nostro universo di investimento globale è l’MSCI ACWI Financials Index Net Return ed è di circa 472 titoli distribuiti in quei 4 settori. Applichiamo dei filtri quantitativi su criteri come liquidità, valutazione, EPS momentum, che ridurranno il nostro universo. Successivamente procediamo ad un’analisi fondamentale sia con un approccio top down che bottom up, che ci aiuterà a costruire un portafoglio di 40-60 titoli. Quando si arriva all’allocation, il nostro approccio è più Value vs Growth rispetto alla distribuzione tra quei 4 settori. Per esempio, ritenendo che siamo in un ciclo di rialzi dei tassi, tendiamo ad essere più esposti al valore rispetto alla crescita. Di conseguenza, siamo più esposti a banche e assicurazioni rispetto a servizi finanziari specializzati e disruptor.
Ha senso oggi fare considerazioni geografiche sull’innovatività dei servizi finanziari o non c’è altro modo che adottare un approccio globale? Come viene investito il portafoglio oggi?
Pensiamo che l’approccio globale sia più rilevante, anche se alcuni paesi sono più avanzati di altri. Ad oggi, siamo più esposti al Nord America, poi all’Europa e poi all’Asia. La nostra esposizione all’Asia è limitata principalmente a causa della stretta normativa in Cina, una volta che questo vicenda sarà finita, potremmo riconsiderare il livello della nostra esposizione.
Come ha risposto il fondo alla volatilità dei primi mesi del 2022 e come i cambiamenti del contesto d’investimento, in particolare l’inflazione, altereranno, o hanno già alterato, la composizione del portafoglio?
La nuova strategia è stata lanciata il 15 settembre 2021. Da allora, siamo piatti, ma al di sotto del nostro Bench (MSCI AC Financials), poiché siamo stati penalizzati dalla nostra esposizione ai titoli in crescita. Dall’inizio della nuova strategia, abbiamo aumentato la nostra esposizione al valore rispetto alla crescita per essere più esposti al ciclo dei tassi elevati.
**
Alla ricerca di Alpha è la rubrica di FocusRisparmio.com dedicata ai fund manager. Ogni lunedì, con l’aiuto degli esperti del settore, vengono messi sotto la lente i fatti recenti più significativi e gli impatti sui portafogli da essi gestiti con una visione impostata sul medio e lungo termine.
Con la nuova amministrazione USA possibile, secondo Daniel Moreno di Mirabaud AM, uno shock inflazionistico (anche se una tantum). Con gli investitori che faticano a tornare sull’asset class, le opportunità rischiano di svanire. Turchia e Argentina su tutte ma serve selettività
Alexandra Ivanova, fund manager di Invesco Global Income Fund, gestisce una delle strategie f lagship della casa, molto nota in Italia. Il fondo ha festeggiato nel 2024 i dieci anni di attività. Ecco come l'esperta li ha raccontati a FocusRisparmio
Per Dan Ivascyn, group cio di PIMCO, il mercato ha buone prospettive ma va approcciato con selettività e gestione attiva per sfruttare al meglio i prossimi tagli ai tassi. Dalla duration al ruolo dei mutui e del credito, la ricetta della Strategia Income
Per David Miller, gestore di Morgan Stanley IM, l’asset class sta colmando il vuoto lasciato dai prestiti bancari e diventerà parte integrante dei portafogli. Soprattutto in sostituzione dei titoli di Stato. Dal focus sul mid-market alla qualità, ecco come costruire un’esposizione vincente
Per Tom Lemaigre di Janus Henderson, i tassi hanno imboccato la strada giusta e i dazi non sono un problema ma un'occasione. Dalle big cap ai settori strategici fino allo stile misto, i segreti del fondo Paneuropean
Un approfondimento sul comparto Additional Tier 1 con il contributo di Luca Evangelisti, head of Credit Research e gestore del Jupiter Financials Contingent Capital Fund. Come funzionano e che rapporto rischio/rendimento offrono i contingent convertible bond (CoCos / AT1s)
L’economia americana si conferma solida. Ma sullo sfondo resta il rischio che una vittoria di Trump porti a politiche capaci di riaccendere l’inflazione. Positivi gli stimoli di Pechino, mentre l’Europa va verso la ripresa. Dai bond al dollaro, la ricetta di Andrea Delitala (Pictet AM) per sfidare la volatilità
Secondo Greg Peters, co-cio di PGIM Fixed Income, non mancano gli ingredienti per ottenere rendimenti favorevoli positivi dall’asset class. Merito di tassi in calo e del quadro macro. Investment grade e credito di qualità i segmenti su cui puntare
Per Cosimo Marasciulo, head of Fixed Income di Amundi SGR, il taglio FED alimenta una nuova stagione per il reddito fisso. Investment grade ed emergenti i settori su cui puntare, ma attenzione ai rischi geopolitici
Per Salib di Federated Hermes, il mercato è pronto a decollare. Eppure, cercare a ogni costo la massima perfomance può essere controproducente. Meglio investire su più segmenti e ridurre i rischi. Dagli emergenti agli immobili, ecco quali e come cavalcarli
Per Tony Appiah, client portfolio manager di Nuveen, il taglio della FED non intacca lo smalto dei prestiti sindacati americani. “Versatilità, rendimenti elevati e bassi rischi i punti di forza dell’asset class”. Che dovrebbe interessare soprattutto gli investitori europei
Iscriviti per ricevere gratis il magazine FocusRisparmio