Dai ‘portafogli modello’ ai consigli via internet e social media: quando dare informazioni diviene una prestazione consulenziale
Massimo Scolari, presidente Ascofind
Tra fornire semplici informazioni e formulare consigli di investimento vi è un confine a volte piuttosto sottile. Ma è un confine importante perché distingue il campo di un’attività libera, l’informazione finanziaria, da quello di un’attività soggetta a riserva, ossia la consulenza in materia di investimenti.
La direttiva MiFID opera una prima distinzione in questo senso. E, rispetto ad essa, va notato come l’iniziativa assunta dal cliente non costituisca una discriminante poiché la normativa ritiene che una raccomandazione di investimento possa essere formulata su iniziativa sia dell’impresa sia dell’investitore. Le informazioni, d’altro canto, comportano affermazioni di fatti o numeri. A livello generale, fornire semplicemente dati oggettivi senza esprimere commenti, giudizi di valore o suggerimenti sulla loro rilevanza per l’investitore, non viene dunque considerata una raccomandazione.
Una raccomandazione richiede, per essere tale, un elemento di suggerimento implicito o esplicito da parte del consulente. Mentre il fatto che, nell’essere fornita, sia stata esplicitata necessariamente all’investitore non rileva ai fini di classificarla come tale.
Quando la fornitura di informazioni a un cliente può costituire una raccomandazione?
Dare informazioni può equivalere a fornire una raccomandazione se le circostanze in cui tali informazioni vengono comunicate conferiscono loro tale qualifica. Questo significa che, qualora un’impresa non volesse raccomandare nulla a un cliente, non potrebbe far leva sull’assenza di una dichiarazione esplicita in merito al tipo di comportamento (ad esempio, “acquista” e “vendi” o “mantieni”). Questo fatto, infatti, non incide ai fini della qualificazione in tal senso, per la quale è sufficiente anche solo una semplice indicazione del comportamento suggerito in modo indiretto e implicito.
Sulla scorta di tale criterio, una società fornisce raccomandazioni implicite quando le informazioni diventano soggettive, cioè tali da condurre effettivamente il cliente a uno o più prodotti particolari. Un caso è quello in cui viene posta particolare enfasi sui vantaggi relativi di uno strumento in un modo da influenzare la decisione dell’utente di selezionare quello e non altri. Altro esempio viene dall’azienda che trasmette informazioni su un prodotto preselezionato, aggiungendo che si tratta di un “best in class” rispetto ai suoi pari oppure che ha vinto numerosi premi e ha elevate valutazioni da parte di noti fornitori di dati. In tutti questi casi, il contesto le informazioni sono presentate potrebbe equivalere a una raccomandazione personale a un cliente.
Portafogli modello e consulenza in materia di investimenti
In rete sono presenti numerosi siti che forniscono ai propri utenti “portafogli modello” costituiti da strumenti finanziari. Questa pratica può parimenti costituire una consulenza in materia di investimenti in funzione delle circostanze particolari della proposta. Anche se diversi fattori devono essere valutati ci volta in volta per determinare se sia effettivamente così. Ad esempio, rientra nella casistica sopra menzionata la situazione in cui il portale di un’impresa permetta agli investitori di determinare il proprio profilo di investimento (dinamico, conservativo o di altro tipo) e per ciascun profilo renda noto un portafoglio modello correlato composto da diversi strumenti finanziari. Non solo. Lo stesso potrebbe valere anche se la società, sempre sul web, raccogliesse informazioni sulla situazione di un investitore specifico e le usasse per elaborare un profilo di rischio a cui associare un particolare insieme di prodotti. Ma a una condizione: il fornitore dovrebbe presentare il portafoglio modello utilizzando frasi come “questo potrebbe essere appropriato per te”.
Le raccomandazioni formulate tramite Internet e social media
Le raccomandazioni di investimento non sono considerate tali se vengono esclusivamente rivolte al pubblico. Tuttavia, una raccomandazione trasmessa via internet o social media non si qualifica, di per sé stessa, come rivolta esclusivamente al pubblico. A riguardo, nel Considerando 14 del Regolamento Delegato MiFID II, si afferma quanto segue: “In considerazione del crescente numero di intermediari che forniscono raccomandazioni personali attraverso l’utilizzo di canali distributivi, è opportuno chiarire che una raccomandazione emessa, anche esclusivamente attraverso canali distributivi, quali Internet, potrebbe qualificarsi come raccomandazione personale. Pertanto, le situazioni in cui, ad esempio, la corrispondenza e-mail viene utilizzata per fornire raccomandazioni personali a una persona specifica … possono costituire consulenza in materia di investimenti.”
Una raccomandazione relativa a strumenti finanziari effettuata tramite siti Internet, app di investimento e/o social media (anche da influencer) può quindi essere considerata una raccomandazione personale e non rivolta esclusivamente al pubblico se ne sussistono le condizioni.
La consulenza ai gestori di portafogli
Affinché una raccomandazione di investimento sia considerata come consulenza in materia di investimento, deve essere rivolta a un cliente (effettivo o potenziale) oppure a una persona che agisce per suo conto. L’identificazione di questo secondo soggetto può risultare molto semplice quando si è in presenza di una procura, di una rappresentanza legale oppure di stretti legami famigliari.Vi sono circostanze, tuttavia, in cui non è sempre chiaro se sussista un rapporto di agenzia così qualificabile ai sensi dell’articolo 9 del regolamento delegato MiFID II. Accade, ad esempio, quando un’impresa fornisce una raccomandazione a un gestore di portafogli. Può infatti succedere che l’azienda in questione non fornisca consulenza in materia di investimenti al cliente del gestore di portafogli ma si limiti a esporre una raccomandazione generale di investimento (come una proposta di asset allocation oppure materiale di ricerca in materia di investimenti).
Tuttavia, possono verificarsi situazioni nelle quali un gestore di portafogli commissiona la consulenza per uno o più clienti a una terza parte, ad esempio un soggetto specializzato in una particolare area tematica, e, in tal modo, si configura come agente del o dei clienti. In simili circostanze, è importante che le imprese coinvolte siano chiare sul fatto che il gestore di portafoglio agisce per conto di un particolare utente (o di un particolare gruppo di utenti) e si assicurino che l’azienda incaricata alla prestazione di consulenza possieda le informazioni necessarie sui clienti coinvolti al fine di valutare l’adeguatezza delle raccomandazioni di investimento.
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