Un dialogo con Britta Borneff, chief marketing officer dell’associazione che riunisce gli asset manager attivi nel Paese, sui nodi ancora da sciogliere completare il dossier. “Da regolamentazione unica più rischi che opportunità”. E sul futuro dell’industria incideranno due trend: intelligenza artificiale e consolidamento
Britta Borneff, chief marketing officer di Alfi
Con le elezioni europee che hanno ridefinito gli equilibri, si fa sempre più acceso il dibattito attorno alla Capital Markets Union. Il progetto per integrare i mercati dei capitali del Vecchio Continente è infatti da mesi al centro delle discussioni ma, nonostante i contributi forniti in più sedi da personalità di spicco come Enrico Letta e Mario Draghi, ancora molti restano i punti di attrito fra i 27 Stati membri. A partire dall’opportunità di istituire un’autorità di vigilanza e regolamentazione unica o ampliare i poteri dell’European Securities and Markets Authority (Esma). Tra chi ha espresso le posizioni più nette in materia c’è il premier del Lussemburgo, che al Consiglio UE di aprile si è fatto capofila di 12 Paesi contrari a cedere una parte della propria sovranità in ambito finanziario. Ecco perché FocusRisparmio ha raggiunto Alfi, l’associazione lussemburghese dei fondi di investimento, per capire il punto di vista dell’industria sulla questione e come si potrebbe giungere a una mediazione. Un incontro che ha permesso di discutere con Britta Borneff, chief marketing officer dell’ente, anche del futuro del settore tra fenomeni consolidati e nuovi trend.
Da Enrico Letta a Mario Draghi, molti si sono spesi per sottolineare l’importanza della Capital Markets Union. Cosa pensate del progetto e quali evoluzioni vi auspicate?
Anche noi percepiamo la necessità di un mercato dei capitali integrato ed esteso a tutta l’Europa, perché in futuro sarà cruciale convogliare verso gli obiettivi strategici dell’Unione quei 14.000 miliardi di euro che ancora giacciono nei conti deposito o vengono detenuti dai risparmiatori sotto forma di liquidità. In questo senso, non possiamo dunque che trovarci d’accordo con Lettasull’idea di stimolare i fondi pensione a investire di più nell’economia reale o su quella di armonizzare i prodotti pensionistici europei a medio-lungo termine. D’altro canto, però, crediamo che questo risultato richieda maggiori sforzi sul fronte degli incentivi fiscali: si tratta infatti di una leva d’azione ancora troppo trascurata in sede di discussione comunitaria. Altro fattore che secondo noi aiuterà l’UE è l’euro digitale, indicato anche nella relazione come foriero di autonomia nelle transazioni finanziarie: con questo strumento sarà cioè possibile riportare entro …
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