Real estate, tech, politica. La view di Brendan Ahern, CIO di KraneShares, boutique di investimenti specializzata in ETF e focalizzata interamente sul mercato cinese. “Guardare alla Cina con le categorie interpretative canoniche spinge gli investitori a concentrarsi sul breve termine senza possibilità di cogliere il quadro globale”, afferma
Brendan Ahern, CIO di KraneShares
“Partiamo dall’assunto che da un punto di vista finanziario esistono due visioni della Cina. La prima emerge delle quotazioni delle azioni di aziende cinesi quotate a Hong Kong e New York e la seconda del mercato domestico delle A-Shares, le cui azioni sono detenute ancora per il 95% circa da investitori cinesi. Probabilmente la differenza fra ciò che si pensa della Cina al di fuori e ciò che si pensa all’interno del Paese non è mai stata così grande”.
Secondo Brendan Ahern, CIO di KraneShares, asset manager Usa con maggioranza cinese, specializzato in ETF che ha fatto il suo ingresso sul mercato italiano nel 2021 quotando sulla Borsa di Milano 2 dei 6 prodotti UCITS in gamma (il China Internet ETF -KWEB-, concentrato sulle internet company, e l’ ICBCCS SSE STAR Market 50 Index UCITS ETF –KSTR -, che insiste sull’innovazione scientifica e tecnologica), il motivo fondamentale è che gli investitori domestici sono per definizione più consapevoli della natura delle sfide dell’attuale panorama economico-finanziario. “Prendiamo ad esempio il caso Evergrande. Gli investitori cinesi non sono eccessivamente preoccupati perché sanno che Evergrande è troppo grande per fallire”, spiega.
Questo certamente rappresenta uno dei casi più controversi dei mercati globali nel 2021. Tendete ad escludere totalmente questa eventualità?
Non è possibile un default perché la società ha un ruolo sistemico e migliaia di progetti in corso in ogni parte della Cina che coinvolgono direttamente o indirettamente centinaia di milioni di persone. L’effetto di un default avrebbe un impatto inaccettabile sull’economia per il Governo che allo stesso tempo non ha alcuna intenzione di lasciar passare indenne un comportamento irresponsabile da parte di un’azienda di questa rilevanza. Ci saranno delle conseguenze pesanti sulla società che potrebbero portare persino ad uno smembramento della stessa ma non ci aspettiamo che questo possa avvenire in tempi stretti.
Oltre alle difficoltà del real estate, una fonte di preoccupazione riguarda le nuove regolamentazioni indirizzate anche alle internet companies, molto ricercate dagli investitori esteri. Anche qui c’è un’interpretazione distorta?
Noi siamo in disaccordo con chi spinge l’interpretazione di quello che sta accadendo fino ad affermare che l’azione del Governo cinese stia spingendo, consapevolmente o inconsapevolmente, le internet company cinese verso un ruolo residuale nel sistema economico del Paese. La cosa che molti osservatori esteri non riescono a cogliere fino in fondo è quanto, a prescindere dai movimenti dei prezzi delle azioni, queste società stiano crescendo. Ci sono aziende che dimensionalmente sono cresciute incredibilmente negli ultimi anni sebbene questo non abbia avuto conseguenze sulla quotazione di mercato.
Parte del problema è data dal considerare la Cina come una entità unitaria e indifferenziata e interpretare l’azione regolatoria come se fosse indirizzata verso singole entità come Baidu, Tencent o Alibaba. L’attività normativa in realtà viaggia in modo parallelo su settori specifici per opera di autorità differenti che si muovono a diverse velocità. Il continuo flusso di notizie sul tema ha costruito la convinzione errata di un’attività centralizzata di contrasto nei confronti di singole aziende che ha spinto molti esteri a disinvestire tanto che attualmente il sottopeso a livello globale sulla Cina rispetto agli indici MSCI sui mercati emergenti è cresciuto di diversi punti percentuali.
È però innegabile che la complessiva attività dei regolatori abbia subito una forte accelerazione nel corso del 2021.
Questo perché l’anno alle porte vedrà una serie di appuntamenti politici particolarmente rilevanti. Un primo fattore è dato dal ricambio generazionale che si attende nella classe dirigente di più alto rango del governo cinese. I funzionari tendono ad andare in pensione intorno ai 68 anni e questa soglia sarà raggiunta da molte figure di rilievo. Abbiamo in più il Congresso del Partito Comunista nell’autunno del 2022, e il possibile terzo mandato del presidente Xi e. La velocità dell’attività normativa è certamente almeno in parte dovuta a queste scadenze. Un fattore importante, poco noto all’estero, che ha determinato comportamenti non sempre giustificabili razionalmente da parte degli investitori e molto concentrati su singoli titoli piuttosto che sul quadro generale dell’economia cinese e su una reale prospettiva di lungo periodo.
Ci sono altri dati che gli investitori esteri dovrebbero tenere più in considerazione?
Per quanto riguarda il settore tecnologico sicuramente quello relativo ai buyback delle più importanti società. Solo Baidu, per citare un esempio, ha effettuato riacquisti per 3 miliardi di dollari di azioni nel 2021. Al netto di fattori di volatilità che riguardano in vario modo qualsiasi mercato, investire in Cina oggi permette di accedere ad una crescita, attuale e prospettica, difficilmente rintracciabile altrove. Il grado di conoscenza necessario per farlo richiede un tasso di specializzazione elevato e strategie in grado di gestire il contesto in cui si muovono riconoscendone le caratteristiche.
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