Per il manager gli investimenti realmente sostenibili devono avere un impatto concreto, misurabile, addizionale e di lungo periodo su tutti gli stakeholder. “Gli asset manager sono attenzionati a partire da quanto sono sostenibili essi stessi e devono esplicitare con chiarezza opportunità e rischi su tutte le tematiche, anche quelle più dibattute. Ne va della credibilità dell’intero settore”, afferma
Siamo entrati in una fase nella quale il solo fatto di dichiararsi sostenibili nell’industria degli investimenti non è più un elemento di differenziazione sufficiente per emergere e imporsi sul mercato.
I risparmiatori si sentono disorientati – come emerge dall’ aggiornamento del Rapporto Assogestioni-Censis presentato a dicembre – soprattutto in un periodo dove prevalgono discussioni e divisioni su temi delicati che toccano direttamente le tasche del cittadino.
“Purtroppo non basta più includere i fattori Esg nei processi d’investimento, bisogna passare allo step successivo, vale a dire la ricerca di un impatto concreto, misurabile, addizionale e di lungo periodo che i nostri investimenti possono avere su tutti gli stakeholder di un’azienda”, afferma Donato Savatteri, responsabile Sud Europa di T.Rowe Price, che in questa conversazione con FocusRisparmio spiega le ultime mosse della fund house di Baltimora sul mercato italiano.
Nuovo paradigma impact investing
Il punto di partenza, sostiene Savatteri, rimane una proposta commerciale forte “basata su modelli di analisi e reporting solidi e facilmente comunicabili al cliente”. E poi prese di posizione nette: sulla tassonomia si è recentemente aperta una spaccatura fra gli Stati europei sull’inclusione o meno di nucleare e gas naturale nel novero delle fonti energetiche che possono essere considerate sostenibili.
“Il ruolo delle società dell’asset management è quello di guidare e orientare le scelte d’investimento dei clienti e risparmiatori – aggiunge Savatteri – quindi ogni società deve esplicitare con chiarezza opportunità e rischi su tutte le tematiche, anche quelle più scomode. Ne va della credibilità dell’intero settore”.
Partiamo da qui: riguardo alle ultime discussioni sull’ampliamento della tassonomia verde europea anche a gas e nucleare esiste un punto di equilibrio?
Il nucleare è un tema sicuramente molto divisivo perché ci sono paesi che sono assolutamente contrari all’inclusione nella lista delle energie verdi della tassonomia, come ad esempio Austria e Germania, così come paesi a favore. Anche tra gli investitori vi sono favorevoli e contrari. Le sfide non mancano, dallo smaltimento delle scorie ai costi elevati degli impianti, dalla regolamentazione ai tempi lunghi necessari per generare nuova capacità produttiva. Tuttavia, il nucleare presenta anche molti benefici: si tratta di una fonte molto affidabile, che garantisce continuità, a differenza di solare ed eolico, e a bassissimo impatto in termini di emissioni. Tirando le somme di tutti questi aspetti, il nostro modello proprietario RIIM (Responsible Investing Indicator Model) assegna un punteggio positivo al nucleare, che tuttavia risulta inferiore a quello assegnato alle rinnovabili quali solare ed eolico a causa delle sfide citate in precedenza.
Sulla necessità di una transizione nei modelli energetici prevalenti per le aziende però non ci sono dubbi. Che anno sarà il 2022 per le società di asset management?
Il 2022 sarà l’anno dell’investimento a impatto (impact investing) che è la naturale evoluzione di un percorso di sostenibilità avviato già da molti anni dal settore. Si passa quindi da logiche orientate ad esclusione/inclusione di settori controversi a una logica proattiva che seleziona le aziende in base al loro impatto positivo su società e ambiente, e le affianca nell’affrontare gli snodi più nevralgici per una svolta veramente green dei business.
Come si riflette questo impegno nella vostra proposizione nei confronti della clientela?
Quest’anno abbiamo portato in Italia, dopo il successo già riscontrato nel mercato UK, la strategia Global Equity Impact Fund (il prodotto è gestito dal portfolio manager Hari Balkrishna) che ricerca aziende che abbiano un impatto positivo basando il processo d’investimento su tre pilastri: ambiente e climate change (con un peso oggi pari al 44% del portafoglio); impatto sociale e qualità della vita (51%), e innovazione sostenibile (5%). Tutti i pilastri che cito sono allineati ai 17 SDGs goals delle Nazioni Unite.
È il primo passo verso un impegno di lungo termine sul mercato impact investing? Qual è l’accoglienza delle reti e dei consulenti in Italia?
Sicuramente arriveranno altre strategie a impatto sia lato equity che bond per gli investitori italiani. In Italia abbiamo visto grande interesse sia dalle reti di distribuzione che dagli investitori istituzionali e wholesale. Per questi ultimi i prodotti articolo 9 si sono rivelati una concreta fonte di diversificazione nei portafogli e nelle gestioni dei grandi patrimoni, mentre per i consulenti delle reti sono considerati prodotti facili da comunicare al cliente che si sente parte attiva di un processo di cambiamento globale che sta avvenendo in ogni parte del mondo.
Da una recente indagine contenuta nel Rapporto Assogestioni-Censis sulle scelte di investimento sostenibile dei risparmiatori italiani emerge però un certo disorientamento sulla materia. Come possono aiutare i consulenti e le case di gestione?
Probabilmente la spiegazione al disorientamento è dovuta al fatto che dopo l’entrata in vigore del regolamento Sfdr sono proliferati prodotti con l’etichetta Esg senza esserlo veramente. L’asset management è un’industria fondamentale per la transizione e la canalizzazione degli investimenti su progetti sostenibili, quindi la crescente attenzione da parte dei regolatori non deve stupirci. Nei confronti del risparmiatore abbiamo il dovere di continuare ad informare, educare e soprattutto dare visibilità ai risultati conseguiti attraverso un’intensa attività di reporting.
Concludiamo con una visione sui mercati: è stato un inizio di anno all’insegna della volatilità. Cosa dobbiamo attenderci?
Per i mercati finanziari il 2022 sembra esser iniziato con qualche difficoltà ma a nostro avviso rimangono le basi per un anno strutturalmente toro, perché l’outlook di base sull’economia è positivo. Non neghiamo l’esistenza di venti contrari che potrebbero portare ad aggiustamenti tattici più conservativi del portafoglio, a cominciare dalla volatilità innescata dal cambio di orientamento nelle politiche monetarie delle principali banche centrali. D’altra parte, però, con lo sfumare della pandemia ci aspettiamo che la ripresa economica prosegua sotto la spinta delle riaperture progressive delle attività e la contemporanea ripresa dei consumi da parte delle famiglie. Le stesse banche centrali saranno molto caute nel comunicare il progressivo drenaggio di liquidità, che comunque rimane su livelli molto alti. In questo quadro i bilanci delle aziende rimangono complessivamente sani grazie al combinato disposto di condizioni monetarie accomodanti e stimoli fiscali che le authority di politica economica hanno adottato per rispondere alla crisi innescata dalla pandemia. A tutto ciò si aggiungono le risorse che arriveranno all’economia reale grazie ai piani di stimolo che stanno per essere implementati sia negli Stati Uniti che in Europa.
In questo scenario quali sono le aree e i settori da preferire?
Noi pensiamo che i favoriti siano i settori ciclici, con in testa i titoli dei settori beni di consumo e finanziari, che possono essere i primi a beneficiare di un contesto di rialzo dei tassi di interesse. Siamo positivi anche sugli industriali che beneficeranno di un interesse crescente degli investitori e dei piani di incentivo per una transizione energetica, soprattutto in Europa. L’outlook è positivo anche su alcuni paesi asiatici, Cina e Giappone in cima alla lista.
Qual è il valore di un’esposizione verso la Cina può portare a un portafoglio?
La Cina vive una fase desincronizzata del ciclo economico rispetto al resto dei Paesi sviluppati in Occidente. I motivi di ottimismo sono molteplici. Le autorità politiche sono alla ricerca di un nuovo equilibrio fra crescita e sostenibilità, volendo comprendere con questo termine anche il concetto di maggior inclusività, contenuto nello slogan del partito “Prosperità comune”. Nella ricerca di questo nuovo equilibrio sicuramente vedremo tassi di sviluppo del pil più contenuti rispetto al passato, ma al contempo sarà una crescita più qualitativa. Noi con le nostre strategie – T. Rowe Price investe nell’azionario del Paese circa 32 miliardi di euro, sia attraverso mandati che fondi, come ad esempio il China Evolution Equity Fund – puntiamo a ricercare quelle aziende che beneficeranno di questo riequilibrio tramite una gestione davvero attiva, che in un mercato grande, frammentato e poco maturo come quello cinese risulta di fondamentale importanza.
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