5 min
Per il managing director e head of South East Europe di Nordea AM, il 2024 porterà con sé la normalizzazione dei mercati dopo un anno deludente. E sarà l’occasione per consolidare la presenza in Italia. Reti e real decarbonization le direttrici della casa, mentre il portafoglio guarda ai bond
Giunti ormai alla fine di un anno che ha deluso le attese, tutti gli investitori si chiedono cosa porterà in serbo il 2024. Specie considerando le molte incognite che ancora aleggiano sui mercati finanziari, dalle prospettive di inflazione al taglio dei tassi fino alla recessione. Per Fabio Caiani, managing director e head of South East Europe di Nordea Asset Management, quelli che ci attendono saranno 12 mesi all’insegna del riequilibrio. Una stagione di normalizzazione nella quale la casa di gestione punterà a rafforzare consolidare la propria brand reputation in Italia puntando su sostenibilità e consulenza.
Fabio Caiani, managing director e head of South East Europe di Nordea Asset Management
Che anno è stato il 2023?
Il 2023 si è rivelato un anno ancora più complesso del 2022. I mercati hanno sì recuperato dalle pessime performance dei 12 mesi precedenti ma con l’azionario (soprattutto americano) che è stato trainato da una manciata di titoli e che ha visto rimanere indietro le aziende in grado di garantire percorsi di crescita più stabili nel tempo. Non solo. Le tensioni politiche e geopolitiche, sommate a fenomeni strutturali come la deglobalizzazione, hanno minato l’integrazione economica che si era venuta a creare dagli anni ’80 in poi: una dinamica che ha sfavorito soprattutto le economie emergenti e che ora impone agli investitori di riorientare le bussole. Dal punto di vista dell’industria, si è invece assistito a un ritorno di fiamma del risparmio amministrato quale fattore di concorrenza per il gestito: l’aumento dei rendimenti in scia al rialzo dei tassi ha infatti determinato una concentrazione sui titoli di Stato sicuramente poco efficiente in termini di allocazione, con buona pace dei basilari concetti di diversificazione, mostrando quanto ancora ci sia da lavorare sul fronte dell’educazione finanziaria.
Quali asset class vede favorite in vista del 2024?
Per capirlo, occorre innanzitutto fare un passo indietro e osservare il quadro macroeconomico che è andato delineandosi da gennaio a oggi. La riprese dei mercati non si è infatti affiancata a un miglioramento dello scenario di fondo, tutt’altro: le aspettative di crescita dell’economia sono peggiorate sempre di più, rallentando progressivamente lo slancio e arrivando in alcuni casi a scenari recessivi (per quanto non drammatici). Le banche centrali hanno alzato i tassi vigorosamente, andando anche oltre quelle che erano le aspettativi iniziali, e con gli ultimi dati abbiamo casi dove sono anche al di sopra del tasso di inflazione; la ricorsa dei risparmiatori ai titoli di Stato ha segnalato un netto peggioramento del debito pubblico, proprio in scia al maggior costo del denaro.
Muovendo da tali premesse, riteniamo difficile che Federal Reserve e Banca centrale europea effettuino altri aumenti mentre pensiamo che partirà una fase di stabilizzazione in cui potrebbero anche essere valutati tagli. Ecco perché crediamo in un ribilanciamento che ripristini la tradizionale decorrelazione tra azionario e obbligazionario, con il secondo in grado di offrire di nuovo rendimenti cuscinetto rispetto a titoli potenzialmente più remunerativi ma anche più rischiosi. Per quanto riguarda il segmento corporate, in particolare, puntiamo sul settore bancario in scia alla convinzione che gli istituti stiano realizzando utili importanti e abbiamo ulteriori margini di crescita. Quanto ai governativi, riteniamo invece si sia arrivati al picco e si debba scendere: questo significa normalizzazione della curva dei rendimenti, con i tassi a breve che smetteranno di rendere più di quelli a lungo.
Sull’azionario, tecnologia e transizione economica sembrano pronte a imporsi come trend di lungo periodo. È d’accordo?
Quello dell’intelligenza artificiale è un tema interessante ma sui cui molti operatori sono andati forse troppo oltre, dimenticandosi che un’azienda deve sì innovare ma anche essere profittevole. L’IA rappresenta una tecnologia che sarà fondamentale e trasversale per il nostro modo di vivere ma è anche un’innovazione dai risultati ancora tutti da definire. Mi riferisco, ad esempio, al saldo tra creazione e distruzione potenziale di nuovi posti di lavoro e all’impatto che questo potrà avere sugli investimenti.
Nel lungo periodo, una grande e solida tendenza è quella relativa alla transizione energetica. E per un semplice motivo: coinvolge tutti i settori e tutte le dinamiche produttive. I combustibili fossili, quelli finora più utilizzati finora per la elettrica, sono infatti fonte di CO2 e questo li rende fattori cruciali sia per la più ampia transizione ecologica sia per le vicende geopolitiche. Senza contare il riflesso che le variazioni delle loro quotazioni hanno sui prezzi, quindi su variabili macroeconomiche di primario interesse come l’inflazione e i tassi di interesse. In ultima analisi, mi sento di dire che ci saranno profondi cambiamenti ma il risultato sarà un panorama di vincitori e vinti che premierà solo chi avrà saputo fare buona selezione.
📰 Leggi anche “Azionario, il Net Zero di successo passa dalle emissioni Scope 4“
Come state operando proprio sul fronte della sostenibilità?
Stiamo puntando molto sulla real decarbonization. Si tratta di un concetto che va oltre l’idea di costruire portafogli con buone performance in termini di emissioni, perché è ormai evidente che questo approccio non produce alcun miglioramento significativo. La vera leva di cambiamento consiste nel fare engagement sulle aziende che ancora non si attengono agli standard per spingerle ad adottare politiche più sostenibili. Una logica in grado di anche di far crescere il valore dell’impresa e quindi ripagare maggiormente i suoi azionisti. Ad oggi, questa filosofia è integrata nei nostri fondi di investimento in maniera trasversale ma ci sono casi in cui arriva anche a rappresentare il criterio core della strategia. Continuiamo inoltre a impegnarci sulla dimensione sociale, con prodotti che considerano soprattutto criteri di inclusività.
Come valuta la traiettoria di Nordea in Italia e in che direzione la società si sta muovendo per affrontare il futuro?
Non ci siamo mai posti obiettivi numerici specifici ma abbiamo cercato di raggiungere traguardi che potessero accompagnarci lungo un percorso di crescita progressiva. Volevamo rimanere nei radar del settore e ci siamo riusciti: siamo un’azienda dall’importante brand identity, riconosciuta quale leader di mercato, dotata di accordi con tutti i principali distributori e con una solida presenza anche nel mondo delle gestioni patrimoniali o istituzionali. Quanto al futuro, confidiamo che proprio queste caratteristiche ci permettano di ripartire una volta archiviata la fase di consolidamento in cui il mercato si trova oggi. Nello specifico, ritengo che la maggior capacità di espansione risieda nel canale dell’advisory: non solo rappresenta già la maggior parte delle nostre masse ma anche perché, a differenza delle gestioni di patrimonio, è meno influenzata da variabili di breve periodo e conseguenti reazioni della clientela.
Come inquadra la gestione passiva e l’evoluzione dell’offerta verso le piattaforme di disintermediazione?
È sicuramente un fenomeno che esiste e che è destinato a continuare. Specie in un periodo di forte volatilità come quello attuale, in cui meno responsabilità e meno rischi pare la prospettiva più rassicurante. Tuttavia, in un’ottica di lungo periodo, credo che non si potrà prescindere da un bilanciamento perché rischierebbero di andare perse le importanti opportunità offerte dalla gestione attiva. Una soluzione di compromesso, in questo senso, potrebbe consistere nella costruzione di indici basati su uno specifico obiettivo.
Non solo tecnologia. Come impatterà il tema del passaggio generazionale?
La distribuzione di fondi in Italia è matura ma molto dipenderà dalla nuova ricchezza che verrà generata. E da chi ne trarrà beneficio. L’errore è pensare che gli ultra 70enni di oggi lasceranno il loro capitale ai figli: è più probabile che lo trasferiscano ai nipoti, con la fascia intermedia che verrà completamente saltata. E qua risiede la vera sfida di utilizzare gli strumenti adatti a intercettare nuove esigenze.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.