5 min
Per Savatteri, country head Italy di T. Rowe Price, alfabetizzazione finanziaria e più prodotti per sfidare l’incertezza sono gli strumenti con cui l’industria potrà vincere la sfida del Btp. Corporate bond europei ed equity Usa le asset class da privilegiare. Ma attenzione alla gestione della duration
Nell’ultimo decennio, il risparmio gestito è stato spinto soprattutto dalle performance realizzate in scia a tassi bassi come mai si erano visti in epoca contemporanea. Ma, ora che inflazione e guerra sembrano aver spazzato via per sempre questa stagione, il settore è chiamato a un cambio di passo decisivo se vuole vincere la rinnovata sfida dell’amministrato: far assumere consapevolezza dei benefici che può portare ai portafogli attraverso l’educazione finanziaria. Donato Savatteri, country head Italy di T. Rowe Price, ne è fermamente convinto. E crede anche che, nella stessa prospettiva, il primo sforzo per produrre un cambiamento sia quello di allargare il ventaglio delle soluzioni in offerta a strategie capaci di sfidare l’incertezza del presente. La redazione di FocusRisparmio lo ha interpellato sulle opportunità e le sfide del settore tra prospettive macro, asset allocation e dinamiche strutturali.
Donato Savatteri, country head Italy di T. Rowe Price
Come confermato anche dalle ultime Mappe Assogestioni, il gestito italiano si trova preda di due forze contrastanti: un effetto mercato positivo e la tendenza dei risparmiatori a preferire soluzioni più immediate come i Btp. Pensa si tratti di una parentesi destinata chiudersi con la normalizzazione dei tassi oppure è figlia di dinamiche più strutturali?
Non c’è dubbio che, negli ultimi mesi, la concorrenza al gestito si sia fatta più agguerrita sotto molteplici fronti. Da un lato, le pessime performance realizzate l’anno scorso da equity e reddito fisso continuano a frenare gli investitori nonostante i mercati del 2023 si stiano rivelando ben più performanti. Dall’altro, i Btp sono arrivati a pagare cedole nominali oltre il 4% e riescono oggi a rappresentare un’alternativa di allocazione attraente sia per gli investitori di vecchia data sia per chi si affaccia per la prima volta al mondo del risparmio. Senza contare la spinta in loro favore esercitata dal Governo, sempre più attivo nel promuovere strumenti come il Btp Valore, e soprattutto il ruolo che ancora gioca la diseducazione finanziaria: basti pensare che il 40% degli intervistati nell’ultimo report Consob sugli investimenti delle famiglie italiane dichiara di non sapere cosa sia la diversificazione del rischio. Proprio in quest’ultima ottica, gli sforzi del settore nel medio-lungo termine devono orientarsi a far comprendere che i governativi non possono essere gli unici strumenti perché hanno natura volatile e rischiano di causare ingenti perdite in conto capitale nel caso in cui li si voglia vendere prima della scadenza.
C’è anche un tema di ciclo economico? Quali sono i vantaggi che il gestito offre in un contesto, come quello attuale, caratterizzato da inflazione appiccicosa e tassi elevati?
Il gestito permette da sempre di contrastare le fasi di calo, di evitare le trappole nascoste tra le pieghe del mercato e di accedere a universi di investimento o a singoli titoli che non sarebbero disponibili al pubblico privato per taglio dimensionale o riservatezza delle relative emissioni. Non solo, però. Offre anche diversificazione geografica e settoriale, consente di puntare su strategie decorrelate e proietta verso quei rendimenti reali superiori all’inflazione che l’amministrato non è in grado di offrire. In questa fase del ciclo economico, con l’incertezza sul prosieguo o meno della stretta monetaria da parte delle banche centrali o lo spread variabile, la gestione attiva offre la possibilità di accedere soluzioni basate sulla gestione della duration e quindi di fronteggiare l’alta volatilità dei rendimenti obbligazionari.
C’è chi, guardando alla raccolta dei fondi obbligazionari negli ultimi mesi, parla della necessità che l’offerta si evolva in questa direzione per cavalcare l’attuale quadro macroeconomico. Condivide questa visione? Quali le vostre strategie in questo senso?
Si prospetta una stagione molto interessante per le strategie obbligazionarie perché abbiamo tassi alti ma vicini al picco, che quindi potrebbero presto iniziare a scendere e innescare una crescita dei prezzi. Quanto all’offerta, si assiste a un proliferare di strategie buy and hold ma ritengo che non ci sia solo questo. Il momento è infatti ottimale anche per riproporre soluzioni di investimento che erano state accantonate, come le strategie basate su corporate bond europei di tipo investment grade: hanno rendimenti in linea con Btp ma anche merito creditizio migliore e offrono un maggior grado di diversificazione oltre a più possibilità di giocare sulle scadenze. Senza trascurare il tema dei fondamentali, perché si tratta di società che negli ultimi cinque anni si sono rifinanziate a tassi molto bassi, riducendo di molto il loro debito e aumentando la liquidità. L’accresciuta sensibilità verso le tematiche della sostenibilità è poi un ulteriore elemento che gioca a favore del segmento, in particolare degli emittenti con buoni punteggi Esg: nei suoi programmi di acquisti la Banca centrale europea vuole infatti allinearsi agli obiettivi di decarbonizzazione e quindi comprerà molti di questi titoli. Un’ultima strategia interessante è quella focalizzata sui governativi con gestione flessibile della duration, perché permette di beneficiare anche di un’eventuale ulteriore salita dei rendimenti nel caso in cui l’inflazione dovesse mantenersi su livelli elevati.
Nel dibattito sull’evoluzione del quadro macro, a catturare l’attenzione sono soprattutto le ipotesi sull’atterraggio dell’economia Usa nei prossimi mesi. Lei cosa si aspetta: sarà hard o soft landing? Come impatterà sui portafogli?
Sarà un soft landing, perché gli Stati Uniti si dimostrano storicamente più resilienti quando c’è turbolenza sui mercati. Non a caso, anche oggi, i consumi a stelle e strisce si mantengono su buoni livelli e il tasso di indebitamento pro-capite della popolazione risulta contenuto. Senza dimenticare il mercato del lavoro, che sta sì resistendo ma nel quale si intravedono segnali di frenata utili in chiave disinflazione e riduzione dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. In questo contesto, nonostante l’accesso al credito sia diventato più difficile, riteniamo sia il momento di aumentare l’allocazione all’equity americana e soprattutto alle small cap: sono infatti le prime a riguadagnare quota dopo una recessione, si orientano maggiormente ai servizi, hanno per lo più natura domestica e quindi promettono di beneficiare maggiormente della tendenza post-Covid al reshoring, presentano valutazioni tra le più basse degli ultimi 50 anni. Opportunità negli Usa sussistono però anche con riferimento al reddito fisso, perché i rendimenti sono talmente alti che, quando la Fed inizierà a tagliare i tassi avrà molto spazio, a tutto beneficio del Treasury. Lato corporate, ci aspettiamo performance positive sia pur a fronte di dubbi su alcuni settori come l’energia.
Come vede, invece, la situazione in Europa?
Siamo sottopesati sull’Europa perché il continente non solo si sta avviando verso una generale recessione ma, in certe sue parti come la Germania, lo è già. Nei prossimi 6-12 mesi, infatti, inizieranno a vedersi gli effetti della politica monetaria restrittiva della Bce sui consumi e sul mercato del lavoro e questo dovrebbe portare a un forte rallentamento dell’economia. L’indice Pmi ha visto a settembre il quarto calo mensile consecutivo mentre Eurostat segnala contrazione vendite al dettaglio in agosto. Per tutti questi motivi, la nostra visione è che la Bce potrebbe dover cominciare a tagliare i tassi prima del previsto, già entro la prima metà del 2024.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.
.