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Empatia e capacità di creare relazioni sono qualità che la tecnologia non può imitare. Ma all’advisory una ricetta per far convivere uomo e macchina serve. Gli ingredienti al centro del Forum Internazionale della Formazione
L’evoluzione tecnologica e, soprattutto, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale stanno rivoluzionando il nostro modo di lavorare e vivere. Tuttavia, nonostante i numerosi progressi nella tecnologia, ci sono ancora validi motivi per cui gli esseri umani non possono essere veramente sostituiti ma dovranno piuttosto diventare fonte di ispirazione per un nuovo rinascimento che sappia coniugare tecnologia ed umanesimo. Paradossalmente, quindi, più avanza l’innovazione tecnologica e più diviene importante riscoprire il nostro lato umano. Ecco perchè proprio il ‘fattore umano‘ rappresenta il tema guida della VII edizionale del Forum Internazionale della Formazione 2024, un evento nato nel 2017 e organizzato dall’ente di ricerca e formazione TESEO. L’obiettivo dell’appuntamento, che si tiene sotto la la direzione scientifica del professor Alessandro Mariani dell’Università degli Studi di Firenze e con il supporto del Comune di Camaiore, è quello di creare un’occasione di riflessione per valorizzare l’importanza della formazione come processo continuo e trasversale.
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I dubbi sull’IA e il nodo della competenze
Negli ultimi anni l’IA ha allargato costantemente il suo perimetro ed è entrata in maniera prorompente nella quotidianità degli esseri umani, sia essa privata o professionale. Da qui il timore diffuso che questa tecnologia possa sostituire l’uomo. Ma è davvero così? Creatività, spirito di solidarietà, empatia, sensibilità relazionale sono tutti fattori che ci rendono esseri umani e rappresentano i nostri punti di forza, difficilmente replicabili dall’intelligenza artificiale. L’IA è riuscita a farsi spazio anche nel settore finanziario, introducendo nuovi algoritmi che consentono di analizzare un’enorme quantità di dati in tempi molto ristretti: oggi può infatti essere usata per eseguire analisi più precise e rendere più efficienti le allocazioni di asset. Tuttavia, avere disporre di soluzioni avanzate per gestire un portafoglio in linea con le esigenze del cliente non è spesso sufficiente. E se la componente tecnologica sta cambiando velocemente il modo di lavorare tanto nelle aree di competenza degli asset manager quanto nella sfera della consulenza, contemporaneamente ha dato accesso a nuove fonti informative a vantaggio dei risparmiatori. Il problema non è però reperire informazioni, ma avere le competenze e gli strumenti per filtrare la loro attendibilità e attinenza rispetto ai propri obiettivi.
Non c’è consulenza vera senza fiducia
Inoltre, le ricorrenti crisi e il perdurante stato di incertezza hanno avuto un impatto rilevante sulle scelte di allocazione della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane e hanno riportato l’attenzione – una volta di più – sull’importanza degli advisor nell’orientare i comportamenti degli investitori o contribuire a correggere alcuni errori tipici del pubblico retail. La tecnologia e l’intelligenza artificiale non hanno la capacità di creare connessioni emotive autentiche, di comprendere profondamente gli stati d’animo e soprattutto di generare quella fiducia che risulta fondamentale per creare una relazione stabile e duratura con il cliente. Ecco perchè il rapporto di consulenza non può prescindere da un trasferimento di fiducia dal cliente al consulente: è ‘il fattore umano’ che consente a quest’ultimo di essere percepito come una persona sulla quale ‘si può contare’. Ed è sempre il ‘fattore umano’ ne fa una sorta di ‘filtro emotivo’ in grado di indirizzare – e quando necessario tranquillizzare – il risparmiatore spesso in preda all’urgenza e alla fretta di effettuare azioni che potrebbero invece essere controproducenti.
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Un contesto più difficile richiede un tocco umano
Si legge nel V Rapporto Assogestioni-Censis dell’aprile di quest’anno: “I consulenti finanziari, oltre a recepire dai propri clienti l’ordinaria richiesta di investire bene i propri risparmi, ne colgono paure e inquietudini legate a un contesto socioeconomico sempre più incerto”. E ancora: “Gli advisor sono riusciti ad affrontare questi anni difficili senza inficiare la positività del rapporto delle persone con i risparmi e oggi, forti dell’intensa esperienza maturata, hanno l’onere di riportare la razionalità anche in momenti in cui il corso degli eventi sembra uscire dai binari del consueto e di quel che di solito accade”. Nella stessa ricerca si legge che, a proposito del supporto che i clienti richiedono, il 49,5% del campione sondato dall’associazione sottolinea la richiesta di essere aiutati a capire gli eventi e le possibili conseguenze sugli investimenti. A questo proposito risulta ancora fondamentale la capacità degli esseri umani di comprendere il contesto, di interpretare le informazioni in base alle circostanze e all’ambiente di riferimento. Gli algoritmi di intelligenza artificiale operano infatti entro parametri predefiniti e faticano a comprendere le sfumature, così le differenze culturali e gli elementi soggettivi, che influenzano pesantemente il processo decisionale nelle diverse situazioni.
Inoltre i sistemi basati su AI eccellono nel risolvere problemi ben definiti con obiettivi chiari, ma hanno difficoltà con quelli che richiedono creatività e pensiero critico. Gli esseri umani sono invece dotati della capacità unica di affrontare sfide complesse da più angolazioni, di integrare diverse prospettive e ideare soluzioni innovative. Ancora una volta le caratteristiche del ‘fattore umano’ risultano quindi irrinunciabili nella costruzione del rapporto di consulenza, in cui le competenze personali sono indispensabili per interpretare le esigenze dell’interlocutore e creare le premesse a a relazioni di fiducia sul lungo termine.
*contributo a cura di Sonia Ceramicola, co-fondatore di Teseo
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