Ancora non esiste un vero e proprio censimento degli operatori attivi in questo segmento, ma una stima può essere desunta dai dati AIFI-PWC. Ne parliamo con Cristiano Busnardo, amministratore delegato di ClubDealOnline, lanciata nel 2018 da Antonio Chiarello, founder e azionista di riferimento
L’unione fa la forza: è il principio alla base del club deal, modalità di investimento relativamente recente in Italia che consiste nell’aggregare più investitori individuali o famiglie facoltose con l’obiettivo comune di investire per lo sviluppo di imprese, tipicamente di piccola e media dimensione o addirittura startup.
Ancora non esiste un vero e proprio censimento degli operatori attivi in questo segmento, ma una misura di massima può essere desunta dai dati AIFI, l’associazione italiana del private equity e venture capital, che in un recente report pubblicato insieme a PWC Italia – Deals, stima un ammontare investito dagli operatori di private capital in Italia di circa 14,7 miliardi di euro nel 2021. Di questi soldi, una porzione piccola ma in crescita è rappresentata dai club deal.
Cristiano Busnardo, amministratore delegato di ClubDealOnline
Secondo gli esperti del settore questa modalità di investimento ha uno spazio di crescita enorme. “Oggi l‘Italia rappresenta infatti meno del 3% degli investimenti in club in Europa”, spiega in questa intervista Cristiano Busnardo, amministratore delegato di ClubDealOnline, un’iniziativa lanciata nel 2018 di cui ci parla in questa intervista.
Se in passato tali operazioni avevano carattere per lo più occasionale, si legge nel documento AIFI, oggi si osservano molti club deal con una attività strutturata e ripetitiva e un approccio professionale di selezione, monitoraggio e creazione di valore nelle aziende target del tutto assimilabile a quello degli operatori di private equity. La differenza con questi ultimi consiste nell’accessibilità visto che spesso i classici fondi hanno ticket minimi d’investimento (troppo) elevati anche per singoli investitori privati abbienti.
Esperienza Usa – Il club deal nasce negli Stati Uniti, tradizionalmente caratterizzati da una maggior cultura finanziaria e conoscenza delle strategie di lungo periodo. “Si è diffusa in Italia – spiega Busnardo – soprattutto per i vantaggi che offre: rendimenti elevati sul medio-lungo periodo, diversificazione e ottimizzazione dei portafogli, decorrelazione dai mercati pubblici”.
In Italia – e in Europa – questa forma di investimento si è diffusa soprattutto fra grandi famiglie imprenditoriali, persone con patrimoni elevati tipicamente definiti high net worth individual. Questo perché, spiega Busnardo, “consentono di ottenere rendimenti maggiori rispetto a quelli derivanti da investimenti sui mercati pubblici perché buona parte della crescita di valore di un’azienda si verifica prima di un’eventuale quotazione”. Inoltre, prosegue, “comportano risparmi fiscali per l’investitore e permettono all’investitore-imprenditore di selezionare direttamente le aziende su cui investire con un maggiore controllo sulle proprie scelte di investimento dovuto al coinvolgimento diretto dell’investitore nell’iniziativa e all’accesso diretto al founder”.
Come nasce l’idea di ClubDealOnline?
Dall’idea di sfruttare la normativa sull’equity crowdfunding per offrire le migliori iniziative su startup, scale up e pmi italiane a investitori di fascia alta raggiunti tramite accordi con strutture di private banking e reti di professionisti. Il nostro modello è unico e prevede una fiduciaria come intestataria delle quote per perfezionare l’investimento. ClubDealFiduciaria Digitale (autorizzata MISE) permette una gestione al 100% digitale degli asset: dal riconoscimento per la creazione del profilo all’acquisto e cessione di partecipazioni. Integriamo in un’unica piattaforma, Clubdeal Digital Platform, i servizi di ClubDealonline e ClubDealFiduciaria puntando a diventare la piattaforma operativa di riferimento per operazioni su private asset.
Cosa vi differenzia dalle altre piattaforme?
Cristiano Busnardo.
Siamo una piattaforma digitale di private crowdfunding, autorizzata e vigilata Consob. Ci distinguiamo per il taglio medio dell’investimento (40.000 euro con ticket minimo di 10.000 euro). L’accesso è solo su invito per un posizionamento alto, ma accessibile “Not for the Crowd”. La base di investitori HNWI è canalizzata attraverso accordi con private bank o con reti di professionisti. La nostra strategia distributiva è B2B2C. Ci distinguiamo per deal flow di qualità, operatività digitale e un approccio Phygital che assieme agli accordi con le Private Bank consente di superare la dimensione locale del club deal.
Quanti sono a oggi gli accordi con la distribuzione e quanti ne vorrete fare in futuro?
Abbiamo partnership con Banca Sella Private Banking e Sparkasse Private Banking ma dialoghiamo con tutti i principali intermediari operanti nel private banking per accordi futuri.
Come trovate le opportunità di investimento, qual è il processo che vi porta a scegliere un’azienda da proporre agli investitori? Può raccontare un caso d’investimento specifico?
Il nostro processo di Origination si basa su track record di successo e credibilità. Coinvolge una rete di più di 80 esperti. A seconda del progetto in esame, infatti, sono individuati uno o più esperti che assumono il ruolo di “lead partner” che guidano la valutazione, supportano l’imprenditore e sono il riferimento per gli investitori. Il deal flow viene supportato da partnership strategiche, come quella con Pambianco. A oggi, il nostro maggior successo di raccolta è D-Orbit, guidata da Luca Rossettini.
Preferite opportunità domestiche o internazionali?
Privilegiamo aziende italiane allo scopo di poter fornire un utile supporto alla crescita del nostro Paese.
Lei ha una lunga e varia esperienza nell’asset management tradizionale: cosa si porta oggi in ClubDealOnline?
La mia esperienza nell’asset management è coerente con la strategia B2B2C. Considero i club deal come una asset class. La conoscenza degli intermediari finanziari, delle loro organizzazioni e delle logiche sottostanti è un fattore importante per poterli approcciare in modo credibile.
Il cambiamento di scenario geopolitico e geoeconomico cambia qualcosa nelle opportunità? Quali sfide pone?
Gli asset illiquidi sono meno volatili di quelli quotati e beneficiano di un orizzonte temporale di lungo termine. Nel venture capital si è aperto il dibattito sulla sostenibilità dei multipli pre-crisi. Nel contesto attuale sarà cruciale una selezione solida e rigorosa delle aziende.
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