I mercati scommettono su un rialzo di 75 punti base, e c’è chi teme una stretta di un punto percentuale. Ma l’interrogativo che più interessa gli investitori è che cosa accadrà dopo
Il punto non è tanto (o meglio: non solo) se l’aumento dei tassi che la Federal Reserve annuncerà mercoledì sera sarà di 75 o 100 punti base, ma piuttosto cosa avverrà nei prossimi meeting. I mercati cominciavano infatti già a pregustare il momento in cui Powell e colleghi, davanti a un’inflazione in rallentamento e a un’economia in frenata, avrebbero rimesso mano alla loro strategia hawkish, tornando ad essere più morbidi, quando è arrivato a scombinare i piani, e a rendere difficili le previsioni, il dato ancora rovente dei prezzi di agosto.
Ora dunque, la maggior parte degli investitori scommette su una stretta da 75 punti base per la terza volta consecutiva e i future sui Fed Funds attribuiscono addirittura un 35% di possibilità a un rialzo dei tassi di un punto percentuale. Ma appunto il mercato vuole capire soprattutto quale direzione prenderà la Banca centrale americana nei prossimi mesi. “Dobbiamo aspettare finché la Fed alzerà i tassi e poi capire le mosse e le previsioni successive, quindi adattarci”, hanno sottolineato gli analisti di Jp Morgan Chase, stando ai quali è improbabile che Powell opti per una maxi-stretta da un punto percentuale.
Anche Goldman Sachs, che ha tagliato le sue previsioni sul il Pil 2023 degli Stati Uniti proprio in vista di un inasprimento della politica monetaria, scommette su un rialzo da 75 pb questa settimana, e poi su 50 punti base a novembre e dicembre, con il tasso sui Fed Funds che raggiungerà un picco del 4-4,25% entro la fine dell’anno.
Lo stesso vale per Eric Winograd, senior VP e Us economist di AllianceBernstein, secondo cui è improbabile che il Fomc scelga un aumento da un punto percentuale, mentre quasi certamente preferirà sottolineare che non rallenterà il ritmo della stretta finché non ci sarà una certa moderazione dell’inflazione. “È chiaro che ciò non è ancora avvenuto e ciò significa che ulteriori aumenti consistenti (50 o 75 punti base) restano probabili nei prossimi mesi”, spiega.
“Ci aspettiamo un rialzo del tasso di riferimento di 75 punti base nel prossimo meeting del Fomc, e non possiamo escludere un aumento ancora più consistente di 100 pb”, scrive Franck Dixmier, global cio fixed income di Allianz Global Investors, secondo cui di fronte a un’inflazione che si sta diffondendo sempre di più nell’economia, la Fed non ha altra scelta se non andare al di là della semplice normalizzazione delle politiche monetarie e del tasso neutro, per adottare misure più restrittive. “Data la recente correzione al rialzo dei rendimenti obbligazionari e le aspettative di mercato, non ci attendiamo che questo meeting produca particolari reazioni di sorpresa da parte dei mercati”, sottolinea Dixmier.
Anche per Joachim Fels, global economic advisor di Pimco, Powell non ha altra scelta e ormai “i 75 sono i nuovi 25”. “Non è chiaro quale sia il livello terminale dei tassi necessario per completare il lavoro – osserva l’esperto -, ma il sospetto è che sia superiore al picco del 4,25% per il tasso sui Fed Funds che i mercati stanno prezzando in questo momento”.
“È abbastanza chiaro, tuttavia, che il lavoro non può essere indolore. I mercati finanziari dovranno soffrire ancora perché le condizioni finanziarie sono il meccanismo di trasmissione della politica monetaria, ed è probabile che ciò sia imminente man mano che le banche centrali continuano ad aumentare i tassi e la Fed riduce il proprio bilancio”, avverte Fels.
E proprio a proposito di dolore, sull’argomento è intervenuto anche Ray Dalio, fondatore della società di gestione degli investimenti Bridgewater Associates e noto ‘guru’ di Wall Street. Per Dalio l’inflazione costringerà la Fed ad alzare i tassi fino al 4,5%-6%, contro il 2,25%-2,50% attuale. Un’azione che a suo dire, anche se si restasse nella parte bassa della forchetta, provocherebbe un calo di circa il 20% sul mercato azionario.
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