L’industria del risparmio gestito deve giocare un ruolo nell’ampliare l’accesso agli investimenti alternativi. E ha una precisa responsabilità nel convogliare capitali verso aziende sostenibili
Andrea Orsi, country head di M&G per l’Italia
Le sfide dell’industria del risparmio gestito oggi convergono in particolare sui mercati privati, sia per la necessità di trovare rendimenti difficilmente reperibili altrove, sia in ottica di contenimento della volatilità nel lungo periodo. Su questo fronte, a tenere banco oggi sono le spinte verso la democratizzazione e l’adozione dei criteri Esg sui private asset. A spiegarlo è Andrea Orsi, country head di M&G per l’Italia, in un’intervista a FocusRisparmio per la rubrica #BigTalkFR.
M&G gestisce circa 75 miliardi di euro in private e alternative assets, sui quali vanta un’esperienza più che ventennale. “Forti delle competenze mutuate da Prudential (fino al 2019 la controllante di M&G, che oggi è una società indipendente quotata a Londra,ndr) M&G è specializzata su tre segmenti in particolare: private debt, real estate equity e private equity”, racconta Orsi.
Per la parte di private debt (leveraged loans, real estate debt, consumer finance, direct lending e distressed debt), “siamo riconosciuti nel mercato come secondo più grande investitore europeo di private credit, e come sesto a livello globale per asset under management. Quindi abbiamo un posizionamento dimensionale riconosciuto dal mercato, in particolare per il segmento istituzionale”.
Dei 75 miliardi di Aum, circa 45 miliardi sono gestiti dalla divisione immobiliare di M&G attraverso due strategie principali: la prima focalizzata sull’immobiliare europeo con il nostro fondo core European Property, dal profilo di rischio/rendimento relativamente contenuto. “Il focus della strategia è attualmente sui settori retail, logistica e residenziale, tra cui in particolare le residenze per studenti. Su questo fronte abbiamo di recente annunciato due finanziamenti a Bologna e Torino finalizzati allo sviluppo e quindi all’acquisto tramite la formula del ‘forward funding’ di due studentati universitari. Un investment case ben remunerato. La seconda strategia si concentra sull’immobiliare asiatico, per il quale abbiamo un team dedicato in Asia, e che si focalizza su uffici, logistica e retail property, compresa la parte residenziale”.
Da ultimo, M&G vanta una solida esperienza anche nel settore del private equity sulla parte infrastrutture, sia greenfield (in cui cioè lo sviluppo di un’area parte da zero) sia brownfield (sviluppo di aree su cui la parte infrastrutturale è già stata avviata). “Con la nostra divisione infrastrutturale Infracapital gestiamo 6,5 miliardi di sterlineper il tramite di sei fondi”, aggiunge Orsi.
Si parla sempre più spesso di “democratizzazione” dei private asset. È effettivamente un processo già in corso? E in che modo è in grado di impattare sul mercato?
Stiamo effettivamente vedendo accadere questo fenomeno anche sul mercato italiano, alimentato da un contesto di mercato senza precedenti. Il rendimento reale offerto dalle diverse classi di investimento – sia nel reddito fisso, nella parte governativa e sul credito investment grade e high yield, sia nell’equity – è scarso a fronte di valutazioni elevate. Da qui l’esigenza da parte dei nostri partner distributivi di cercare soluzioni alternative alle classi di investimento tradizionali per soddisfare le nuove esigenze di redditività della clientela ma anche, guardando avanti, per contenere la volatilità. È un momento ottimo, non solo per noi in virtù del nostro solido posizionamento, ma anche per tutta l’industria, per cercare di allargare l’accesso ai private asset anche al segmento del private banking.
E cosa può fare l’industria dell’asset management per rendere accessibili queste classi di investimento al risparmiatore italiano?
A tal proposito, ci sono tre temi che vorrei enfatizzare. Il primo è il tema della formazione: è chiaro che investire in real asset comporta competenze differenti rispetto a quelle necessarie a investire in classi di investimento tradizionali. Un lavoro congiunto tra produzione – cioè asset manager – e partner distributivi (banche, consulenti, private banker) diventa fondamentale per rendere accessibili queste opzioni al risparmiatore italiano, aumentandone la consapevolezza.Se queste soluzioni non dovessero essere perfettamente interpretate e comprese potrebbero infatti rivelarsi non adeguate e non coerenti con il profilo di rischio/rendimento ricercato.Mi riferisco in particolare all’esigenza di avere ben chiaro il livello di liquidità e di liquidabilità dell’investimento, che in alcuni casi può richiedere tempi molto lunghi per essere smobilizzato. Per investire in asset privati occorre avere orizzonti temporali profondamente diversi da quelli che si hanno sulle asset class tradizionali. Per esempio, guardando alle infrastrutture, parliamo di un orizzonte temporale medio di 10 anni.In tale contesto, il secondo tema che ritengo importante è aiutare l’investitore a comprendere pienamente il valore del tempo.
In che senso?
Se a fronte di un investimento in private asset mi viene richiesto di immobilizzare il mio investimento tipicamente tra i 5 e i 10 anni, è chiaro che il premio al rischio che assumo debba essere adeguatamente remunerato. Questo è un aspetto rilevante quando si instaura una conversazione con un investitore interessato ad accedere al mercato private. Il terzo e ultimo tema infine riguarda il veicolo distributivo. Questo è anche conseguenza del contesto normativo portato da Mifid 2, che ha portato i distributori da una parte a razionalizzare la gamma, e quindi il numero dei partner con cui lavorare, e dall’altra a valorizzare società di gestione del risparmio di casa, se disponibili, o veicoli consulenziali interni (gestioni patrimoniali, unit-linked o fondi di fondi).La modalità con cui offrire le nostre soluzioni deve passare da quelle che definiamo bespoken solution, cioè soluzioni su misura, che vengono costruite insieme ai nostri partner utilizzando il veicolo del distributore (Sicav o soluzioni create ad hoc). Nel corso degli ultimi cinque anni abbiamo sviluppato una divisione interamente dedicata a questo segmento di business, che si chiama Investment Solution e ha oggi solo in Italia più di due miliardi di asset in gestione, grazie alle forti sinergie con i nostri distributori ma anche alla capacità di customizzare l’offerta in base alle loro singole esigenze.
Prima parlava di remunerazione e della necessità di tenere gli investimenti immobilizzati per un orizzonte di tempo lungo. Ma è adeguata questa remunerazione, se letta in proporzione al premio al rischio su asset class più liquide?
Le faccio un esempio concreto. Prendiamo quella che oggi è la remunerazione obiettiva di un investimento in debito real estate. Quando lavoriamo su loans garantiti da commercial paper – ovvero tranche senior, la parte più solvibile del debito – il rendimento obiettivo è il 3- 3,75%, quindi un premio al rischio molto ben remunerato se guardiamo agli spread, non solo dei governativi e degli investment grade ma anche dei titoli high yield. Per i loans garantiti ma subordinati, il rendimento lievita addirittura al 7-10%, decisamente molto ben remunerato rispetto ad attività considerate prive di rischio. Ma certamente è fondamentale, quando si accede a questi tipi di strategie potersi avvalere di un team di analisi della selezione del credito con un forte track record nella capacità di creare valore.
Parliamo di Esg. Quali sono le sfide poste dalla sostenibilità in tema di investimenti in asset privati?
Il tema della sostenibilità deve necessariamente divenire parte integrante anche delle strategie sui private asset. Per quanto ci riguarda, i fattori Esg sono parte integrante dei processi di investimento ma anche dell’analisi fondamentale realizzata sugli investimenti. C’è un tema – anche qui legato in particolare al mondo del debito – che vale la pena menzionare, visto il tipo di rapporto che si viene a creare quando si finanzia una società privata. Mi riferisco all’attività di engagement, quindi di partecipazione alla gestione dell’azienda. Come prestatore privato, una più stretta interazione con i nostri mutuatari ci permette di impegnarci con loro per affrontare questioni ESG materiali e influenzare un cambiamento positivo. Ad esempio, investendo in infrastrutture e in real estate possiamo avere un impatto positivo a livello di società offrendo ad esempio l’accesso a soluzioni di banda larga che favoriscono la connettività o finanziando alloggi a impatto zero che utilizzano energia pulita e rinnovabile.
Possiamo dire che sia addirittura più semplice perseguire obiettivi sostenibili con i mercati privati?
In passato, la misurazione dell’impatto e le differenze di approccio tra gli investitori sono state difficili da valutare ma il contesto sta cambiando. Come dicevo, le transazioni di private debt sono spesso bilaterali, quindi di solito si instaura una relazione più stretta tra il richiedente e il prestatore. Inoltre, di solito il private debt finanzia progetti ben definiti o aziende più piccole, rendendo più facile identificare e misurare l’impatto complessivo di un investimento.
Qual è – o dovrebbe essere – il ruolo dell’asset management nel convogliare capitali verso queste società che perseguono obiettivi sostenibili?
Gli asset manager svolgono un ruolo essenziale nell’orientare i capitali verso le società che dimostrano di avere un impatto positivo, sia a livello ambientale che a livello sociale. Abbiamo il compito, come produttori di soluzioni di investimento e rappresentanti attivi della nostra industria, di fare in modo che il capitale che ci mettono a disposizione i risparmiatori venga orientato verso società i cui obiettivi sono allineati con gli SDGs, che operano in settori come l’energia pulita o per garantire migliori condizioni igieniche e di salute. Nel febbraio 2021, come M&G abbiamo creato un team nominato Catalyst che ha il compito di allocare 5 miliardi di sterline nell’ambito di business gestiti da società private operanti in settori emergenti impegnate nella ricerca di soluzioni sostenibili sia per l’ambiente sia per la società. Un approccio pragmatico è fondamentale se vogliamo produrre un cambiamento.
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