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Un sondaggio tra prestigiosi economisti svolto da Project Syndicate evidenzia una visione moderatamente ottimista sull’economia globale. Ma non manca chi lancia l’allarme sulla possibilità di uno scenario preoccupante, soprattutto in Europa
Quanto saranno pesanti i contraccolpi economici dell’attuale situazione storica, tra gli strascichi della pandemia, le tensioni geopolitiche e i prezzi dell’energia alle stelle? E, soprattutto, una recessione globale è inevitabile?
La questione è stata sottoposta ad alcuni esperti da Project Syndicate nella rubrica “The Big Question” (a questo link è possibile visionare l’articolo completo), in cui alcuni prestigiosi commentatori offrono la propria opinione su un tema di scottante attualità. E le risposte si sono rivelate moderatamente ottimiste.
Secondo Jeffrey Frankel, professore di Capital Formation and Growth ad Harvard ed ex consigliere economico dell’allora presidente Usa Bill Clinton, “una recessione globale è del tutto evitabile”. È vero, ammette l’economista, che le probabilità di una recessione sono molto più alte del solito in Europa, che è stata colpita duramente dalla riduzione delle forniture di gas naturale russo, ma anche in Cina, dove i blocchi Covid-19 hanno già reso la crescita negativa nel secondo trimestre, e in un manipolo di altri Paesi, comprese le economie dei mercati emergenti con problemi di debito. “Anche l’economia statunitense sta subendo un rallentamento”, osserva Frankel, obiettando però che due trimestri consecutivi di crescita negativa del Pil riportati dal Bureau of Economic Analysis “non significano che nella prima parte del 2022 sia iniziata una recessione negli Stati Uniti”. Le ragioni, spiega, sono tre. Intanto i dati preliminari del Pil saranno rivisti, inoltre alcuni indicatori – come il reddito interno lordo e l’occupazione – sono stati positivi; infine, l’ultima parola sulla recessione spetta al National Bureau of Economic Research. Però, è pur vero che “l’aumento dei tassi di interesse e le prospettive negative dei partner commerciali americani rendono più probabile una recessione degli Stati Uniti nei prossimi due anni”.
Ma di qui a parlare di recessione globale ce ne corre. Nel dopoguerra è stato raro che la crescita del Pil globale “sia scesa sotto lo zero anche solo per un trimestre, figuriamoci per due. Nemmeno le gravi flessioni del 1974 e del 1981 sono state considerate tali”. E va detto che, anche nei periodi di apparente recessione, la crescita negativa delle economie avanzate è solitamente compensata dalla crescita ancora positiva delle economie emergenti e in via di sviluppo (salvo che durante la crisi finanziaria globale del 2008 e la recessione indotta dalla pandemia del 2020). Il Fondo Monetario Internazionale prevede ora che la crescita del Pil mondiale rallenterà dal 6,1% nel 2021 al 3,2% nel 2022 e al 2,9% nel 2023: una decelerazione epocale, ma che comunque non comporta automaticamente che ci sarà una recessione.
L’ex chief economist della Banca Mondiale punta l’attenzione sulla Fed
Di analogo avviso anche Anne O. Krueger, professoressa di economia internazionale alla Johns Hopkins ed ex chief economist della Banca Mondiale, convinta che la recessione globale sia scongiurabile, anche se è importante fare dei distinguo tra gli Stati Uniti e il resto del mondo.
“Quando è iniziata la pandemia COVID-19, le persone hanno tagliato le spese. Sebbene la disoccupazione sia aumentata e le forniture siano diminuite drasticamente a causa delle misure di contenimento della pandemia, gran parte della potenziale perdita di reddito è stata compensata dalle politiche governative”. Tutto questo, spiega Krueger, ha consentito una crescita dei risparmi personali, che hanno poi innescato un boom della domanda di beni e servizi quando le restrizioni sono state allentate, a cui l’offerta non è stata in grado di rispondere altrettanto velocemente a causa della disruption della supply chain, ai tempi necessari per il riavvio delle produzioni e alla carenza di lavoratori. La dinamica appena descritta è quella che ha avviato l’innesco delle pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti. “Sebbene la Federal Reserve abbia reagito – osserva Krueger – è evidente che l’economia è ancora caratterizzata da un eccesso di domanda, e il suo continuo irrigidimento la frena. Il gioco di equilibri della Fed è difficile: è giustificata una certa, ma non eccessiva, riduzione della domanda. Allo stesso tempo, le scorte (il cui aumento riflette in parte l’accumulo di scorte durante le carenze di approvvigionamento e che inevitabilmente si esauriranno) iniziano ad accumularsi e le vendite al dettaglio stanno perdendo un po’ di slancio”, aggiunge l’esperta. Ora, bisogna vedere se con le politiche e le dinamiche in corso prevarranno le tensioni inflazionistiche o quelle recessive. Ma a detta di Krueger, “se il giudizio dei responsabili politici è corretto, gli Stati Uniti potrebbero raggiungere nuovamente il tasso di inflazione target della Fed e una crescita soddisfacente senza cadere in recessione”.
Ciò che accade nel resto dell’economia globale è ancora più incerto. “Gli effetti della guerra in Ucraina e la relativa carenza di energia in Europa, il rallentamento economico della Cina e le future difficoltà di indebitamento di alcune economie in via di sviluppo e dei mercati emergenti sono tutti fattori attualmente poco chiari”. Ma in ogni caso “una recessione globale non è certo inevitabile”, conclude.
Per O’Neill, ex Cancelliere dello Scacchiere, ci sono ragioni per essere ottimisti (ma non in Europa)
Per Jim O’Neill, in precedenza chairman di Goldman Sachs Asset Management ed ex Cancelliere dello Scacchiere nel Regno Unito, c’è intanto una questione tecnica da dirimere su ciò che significhi davvero una recessione, ma per quanto riguarda la probabilità che questa si concretizzi, purtroppo per l’Europa la risposta è positiva.
“Contrariamente alla prassi comune nelle economie occidentali, una recessione globale non è realmente definita come due trimestri consecutivi di crescita negativa del Pil, perché in molte grandi economie emergenti, come l’India, tali condizioni si verificano raramente. Anche se molte economie occidentali registrano due trimestri consecutivi di crescita negativa – argomenta O’Neill – si può arrivare a una recessione globale in cui la crescita del Pil mondiale si attesta in media intorno al 2%”.
Detto questo, negli ultimi 25 anni Stati Uniti e Cina hanno spesso rappresentato più dell’80% della crescita annuale del Pil mondiale, quindi nel caso in cui queste potenze si trovino in recessione, si verificherebbe una flessione globale, e allo stato attuale uno scenario simile è possibile, ma secondo O’Neill è meno probabile di quanto non fosse qualche mese fa. “Questo perché si sta facendo strada l’idea che l’impennata inflazionistica sia stata, almeno finora, transitoria, con i prezzi delle materie prime in calo e le misure delle aspettative inflazionistiche a lungo termine piuttosto stabili. Se questa situazione dovesse continuare, le banche centrali diventeranno meno accanite e non saranno costrette a indebolire ulteriormente le loro economie per stabilizzare i prezzi”. Tuttavia, l’influenza unica della Russia sui prezzi del gas naturale in Europa significa che “una recessione in Europa è abbastanza probabile senza una svolta importante nella guerra in Ucraina”, che oggi non appare all’orizzonte.
Il modello di previsione di Roach suggerisce che una recessione sia invece inevitabile
L’opinione più allarmista è quella di Stephen S. Roach, ex presidente di Morgan Stanley in Asia e membro di facoltà di Yale, secondo il quale una recessione globale, purtroppo, è inevitabile.
“Nonostante le insidie delle previsioni di questi tempi, la mia sfera di cristallo incrinata e usurata vede una recessione globale nel prossimo anno”, ha dichiarato Roach, spiegando il suo modello di previsione delle recessioni, che si articola in due fasi: “l’allarme della velocità di stallo e gli impatti degli shock inevitabili”. Le economie – siano esse di singoli Paesi o del mondo nel suo complesso – che si avvicinano alla velocità di stallo non hanno la capacità di resistere agli shock, afferma. “Per l’economia globale, le ultime cinque recessioni si sono tutte verificate quando la crescita del Pil mondiale è scesa sotto la soglia del 2,5%. Si tratta di un calo di un punto percentuale rispetto alla media post-1980 del 3,5%. Pertanto, quando la crescita globale scende nella fascia tra il 2,5% e il 3,5%, la mia regola è quella di lanciare un allarme di stallo. La metà inferiore di questa fascia, tra il 2,5% e il 3%, è particolarmente inquietante, un perfetto preannuncio di recessione globale”, chiosa Roach a fronte di un investimento in private asset mi viene richiesto di immobilizzare il mio investimento tipicamente tra i 5 e i 10 anni, è chiaro che il premio al rischio che assumo debba essere adeguatamente remunerato.
Le ultime revisioni delle previsioni nel World Economic Outlook del Fmi, aggiunge, “mostrano segni inequivocabili di allarme di stallo. L’attuale stima di crescita globale del Fondo per il 2022, pari al 3,2%, rappresenta un’incredibile revisione al ribasso di 1,7 punti percentuali rispetto alla valutazione dell’ottobre 2021, mentre l’ultima stima del 2,9% di crescita globale per il 2023 si colloca nella metà inferiore della zona di pericolo di stallo”.
E secondo Roach sono probabili altre revisioni al ribasso. In particolare, l’economia europea, colpita dalle carenze energetiche derivanti dalla guerra russo-ucraina, dall’aumento dell’inflazione e dalla stretta monetaria della Banca Centrale Europea, dovrebbe fare da apripista, mentre l’economia Usa sta appena iniziando a sentire gli effetti ritardati di un cambiamento molto più restrittivo nella politica della Fed. E l’economia cinese, in difficoltà a causa della riduzione della leva finanziaria nel settore immobiliare e della politica “zero Covid”, non ha il cuscinetto che ha impedito le ricadute recessive globali nel periodo 2012-2016.
“Collettivamente, Europa, Stati Uniti e Cina rappresentano circa la metà del Pil mondiale in termini di parità di potere d’acquisto. Non essendoci altre economie in grado di riempire il vuoto, temo che una recessione globale appaia davvero inevitabile”, conclude.
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