L’ad della piattaforma, Simone Calamai, ricorda l’intuizione del “supermercato dei fondi” come una scommessa nata negli anni del dot-com e di un internet dall’evoluzione incerta. Marco Bernardeschi, head of investment advisory di Banca Ifigest, illustra i servizi della piattaforma oggi, ventidue anni dopo il suo lancio: dai portafogli modello alle analisi quantitative
“Sono passati 22 anni dalla nascita di Fundstore” racconta Simone Calamai, amministratore delegato di Fundstore. Quest’anno la piattaforma amplia la sua offerta lanciando un nuovo servizio di consulenza completamente gratuito. Si tratta di un ventaglio di cinque portafogli modello, elaborati e mantenuti (e all’occorrenza modificati) dall’Advisory Desk di Banca Ifigest, guidato da Marco Bernardeschi, head of investment advisory della Banca. Ciò che in un sunto la piattaforma promette all’investitore o all’operatore indipendente è una “guida (cioè i portafogli modello, ndr) all’interno di uno scenario complesso” e una vicinanza strategica da parte del comparto consulenziale dell’istituto.
Entrambi, intervistati dalla redazione di FocusRisparmio, hanno raccontato gli albori della piattaforma e i meccanismi attuali sottesi al servizio consulenziale erogato.
Come è nata l’idea di Fundstore e quali sono gli attuali punti di forza?
SC – La piattaforma nasce nel 2000. Lo sbarco nel mondo online è arrivato nel settembre dello stesso anno. Si trattava di una scommessa perché era il periodo delle dot-com, ma non sapevamo cosa sarebbe diventato internet. I primi esperimenti si videro negli Stati Uniti, che tutt’ora sono il nostro mercato di riferimento. Erano tentativi di intermediazione dei servizi finanziari attraverso la rete. Da qui la nostra casa madre ovvero Ifigest e nello specifico Gianni Bizzarri (ad di Banca Ifigest, ndr) ebbe l’idea di creare il “supermercato dei fondi”. E fino a oggi l’obiettivo è rimasto quello di essere un intermediario indipendente che offre al pubblico la possibilità di acquistare fondi comuni di investimento tra i più vari, in maniera quanto più trasparente possibile. In ventidue anni lo scenario è mutato sotto diversi punti di vista: dal cambiamento del paradigma tecnologico, al modo in cui sono costruiti i portafogli e i fondi, fino all’atteggiamento dei clienti stessi. Oggi i punti di forza della piattaforma sono gli stessi dell’inizio del millennio: un’offerta ampia, nessun vincolo né in termini di tempo, di asset, o di richiesta obbligatoria di aprire un fondo presso di noi per poter operare.
Quante sono le case prodotto/marchi oggi presenti su Fundstore? Fra queste quante sono italiane e quante estere?
SC – Si tratta di 170 case di gestioni per 8000 fondi. Di queste, l’80% sono o società estere o italiane che però distribuiscono i propri fondi attraverso un veicolo estero. È una caratterizzazione che proviene non tanto da una scelta quanto dalla composizione del mercato delle Sgr italiane, che distribuiscono sostanzialmente tramite la propria rete. Le società di gestione del risparmio indipendenti in Italia sono quindi molto poche.
Quanti sono i clienti della piattaforma e a quanto ammontano le masse gestite?
SC – Non utilizziamo Fundstore per la parte captive della banca. Non è del tutto parte del canale di distribuzione di Ifigest, ma i seguenti numeri vanno fuori da questo discorso. La nostra clientela tipica è formata da clienti privati che arrivano su Fundstore direttamente o perché la piattaforma è stata “segnalata” da uno o più consulenti finanziari indipendenti. Un bacino di utenza nella quale abbiamo sempre creduto. Il circolo virtuoso è il seguente: il cliente finanziario ha un cliente al quale dà delle raccomandazioni di investimento e questo cliente viene sulla piattaforma per metterle in pratica. Modello piuttosto comune nel mondo anglosassone, che da noi ha attecchito meno. In definitiva, questa attività qui cuba attorno al miliardo di euro, su una clientela di 12.000 clienti circa.
Qual è l’impatto che vi aspettate dal lancio del servizio portafogli modello? E quali sono le prime evidenze?
SC – Abbiamo scelto un periodo difficile per lanciare l’iniziativa, ma abbiamo avuto un buon riscontro di interesse. Il progetto nasce dal tentativo di rispondere a una domanda della nostra clientela, che è in media piuttosto preparata. I prodotti che mettiamo a disposizione sono tanti e l’industria ne crea continuamente di piuttosto sofisticati. L’utente si chiede: con 8000 fondi come faccio a orientarmi nell’offerta? La creazione di portafogli modello risponde quindi all’esigenza di avere una guida per la propria strategia di investimento.
Dott. Bernardeschi, parliamo di Advisory Desk: qual è il contributo alla piattaforma e il criterio che applica nella creazione dei cinque portafogli modello?
MB – Assieme al gruppo ci concentriamo prima di tutto nella short list e nelle analisi quantitative dei fondi. Il lavoro che svolgiamo è diviso in due parti: una parte quantitativa, in cui si procede con un’analisi approfondita dei fondi, un ranking dove per ogni settore, ma anche sottosettore facciamo un’analisi di efficienza ed una parte qualitativa dove andiamo in profondità fondo per fondo studiando la strategia e confrontandoci direttamente col team di gestione delle varie case d’investimento. Solitamente i desk di Advisory utilizzano l’asset allocation per fare un’analisi top down: noi sostanzialmente procediamo al contrario, perché non costruiamo dei portafogli che debbano assomigliare a un benchmark, ma creiamo portafogli ottimali nei vari contesti di mercato.
Scendiamo nello specifico. Perché ne avete composti cinque? Come si adattano in relazione alle esigenze del cliente?
MB- I nostri portafogli si dividono tra azionario, obbligazionario, bilanciato, flessibile e total return. La scelta è stata dettata dall’idea iniziale di non fare in prima battuta una consulenza specifica per il singolo cliente, ma di proporre un portafoglio modello per varie asset class e profili di rischio. Sulla base di questa analisi, il cliente ha davanti a sé una strada tracciata all’interno di una situazione complessa. Abbiamo notato che i clienti in questo periodo storico si stanno dirigendo verso gli alternativi, ma la scelta di un portafoglio modello non è vincolante e il cliente può scegliere di modificarlo con l’aiuto dell’Advisory Desk.
Perché un investitore dovrebbe optare per un portafoglio modello? Quali sono i vantaggi che porta la piattaforma alla strategia di investimento?
MB – Sicuramente il lavoro che effettuiamo sui best in class, sia da un punto di vista di valutazioni numeriche sia da un punto di vista qualitativo dei singoli fondi permette di focalizzarsi solo sul meglio. Successivamente, anche l’attenzione alle modifiche e al contesto di mercato è un grande aiuto per l’investitore. La piattaforma permette di costruire e modificare i portafogli in base ai contesti di mercato, partendo da un assunto differente dal concetto di diversificazione. Ad esempio, quest’anno è chiaro che l’asset vincente per la diversificazione non viene dall’obbligazionario ma dagli alternativi. È possibile vederlo solo con analisi quantitative, capillarmente, giorno per giorno.
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