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In termini nominali i ricavi da commissioni superano quelli dall’attività di credito. Per Primanni (Excellence Consulting) il razionale di questo trend è più finanziario che industriale: “Per le banche un’opportunità da cogliere”
Il 2020 è stato un anno spartiacque per il sistema delle banche tradizionali in Italia in quanto vede consolidarsi una tendenza in atto già da tempo. Lo scorso anno, rileva la Federazione Autonoma dei Bancari Italiani (Fabi), è avvenuto uno “storico sorpasso dei ricavi da commissione su prodotti finanziari rispetto a quello derivante dalla tradizionale attività di erogazione di credito”.
Da istituti di credito a botteghe finanziarie
Secondo lo studio della Federazione, che ha analizzato i ricavi complessivi nel 2020, su 78,1 miliardi di euro registrati, oltre la metà, cioè 39,4 miliardi, arriva da commissioni su prodotti finanziari, mentre il credito garantisce ricavi per 38,7 miliardi. “La distanza tra le percentuali, 50,5% contro 49,5% – sottolinea il sindacato – sembra irrilevante, ma in realtà si tratta di un sorpasso storicamente importante che si riflette anche sulla clientela”.
L’analisi della redditività
Se l’analisi di Fabi è vera in termini nominali, scomponendo il margine d’intermediazione nelle sue diverse componenti e confrontando i dati sulla redditività – vale a dire rapportando le commissioni nette e la raccolta totale – compaiono delle sfumature.
Da uno studio condotto da Excellence Consulting per FocusRisparmio emerge che fra i grandi gruppi bancari analizzati, soltanto in un caso (Mps) la redditività delle commissioni nette supera quella del margine d’interesse. Per Ubi Banca si eguagliano, mentre per gli altri cinque grandi istituti analizzati la quota prevalente deriva ancora dal credito. Più ricca di sfumature la situazione per le banche di media dimensione e le popolari.
“È interessante – afferma Maurizio Primanni, Ceo Excellence Consulting – e foriera di suggestioni la tesi secondo cui le banche sarebbero sempre più botteghe finanziarie e meno istituti di credito”. Secondo le analisi della società di consulenza, però, l’aumento dei ricavi sui prodotti finanziari è legato per gran parte alla crescita dei mercati finanziari, che dopo la crisi del 2008, hanno continuato a crescere, in virtù anche delle scelte espansive delle banche centrali.
“Mentre i ricavi sul credito dipendono dal credito erogato, quelli sugli investimenti sono anche condizionati dall’effetto mercato; quindi, non strettamente connessi alla capacità delle banche di distribuire e fare consulenza sui prodotti finanziari”, spiega Primanni.
“Il fatto – continua l’esperto – che il razionale sia più finanziario che industriale, è confermato anche dai dati di redditività (es. il rapporto tra commissioni nette e raccolta totale) che si attestano su valori similari tra le diverse banche indipendentemente dalla loro dimensione: senza quindi correlazione con la capacità industriale dell’istituto di credito. L’analisi di Fabi, scontata dell’effetto dei mercati finanziari, evidenzia un’opportunità da cogliere per le banche, le quali, rafforzando il loro modello industriale nella gestione del risparmio dei clienti prendendo spunto dai modelli organizzativi e operativi delle reti di consulenti finanziari, potrebbero accrescere ulteriormente il livello dei ricavi del settore”, conclude Primanni.
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