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Bruxelles annuncia la sua strategia per difendersi dall’Inflaction Reacton Act Usa: subito un piano industriale per il Green Deal, poi l’European Sovereignty Fund per sostenere la transizione green
Un piano industriale per il Green Deal nell’immediato e un fondo sovrano Ue per il medio termine. È la ricetta annunciata a Davos dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per sostenere l’Unione europea e rispondere all’Inflaction Reacton Act degli Usa, il piano di investimenti da 370 miliardi di dollari la cui componente principale riguarda il clima, e che spaventa Bruxelles perché rischia di attirare Oltreoceano un gran numero di investimenti a scapito del Vecchio Continente.
“La Ue deve realizzare la transizione verso le emissioni zero senza creare nuove dipendenze e per farlo ha un piano: un piano industriale per il Green Deal”, ha spiegato la presidente, precisando che, dal punto di vista finanziario, gli aiuti di Stato sarebbero una soluzione limitata e che, per evitare la frammentazione del mercato unico, è necessario aumentare i finanziamenti europei. Per questo Bruxelles è già al lavoro per preparare “un Fondo sovrano europeo nella revisione di medio-termine del nostro bilancio nel 2023”, mentre dal lato normativo, la soluzione scelta è quella di un nuovo NetZero Industry Act sulla falsariga del Chips Act.
“Non è un segreto – ha sottolineato la von der Leyen- che alcuni elementi dell’Inflation Reduction Act degli Usa abbiano sollevato una serie di preoccupazioni in termini di alcuni degli incentivi mirati per le aziende. Ecco perché abbiamo lavorato con i nostri amici degli Stati Uniti per trovare soluzioni. Ad esempio, in modo che anche le aziende della Ue possano beneficiare della legge sulla riduzione dell’inflazione. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di evitare interruzioni del commercio transatlantico. Dovremmo garantire che i nostri rispettivi programmi di incentivi siano equi e reciprocamente rafforzati, e dovremmo anche stabilire come possiamo beneficiare congiuntamente di questo massiccio investimento”.
Dagli aiuti al Fondo sovrano
Dunque non solo aiuti, che rischiano di acuire le differenze tra gli Stati membri, ma un grande Fondo sovrano comune che sostenga direttamente le imprese europee, con l’obiettivo di portare a termine la transizione verde e quella digitale.
Già annunciato a settembre dalla von der Leyen, e sostenuto sia dal presidente del Consiglio europeo, il francese Charles Michel, che dal commissario agli Affari economici, l’italiano Paolo Gentiloni, l’European Sovereignty Fund dovrebbe quindi contribuire a rafforzare la competitività del mercato unico, puntando sull’autonomia strategica dell’Unione.
Dettagli, funzionamento e schemi di finanziamento sono già allo studio dei tecnici di Bruxelles, mentre una prima proposta è attesa entro l’estate. Intanto una delle strade più probabili sembra essere quella di finanziare il Fondo attraverso il debito comune, come avvenuto con il NextGeneration Eu. Bisogna però ancora capire la posizione dei Paesi rigoristi che finora sulla questione non hanno mostrato entusiasmo.
I Fondi Sovrani
I Sovereign Wealth Fund (Swf) sono fondi di investimento controllati dallo Stato, che investono in asset reali e in strumenti finanziari tradizionali o alternativi. Le risorse provengono in genere da asset nazionali, partecipazioni statali e riserve.
Secondo uno studio Invesco dello scorso novembre, negli ultimi dieci anni questi fondi sono cresciuti per numero e dimensioni, collocandosi tra gli investitori istituzionali più influenti del mondo, con asset gestiti per 33 mila miliardi di dollari Usa. Sono infatti considerati istituzioni pubbliche di alto profilo dalle quali ci si aspetta trasparenza e responsabilità e che diventino i fautori di un cambiamento economico e sociale positivo. Non solo. Il successo di quelli esistenti ha spinto numerosi Paesi a creare i propri, con un aumento costante del numero di fondi sovrani di sviluppo, ossia impegnati nella diversificazione e nello sviluppo dell’economia locale.
Nonostante il 2021 e il 2022 abbiano messo a dura prova i mercati, e quindi anche i bilanci degli Swf, si parla sempre di colossi degli investimenti. Stando all’ultimo rapporto diffuso dal Sovereign Wealth Fund Institute, al momento in testa c’è il fondo sovrano cinese China Investment Corp. con 1.350 miliardi di dollari di patrimonio, seguito dal collega norvegese, il Norway Government Pension Fund Global, e dall’Abu Dhabi Investment Authority, con asset rispettivamente per 1.130 miliardi e 790 miliardi.
Seguono Kuwait Investment Authority, al quarto posto con 750 miliardi di dollari, e GIC Private Limited di Singapore, quinto con un patrimonio di 690 miliardi. Sesto in classifica il Saudi Arabia’s Public Investment Fund, a quota 607 miliardi.
Quanto alle strategie di investimento, nel tempo questi fondi si sono trasformati in investitori globali più convenzionali, con target di rendimento aggressivi. Sempre secondo Invesco, infatti, gli investimenti strategici diretti che nel 2013-14 costituivano il 79% dei portafogli di fondi sovrani di sviluppo, sono scesi al 46% nel 2022, a favore di allocazioni più elevate ad azioni, obbligazioni e strumenti alternativi.
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