La piccola frenata del mercato del lavoro fa intravedere una stretta più leggera per il prossimo meeting. Ma i gestori frenano: decisivo il dato sull’inflazione del 13 settembre
Le borse europee ce l’hanno fatta e hanno chiuso la settimana con il segno più dopo cinque sedute consecutive in rosso. Diversa la sorte di Wall Street che invece non è riuscita a festeggiare appieno i dati sul mercato del lavoro Usa, affondata in serata dalla notizia che Putin non riaprirà i rubinetti di Nord Stream.
La piccola frenata del mercato del lavoro Usa
A dare gas ai listini ansiosi di rimbalzare sono stati appunto gli attesi numeri del Bureau of labor statistics, che hanno certificato un lieve aumento del tasso di disoccupazione, grazie a una maggiore partecipazione al mercato del lavoro. Un piccolo passo indietro accolto positivamente dagli investitori che sperano in un mercato meno congestionato sul lato dell’offerta che possa spingere la Fed a moderare il ritmo della stretta monetaria.
L’economia a stelle e strisce ha creato 315 mila posti di lavoro in agosto, meglio dei 300 mila attesi. Ma il tasso di disoccupazione è salito al 3,7%, dal 3,5% di luglio. Quest’ultimo dato rappresenta per gli esperti una piccola svolta positiva perché potrebbe indicare un primo debole segnale di cedimento nel mercato del lavoro che conseguentemente porterebbe ad una riduzione delle pressioni inflazionistiche. Gli occhi sono dunque tutti puntati sul 13 settembre quando verranno pubblicati i numeri dell’inflazione di agosto, ultimo dato cruciale prima del meeting Fomc del 21.
La view dei gestori
Se le aspettative per un terzo aumento consecutivo dei tassi di 75 punti base sono scese al 56% dal 75% dopo i dati del Bureau of labor statistics, sono però molti gli analisti che restano scettici su un cambio di atteggiamento da parte banca centrale Usa.
“Sebbene il dato di oggi possa essere parzialmente interpretato come un leggero indebolimento dei fondamentali dell’occupazione statunitense – osserva Federico Vetrella, market strategist di Ig Italia -, il tasso di disoccupazione rimane ancora estremamente basso cosa che quindi porterà la banca centrale a continuare a rialzare i tassi ancora nel breve termine anche se lo farà seguendo un approccio ‘data driven’ che le permetterà di adattarsi ai mutamenti dei fondamentali macroeconomici”.
Per Vetrella, al momento l’economia statunitense sta subendo una fase di assestamento dopo i due aumenti consecutivi dei tassi di interesse da 75 punti base. “Pensiamo che la Federal Reserve comincerà a tenere sotto stretta osservazione i dati sul lavoro che potrebbero mostrare un ulteriore deterioramento nei prossimi mesi anche se nella prossima riunione la banca centrale potrebbe continuare con il terzo rialzo da 75 punti base. Infatti, siamo sicuri che la Fed continuerà ad agire aggressivamente sui tassi di interesse nel breve termine fino a che non registrerà un consistente allentamento dell’inflazione”, afferma.
Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte
Per Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, i dati sul mercato del lavoro Usa evidenziano “segnali di lieve riduzione delle condizioni estremamente sottili dal lato dell’offerta di lavoratori, tali da aumentare il rischio di pressioni salariali ulteriori, oltre a quelle già emerse nei mesi scorsi”.
“Un’ulteriore indicazione che emerge dal dato – evidenzia – è come progressivamente stia diminuendo l’apporto all’occupazione della componente leisure and hospitality, in parte ricollegabile ai sintomi di riduzione del cosiddetto ‘revenge spending’ che si è riscontrato anche da analoghe componenti dell’inflazione”.
Per il meeting di settembre, però, secondo Cesarano restano valide entrambe le ipotesi, sia di un incremento di 50 pb sia di un rialzo più consistente da 75 pb. “Decisivo sarà il dato sull’inflazione di agosto in pubblicazione il 13 settembre”, conclude.
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