Secondo il governatore di Bankitalia, l’integrazione è essenziale per la competitività dell’Europa. Ma prima vanno risolti due problemi: la mancanza di eurobond e l’incompletezza dell’unione bancaria
Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della BCE
Essenziale. Con questo aggettivo il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha introdotto l’argomento del mercato unico dei capitali nelle sue prime Considerazioni finali da protagonista. Tra analisi sull’economia nazionale, richiami al governo, indicazioni di politica monetaria e raccomandazioni alle banche, il numero uno di via Nazionale ha infatti dedicato ampio spazio a uno dei temi che più gli sta a cuore, considerandolo vitale per la stessa Unione Europea, e quindi per l’Italia. Secondo il banchiere centrale, all’architettura economica europea mancano infatti due elementi essenziali: una politica di bilancio comune e un mercato dei capitali integrato. E per quest’ultimo ha offerto la sua road map, che passa dall’introduzione degli eurobond e dal completamento dell’unione bancaria.
L’importanza del risparmio e degli intermediari
Per Panetta è pura illusione pensare di finanziare l’enorme volume di investimenti necessari per la competitività dell’economia europea “senza un preponderante apporto del risparmio privato e senza la professionalità degli intermediari”. Nell’Area euro, ha ricordato, si genera un risparmio che supera l’ammontare degli investimenti, ma che in gran parte finisce all’estero. Al fine di trattenere questi soldi e attrarre risorse internazionali, per il governatore è dunque necessario “un mercato dei capitali europeo integrato, efficiente, liquido, all’avanguardia tecnologica, in grado di allocare il risparmio nelle mani degli imprenditori più capaci”.
In questo modo l’Europa vedrebbe aumentare i flussi di investimento tra Paesi e offrirebbe a famiglie, imprese e intermediari migliori opportunità di diversificazione dei rischi, attenuando l’impatto delle fluttuazioni cicliche. “Si stima che oggi nell’area dell’euro solo un quarto degli shock locali vengano assorbiti attraverso i canali bancario e finanziario, contro tre quarti negli Stati Uniti”, ha precisato il numero uno di Bankitalia.
Due step per il mercato europeo dei capitali
Per completare l’integrazione, secondo l’inquilino di palazzo Koch vanno però prima risolti due problemi fondamentali. Uno è quello che riguarda gli eurobond. L’introduzione di un programma regolare e liquido di titoli pubblici europei privi di rischio, infatti, “agevolerebbe la valutazione di prodotti finanziari quali le obbligazioni societarie e i derivati, stimolandone l’espansione; offrirebbe una forma di collaterale utilizzabile in tutti i segmenti di mercato, anche per gli scambi transfrontalieri; costituirebbe la base delle riserve in euro delle banche centrali estere, rafforzando il ruolo internazionale della nostra valuta”. I bond offerti nell’ambito del programma Next Generation EU, secondo il governatore, vanno in questa direzione, mahanno la pecca di essere dei “collocamenti episodici”. “Non rappresentano un punto di svolta: la scarsa liquidità disincentiva l’inclusione dei prestiti negli indici di riferimento e ostacola l’introduzione di contratti derivati per la gestione dei rischi”, ha sottolineato.
Secondo step da completare è quello dell’Unione bancaria. L’istituzione del Meccanismo di vigilanza unico e del Meccanismo di risoluzione unico non bastano infatti a creare un mercato europeo dell’attività bancaria pienamente integrato. E Panetta osserva come il settore creditizio rimanga “frammentato lungo linee nazionali”. A suo parere, manca un fondo europeo di garanzia dei depositi, il sistema di gestione delle crisi bancarie è incompleto e rimangono ostacoli al trasferimento di capitale e liquidità dei gruppi bancari tra Paesi. “Dato il ruolo centrale delle banche in tutti i segmenti del mercato dei capitali, è difficile immaginare un mercato integrato se esse non possono operare efficacemente in tutta l’Area dell’euro”, ha fatto notare.
A queste due “precondizioni”, Panetta ha poi aggiunto un’altra serie di passaggi importanti: la definizione di un Testo unico della finanza europeo, il rafforzamento dell’attività di supervisione centralizzata e l’omogeneizzazione dei meccanismi di gestione delle crisi di impresa.
Lo sconfortante confronto con gli USA
Il quadro, per ora, rimane sconfortante se paragonato a quello Usa. Panetta ha infatti ricordato che i mercati dei capitali europei sono ancora poco sviluppati e frammentati, nonostante gli sforzi di integrazione compiuti con la legislazione Ue. “Nell’Area dell’euro il valore in rapporto al Pil delle obbligazioni emesse dalle imprese è un terzo di quello degli Stati Uniti; inoltre, sebbene il capitale di rischio rappresenti in entrambe le aree la principale fonte di finanziamento, le azioni sono prevalentemente non quotate, mentre negli Stati Uniti sono in gran parte negoziate in borsa, consentendo alle imprese di attingere a un ampio bacino di investitori”, ha detto.
Il governatore ha anche lasciato che i numeri parlassero da soli: in Europa ci sono 59 mercati azionari regolamentati, riconducibili a oltre 30 gruppi proprietari, mentre tra le infrastrutture borsistiche si contano 27 depositari centrali e 10 controparti centrali. Negli Stati Uniti operano invece 24 mercati azionari, in gran parte facenti capo a 4 gruppi, un solo depositario centrale e una solo controparte centrale. “Credo siano evidenti gli svantaggi che il nostro assetto frammentato genera in termini sia di funzionalità e liquidità, sia di barriere all’ingresso per risparmiatori e imprese”, ha concluso.
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