I mercati scommettono sulla pausa Fed. Il riassunto della settimana
Il punto su quanto accaduto e sulle attese, a cura di Francesco Casarella, responsabile Italia di Investing.com
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I venti di guerra che soffiano forti dal confine tra Russia e Ucraina abbattono i listini, scatenando una bufera di vendite su tutti i mercati globali e in quasi la totalità dei settori. Gli investitori temono infatti un’imminente conflitto tra Mosca e Kiev, dopo le parole del presidente Usa, Joe Biden, che ha garantito al suo omologo ucraino, Volodymyr Zelensky, una risposta “rapida e decisa” nel caso di un’aggressione delle truppe di Vladimir Putin.
Con gli investitori già provati dai timori per le prossime mosse delle banche centrali sull’inflazione, l’ipotesi di una guerra nel cuore dell’Europa ha scatenato il panico e segnato di rosso la prima mattinata di scambi della settimana, con Milano a guidare i ribassi del Vecchio Continente, dopo la chiusura negativa delle piazze asiatiche. A soffrire in particolare, i titoli di banche, tech, energia e compagnie aeree.
Il salvataggio da una seduta catastrofica è arrivato, quasi in zona Cesarini, poco prima dell’avvio di Wall Street, con le parole del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che ha invitato il suo Paese e il suo presidente a proseguire sulla via della diplomazia e parlato di “chance di accordo”. I listini hanno leggermente ridotto le perdite e un po’ di calma è tornata anche per petrolio, oro ed euro.
Ma il sospiro di sollievo è appunto solo un soffio e la situazione resta esplosiva. I mercati lo sanno e per questo l’avversione al rischio rimane alta e si traduce in una fuga dalle azioni e in una corsa verso titoli di Stato, yen e lingotti. Quasi preannunciata, quindi, l’impennata dello spread Btp-Bund, con gli investitori che tornano ai sicuri titoli tedeschi: il differenziale ha toccato in mattinata i 171 punti, contro i 165 di venerdì, il massimo da giugno 2020.
La tensione si fa sentire soprattutto sui prezzi di gas e petrolio. Sempre nel corso della mattina il greggio Wti è schizzato ai massimi da oltre 7 anni, sfiorando i 95 dollari al barile mentre il Brent quotato a Londra ha segnato un rialzo dell’1,3% attestandosi a 95,66 dollari. Il gas naturale, di cui la Russia è la principale fonte europea, ha raggiunto ad Amsterdam gli 88 euro al Megawattora, in aumento del 12%. In corsa anche palladio e grano, la cui fornitura globale dipende in larga misura proprio da Mosca e Kiev, e ovviamente l’oro che è arrivato a 1.856 dollari l’oncia.
Insomma, per i mercati siamo ormai ad una svolta e dopo tanti avvertimenti dall’una e dall’altra parte il momento decisivo della crisi tra Russia e Ucraina si sta avvicinando. “I prossimi dieci giorni saranno probabilmente cruciali, poiché le Olimpiadi invernali si concluderanno il 20 febbraio e le esercitazioni militari russe in Bielorussia termineranno la stessa settimana – spiegano Alberto Gallo e Gabriele Foà, portfolio managers Algebris Global Credit Opportunities Fund -. Qualsiasi decisione militare importante sarà probabilmente presa in questo periodo di tempo, soprattutto perché la situazione in Ucraina orientale peggiorerà significativamente a partire da metà marzo”.
Secondo i due esperti, in termini di prezzi degli asset, la principale conseguenza di un’invasione sarebbe un forte aumento di petrolio ed energia, in quanto le conseguenti sanzioni alla Russia renderebbero più difficile l’accesso globale all’energia. “L’impatto di una crisi – osservano – potrebbe, in ultima analisi, dimostrarsi inflazionistico, con una maggiore pressione a medio termine sui tassi (dopo una potenziale stretta iniziale dei tassi su un ampio movimento di risk off)”.
In questo scenario, secondo Gallo e Foà, i mercati azionari e gli asset a maggior rischio inizialmente si svaluterebbero, ma potrebbe essere un movimento di breve durata, dato che le importazioni statunitensi dalla Russia sono ormai vicine allo zero e le esportazioni russe verso la Cina non saranno colpite. “Le prospettive per la crescita globale potrebbero quindi non cambiare molto, anche in presenza di tensioni prolungate. Il debito e le azioni dei mercati emergenti sarebbero sottoperformanti, data la presenza di Russia ed Ucraina negli indici e gli effetti di contagio su altri mercati”, sottolineano.
Più allarmistica la visione di Morgan Stanley, secondo cui un’invasione russa dell’Ucraina scatenerebbe una nuova recessione per le economie sviluppate e peserebbe fortemente sui mercati azionari, con i titoli energetici a guidare i tracolli. Un eventuale conflitto “aumenta materialmente le probabilità di un vortice polare per l’economia e gli utili societari”, avverte lo strategist Michael Wilson, stando al quale un’ulteriore impennata dei prezzi dell’energia “distruggerebbe la domanda e manderebbe forse diverse economie in una vera e propria recessione”.
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