I settori che vinceranno nel dopo-Covid
eMobility e titoli verdi per battere il Covid. Parlano gli esperti
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Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Novembre – Dicembre 2020 |
“Fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione”. È questo, parafrasando una celebre battuta del “Perozzi” (da “Amici Miei” di Mario Monicelli), quello che caratterizza un disruptor, o meglio una di quelle società destinate a rivoluzionare i mercati di riferimento partendo dai megatrend in corso (dalla digitalizzazione all’open banking passando dai temi Esg fino alla pandemia) e, possibilmente, anticipando i prossimi.
Come Amazon con la distribuzione e logistica venti anni fa. Perché, questo è certo, nelle start-up che nel tempo si trasformano in imprese disruptor c’è del genio, una stupefacente capacità di immaginare un mondo diverso da quello conosciuto e che può far guadagnare palate di soldi a quegli investitori in grado di condividerne la visione. Si pensi solo che la società fondata nel 1994 da Jeff Bezos ai tempi dell’Ipo, nel maggio del 1997, valeva 1,5 dollari per azione (per una valorizzazione complessiva di 438 milioni di dollari). Nel 1999, invece, ha toccato i 113 dollari per poi collassare a 5,51 dollari nel 2001 con lo scoppio della bolla dot-com. Poteva essere la fine. Ma oggi Amazon passa di mano a 3.335 dollari per azione e vale in Borsa 1.671 miliardi. Chi avesse investito mille dollari ai tempi del debutto di Amazon a Wall Street oggi si troverebbe un tesoretto di 1,8 milioni di dollari circa. Ma anche entrando al picco del ’99 si sarebbero fatti affari d’oro. Essenziale era credere in Bezos: non semplice quando Amazon era solo un gruppo che vendeva libri online in tutto il mondo.
Ecco, quindi, che diventa cruciale cercare di capire quali saranno le Amazon dei prossimi vent’anni, i disruptor 2020. Ma come individuare l’epicentro di un cambiamento in grado di mutare il mercato prima che questo sia noto ai quattro angoli del pianeta? Non esistono formule magiche. Molti fondi di venture capital investono in start-up promettenti, ma non tutte arrivano al traguardo.
Per uno sguardo a quelle società già sui binari in direzione delle Borse finanziarie internazionali, si può fare riferimento alla lista che Cnbc stila annualmente, effettuata su un sistema metodologico proprietario che punta a individuare le start-up innovative ad alto tasso di crescita e destinate a diventare le multinazionali del futuro. Le 50 società individuate sul 2020, tra 1.355 esaminate e fondate dopo l’1 gennaio 2005, hanno una capitalizzazione di mercato di 277 miliardi di dollari, hanno raccolto 74 miliardi dai fondi, in 37 hanno assunto personale dall’inizio della pandemia e in 19 hanno lanciato nuovi prodotti per centrare le mutate esigenze dei consumatori. Molte sono ancora nelle mani di investitori privati, che round dopo round immettono liquidità nelle casse delle ex start-up scommettendo sulla loro accelerazione ed esplosione futura dei diversi business. Ma non manca qualche disruptor già approdato sul mercato, facilmente accessibile quindi agli investitori che volessero scommettere sulla capacità della singola società di rivoluzionare il mercato.
La tecnologia è il trait d’union delle imprese esaminate, che tuttavia applicano intelligenza artificiale, cloud e big data a diversi settori: robotica, logista, trasporti, sicurezza informatica, catena alimentare e persino droni, ma anche formazione online e telemedicina, divenuti cruciali con l’esplosione della pandemia.
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