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Per Harry Richards, investment manager di Jupiter AM, si tratta della diretta conseguenza del repentino rialzo dei tassi. Uno scenario che le autorità di regolamentazione, negli scorsi 15 anni, avevano tentato di scongiurare; a quanto pare, senza successo
Il 2023 si è aperto con diversi punti di criticità per la parte Occidentale del mondo. Il Tesoro Americano è alla prese con il fallimento della Silicon Valley Bank, mentre l’Europa cerca di capire se l’affair Ubs-Credit Suisse possa rappresentare un problema sistemico per l’area euro. Per Harry Richards, investment manager di Jupiter Asset Management, il problema a monte è la stretta monetaria estremamente aggressiva in un tempo tanto ristretto. Oltre a diverse problematiche strutturali.
Fondamenta scricchiolanti
Nonostante lo sforzo delle autorità di regolamentazione di creare soluzioni macroprudenziali e normative per evitare il ripetersi di scenari critici, le banche si ritrovano per paradosso in una nuova situazione complicata. “I problemi bancari che abbiamo visto nelle banche regionali americane” afferma Richards, “sono in realtà il sintomo diretto di un innalzamento repentino dei tassi” negli ultimi 12 mesi. “L’inasprimento”, continua, “ha causato una certa pressione generale sull’economia”.
La prima avvisaglia di stress acuto del sistema, secondo il gestore, è stata “la crisi dei Gilt britannici” dello scorso anno. I recenti sviluppi di Silicon Valley Bank e Credit Suisse per Richards seguono lo stesso filone.
“Vi erano aree di debolezza strutturali molto specifiche nell’attività di SVB, come un’elevata concentrazione di clienti, depositi per lo più non assicurati e un’esposizione ai tassi di interesse senza copertura” racconta il gestore. Senza alcun spoiler, la fine è nota: la banca in pressione ha dovuto realizzare ingenti perdite sulle sue partecipazioni obbligazionarie per rispondere al ritiro dei depositi da parte degli investitori. Il circolo vizioso ha portato al fallimento.
Ma il Vecchio Continente?
“Riteniamo che le banche europee non abbiano gli stessi problemi e si trovino in un migliore stato di salute” afferma il gestore. Ciò non toglie, specifica, che la “pressione dei tassi più elevati ha comunque il potere di far emergere alcune debolezze”.
Dello stesso avviso, Andrea Enria, presidente della vigilanza della Bce, che ha dichiarato alla commissione Affari economici e monetari del Parlamento Ue: “Per le banche europee la posizione di capitale e la copertura di liquidità sono solidi e vanno tenute sotto controllo”. Indicando un Cet1 (coefficiente che indica il cuscinetto di protezione della banca) del 15,3% alla fine dello scorso anno.
D’accordo gli analisti di S&P Global che però chiosano: “Il mercato dei finanziamenti per il capitale gli istituti europei potrebbe rimanere volatile per un qualche tempo”.
Intanto a Est
Sono due i fattori per Reza Karim, investment manager, Fixed Income – EMD di Jupiter Asset Management, ad aver influenzato il mercato dei Paesi Emergenti. E non si tratta della guerra Ucraina-Russia, che ha avuto un “impatto sul mercato inferiore del 4-5%”, specifica Karim. Il primo è il lockdown della Cina, che assieme agli Usa influenza fortemente l’area emergente. Il blocco dovuto alle politiche di contenimento ha fatto mancare “un’importante driver di crescita”. Il secondo fattore sono stati i treasuries americani e, ancora una volta, “il repentino aumento dei tassi” afferma Karim.
Questo ha portato le banche centrali dei Paesi Emergenti a essere “più proattive nei confronti della Fed” e di muoversi più velocemente. Tanto che “l’inflazione è già rientrata per buona parte del mercato dell’area”.
Cura bond
La view del gestore e del suo team, è precisa: “I government bond potrebbero coprire da questo tipo di rischi, a causa del sell off che abbiamo visto l’anno scorso sui mercati”. La buona notizia per Richards è “il forte ripristino della correlazione negativa tra i rendimenti dei titoli di Stato dei mercati sviluppati e gli spread creditizi”. Insomma, specifica l’esperto, si tratterebbe di un forte elemento di diversificazione rispetto al credito.
“Il rendimento complessivo disponibile nel reddito fisso rimane estremamente interessante” afferma Richards che guarda all’allocazione obbligazionaria diversificata con esposizione a titoli di Stato di alta qualità e a crediti societari accuratamente selezionati come uno strumento utile agli investitori: “un livello di volatilità controllato e potenziale per rendimenti robusti” conclude.
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