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Il nuovo country head del gestore britannico è tra i più giovani nel settore ma ha già le idee chiare sul futuro del business: “Il passivo è qui per restare ma con la recessione in vista la selezione dei titoli tornerà a giocare un ruolo chiave”. Absolute return, istituzionali e vendita diretta le chiavi per rafforzarsi in Italia
“Il 2022 ha rappresentato uno spartiacque per i mercati finanziari: dopo anni vissuti sull’onda della liquidità in eccesso prodotta dalle banche centrali, gli investitori sono rimasti spiazzati nel vedersi catapultati in uno scenario fatto di inflazione alle stelle, alti tassi di interesse, rischio recessione. E di fronte a un’inedita correlazione positiva tra equity e bond, entrambi protagonisti di performance negative, a produrre le peggiori perdite ha contribuito soprattutto la disabitudine a un’attenta selezione dei prodotti da mettere in portafoglio, spesso troppo simili. Ecco perché l’anno che ci attende promette di essere il trampolino di (ri)lancio definitivo per la gestione attiva”.
Questo è lo scenario disegnato per il 2023 da Andrea Porro. Lo scorso novembre Jupiter Asset Manager lo ha nominato suo nuovo country head per l’Italia facendo di lui uno dei più giovani professionisti del settore ad assumere questo ruolo. Da allora, Porro guida la branch italiana del gruppo secondo una filosofia in linea con le qualità gestionali della società e votata, cioè, a flessibilità e diversificazione.
Qual è il ruolo di Jupiter AM nel mercato italiano e quale futuro state costruendo per la casa di gestione?
Quello di Jupiter in Italia è un progetto che abbiamo iniziato sei anni fa, quando l’azienda ha inaugurato gli uffici milanesi. Da allora abbiamo incassato un ottimo riscontro dai clienti, tanto che oggi mi sento di poterci definire un player di successo all’interno del settore. Merito soprattutto di un posizionamento molto chiaro, che è mia intenzione conservare anche in futuro proprio per continuare a distinguerci in un mercato molto competitivo: ci proponiamo esclusivamente come un gestore attivo nei public market ma siamo anche una società di persone, dove i gestori sono cioè lasciati liberi di perseguire le strategie di investimento che ritengono più opportune entro i limiti del loro mandato. Questo fa sì che nel lungo periodo resti spazio solo per chi ha la capacità di generare Alfa, come del resto emerge guardando alla qualità media della nostra gamma di strategie.

Andrea Porro, country head per l’Italia di Jupiter AM
Volgendo lo sguardo indietro fino al 2016, quando avete debuttato nel nostro Paese, quali sono state le mosse che hanno permesso di consolidare la presenza in Italia?
La performance non fa tutto. Specie in un mercato come quello italiano che è ormai saturo e dove quindi c’è sempre più esigenza di innalzare la gamma per intercettare il cliente private. Ciò che ha funzionato per noi è stato sviluppare strategie complementari rispetto ai più classici building blocks e proporre prodotti capaci di soddisfare le esigenze di rendimento dei clienti anche in un contesto di mercato estremamente sfidante come quello attuale: penso, ad esempio, all’absolute return. Questo approccio ci ha permesso di essere percepiti, anche in gamme già ben consolidate di offerta, come una fonte di distinzione per distributori e gestori. Il tutto senza trascurare il vantaggio di avere alle spalle un brand dall’alta riconoscibilità soprattutto nel mondo delle gestioni discrezionali.
Inflazione a livelli che non si vedevano da 40 anni. Tassi in salita. Incertezza sulle mosse delle banche centrali. E ora anche la prospettiva di una probabile recessione incombente. Con queste premesse, pensa che il 2023 possa vedere la clientela riorientarsi in maniera decisa verso la gestione attiva?
Quello che ci attende sarà certamente un anno ricco di opportunità. La marea di liquidità che ha spinto i mercati in questi anni è venuta meno e ora segmenti come le mega cap, che prima garantivano il massimo ritorno al minimo sforzo, si trovano ad arrancare. Per un gestore attivo, un simile scenario significa possibilità di allargare i margini di manovra e di valorizzare la propria capacità di selezionare i titoli piuttosto che comprare tutto il mercato. A maggior ragione se, come sembra, andremo incontro a una contrazione dell’attività economica. Per quanto riguarda Jupiter nello specifico, avere diverse strategie nel mondo absolute ci dà la possibilità di rafforzare in nostro profilo in termini di diversificazione. L’obiettivo resta quindi cercare di inserire in portafoglio quanti più elementi possibili decorrelati da equity e bond. Senza dimenticare le asset class più tradizionali come il credito e il governativo total return ma anche quelle laterali su cui non guasta avere un minimo di esposizione: penso, ad esempio, ai metalli preziosi come riserva di valore rispetto al dollaro.
Le difficoltà incontrate negli ultimi anni dai gestori attivi su alcune asset class fa pensare che ci possa essere una razionalizzazione delle partnership da parte dei distributori. Come sarà nel nuovo contesto di investimento la dinamica tra attivo e passivo?
Abbiamo assistito a una forte crescita della componente passiva ma questo non rappresenta necessariamente un danno. La fine dell’asset allocation 100% su building blocks con tracking error basso può, infatti, liberare budget di rischio per prendere posizioni attive più concentrate nei portafogli. Strategicamente, ritengo quindi che attivo e passivo continueranno a convivere ma con un ridimensionamento del secondo: se negli ultimi anni aveva predominato il Beta, tornerà la tendenza ad aggiungere Alfa ed absolut. Senza contare che, con i tassi alti, la pressione sui costi verrà meno e non ci sarà più un’esigenza così forte di andare sul passivo. Quanto all’equity, cresce la propensione a investire trainata soprattutto dallo spostamento verso un’ottica tematica piuttosto che regionale: in questo senso, diventerà importante allargare lo spettro combinando quality, growth e value.
Da dove arriverà nei prossimi anni il maggior contributo al vostro percorso di crescita?
Per costruire un business model solido non si può essere monoprodotto o monocanale: bisogna avere flessibilità e diversificare. Ed è proprio su questo che continueremo a puntare. Oggi abbiamo una forte presenza nel segmento dei gestori patrimoniali ma stiamo crescendo molto anche nel segmento sub-advisory. Le aree su cui invece dovremo lavorare di più sono la distribuzione diretta, ancora importante nella misura in cui permette di accedere ai programmi di partnership, e il segmento istituzionale, che in alcune sue parti appare simile a quello dei fund selector di qualche anno fa e quindi più legato alla gestione attiva.
Quali sono i rischi per i mercati nel 2023?
Il principale elemento di rischio è rappresentato dalle banche centrali, che hanno alzato troppo i tassi in economie già in recessione. In secondo luogo, sono da monitorare alcuni temi geopolitici, come ad esempio gli sviluppi del conflitto Russo-Ucraino o le tensioni Cina-Taiwan, dato il ruolo di quest’ultima nella guerra dei chip.
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