Dazi, tregua Usa-Cina: per i gestori non è ancora tempo di abbassare la guardia
Mercati in festa per l’accordo di Ginevra sulla pausa di 3 mesi e il prosieguo dei negoziati. Asset manager: disgelo iniziato, ma la guerra commerciale non è finita
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Il 2023 è iniziato meglio dell’anno scorso ma non sarà comunque esente da incertezza. Se infatti l’ipotesi di una recessione globale appare sempre più remota, l’inflazione si sta dimostrando più persistente del previsto e con buona probabilità costringerà le banche centrali a un prosieguo della stretta monetaria almeno fino alla fine del primo semestre. Ne sono convinti gli esperti di Axa Investment Manager, che per i prossimi mesi intravedono un rally del reddito fisso da cavalcare però con cautela e strategie short-duration.
Di fronte a una prospettiva del genere, la grande domanda resta come si comporteranno i mercati. Specie considerando quanto gli investitori si stanno mostrando sensibili a ogni episodio di repricing delle aspettative di rialzo dei tassi. Un esempio, spiega Tentori, viene proprio da quello che è accaduto nei primi due mesi del 2023: “Per tutto gennaio abbiamo assistito soprattutto in Europa a un forte rally di azionario e obbligazionario, cui si è accompagnato un forte interesse per i bond corporate e il mercato del credito in generale. Poi le parole da falco di Schnabel a inizio febbraio hanno spento rapidamente gli entusiasmi causando un rintracciamento di quasi tutti i guadagni”. C’è, insomma, una forte componente di imprevedibilità nelle mosse degli operatori che rende offuscata la visione sul semestre in corso.
“La nostra asset allocation da qui a fine anno prevede di mantenere un atteggiamento prudente rispetto sul rischio di tasso: questo ci porta a investire soprattutto in obbligazioni corporate ma con alcuni accorgimenti, come ridurre la scadenza delle posizioni ad al massimo 3-4 anni”, precisa Tentori. Che poi aggiunge: “Per chi volesse invece recuperare le perdite dell’anno passato, sono ideali le strategie total return su subordinati bancari oppure l’high yield europeo di breve durata, dove ci sono rendimenti fino al 7%”. “In generale”, spiega il manager, “il mercato del credito è quello che permette di assumere i maggiori rischi in quanto le aziende si stanno mostrando resilienti alla crisi: basti pensare che il tasso di default dell’high yield americano è oggi del 2,6%, sui minimi storici e di tre punti percentuali inferiore alla media storica”. Gli fa eco Pietro Martorella, head of Southern Europe Axa Investment Management, secondo cui “nel reddito fisso i rendimenti spaziano oggi dal 4% al 10% restituendo all’asset class la sua naturale attrattività sia come fonte di rendimento sia come paracadute contro la volatilità”.
In tema di equity, l’asset manager francese adotta invece un approccio più bilanciato tra value e growth e volto in particolare a selezionare quei titoli che meno possano risentire delle scelte di politica monetaria in giro per il mondo. In questo senso, l’orientamento principale va alle azioni high dividend ma tenendo sempre un occhio puntato sulle valute che si potrebbero muovere in funzione della politica monetaria regionale. è il caso della Cina, dove la Pboc potrebbe farsi più aggressiva portando a un apprezzamento del renminbi rispetto al dollaro. Proprio il Paese asiatico potrebbe inoltre giocare un ruolo determinante sul fronte dell’inflazione: la sua riapertura, infatti, promette da un lato di rimettere a disposizione dei Paesi sviluppati un enorme mercato di beni a basso costo ma dall’altro rischia di assorbire gran parte della domanda mondiale di materie prime ed energia con conseguente effetto sui prezzi.
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