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Gli esperti di Rbc BlueBay sostengono di sì e vedono il ritorno del bull market obbligazionario. Ma le insidie non mancheranno
Tra le cose peggiori che il 2022 ha riservato agli investitori c’è stata l’inversione della correlazione tra azioni e bond. Muovendosi nella stessa direzione, al ribasso, le due asset class hanno infatti smesso di fungere da ammortizzatori reciproci. Sull’equity hanno pesato inflazione, tassi al rialzo e tensioni geopolitiche, sulle obbligazioni si è abbattuta la stretta monetaria sostanziosa e repentina. La domanda cruciale è dunque se nel 2023 si assisterà alla fine di questo fenomeno, che secondo gli analisti dal 1929 è avvenuto solo altre tre volte (nel 1931, nel 1941 e nel 1969), e se si assisterà al ritorno di una correlazione negativa.
Secondo gli esperti di Rbc BlueBay ci sono ottime probabilità che ciò avvenga, dal momento che l’inflazione è prossima al picco e si ridurrà entro fine anno. Anche se l’entità e la velocità del calo dei prezzi saranno fonte di incertezza, infatti, le banche centrali raggiungeranno la fine dei cicli di rialzo dei tassi e l’attenzione del mercato si sposterà sull’attività economica. “Con il passaggio dai timori di inflazione a quelli di recessione, la correlazione tra rendimenti obbligazionari e azionari tornerà ad essere negativa”, assicurano, precisando che le tensioni geopolitiche, dall’Ucraina ai rapporti Usa-Cina, resteranno comunque potenziali fonti di volatilità.
Ne consegue che, sempre secondo Rbc BlueBay, gli investitori dovrebbero continuare a privilegiare asset difensivi rispetto a quelli ciclici e sensibili alla crescita fino a quando non si inizierà ad intravedere il punto di minimo della recessione e la successiva ripresa. “Anche se si evitasse la recessione, la crescita economica e degli utili societari sarebbe destinata a rallentare in modo significativo – scrivono -. I rendimenti nominali più elevati, l’obbligazionario core e il credito di alta qualità offrono un reddito relativamente sicuro e un profilo di rischio-rendimento favorevole alla luce dell’incertezza macroeconomica”.
Il ritorno del bull market obbligazionario
Stando agli analisti, questo sarà un anno positivo per la duration, con i rendimenti dei titoli di Stato più sicuri che scenderanno, e più in generale per l’obbligazionario e le emissioni societarie con merito di credito più elevato. “Sebbene gli asset rischiosi registrino tipicamente un rally dopo la fine dei cicli di rialzo dei tassi delle banche centrali, e in particolare della Fed, è probabile che questo rally sia di breve durata, perché gli investitori si concentreranno sulla gravità della frenata dell’attività economica”, mettono in guardia.
Nello scenario centrale di Rbc BlueBay, con inflazione in calo e recessione, la curva dei Treasury Usa si irripidirà con rendimenti in calo su tutte le scadenze, in particolare su quelle brevi e medie. “La correlazione tra obbligazioni e azioni, che è stata positiva nel 2022, quando l’inflazione è stata elevata e i tassi di interesse sono aumentati, tornerà ad essere negativa – ribadiscono -. Quando la curva dei rendimenti si irripidisce, i titoli del Tesoro Usa di solito sovraperformano l’S&P 500. In questo scenario, l’obbligazionario e le emissioni societarie con rating elevato sovraperformeranno gli asset rischiosi sensibili alla crescita, compreso l’high yield”.
Passando alle azioni, anche in assenza di una vera recessione è probabile che la crescita degli utili deluda, perché una parte del calo dell’inflazione deriverà dalla compressione dei margini di profitto delle imprese. “Se le nostre previsioni di recessione sono corrette, il premio di rischio azionario risalirà rispetto ai livelli attuali e, a nostro avviso, le emissioni societarie investment grade offrono un rendimento paragonabile a quello delle azioni, con un rischio di ribasso e una volatilità inferiori”, sostengono gli esperti.
Occhio alla volatilità
Quanto detto non toglie che l’unica certezza del 2023 resta l’incertezza. Anzi, come sostengono gli esperti di Rbc BlueBay, ci troviamo in nell’era della ‘Grande volatilità’. “L’aumento della frequenza dei disastri naturali, eventi meteorologici estremi e la decarbonizzazione aumenteranno la volatilità a livello macroeconomico e la transizione verso il ‘Net Zero’ sarà fonte di ‘greenflation’. Per ridurre drasticamente le emissioni a effetto serra sarà necessario che il prezzo del carbone salga, un fattore che ancora non si riflette nel prezzo di beni e servizi e nel valore degli asset”, osservano.
Inoltre, per gli esperti l’aumento dell’inflazione e dei tassi d’interesse e la fine del Qe metteranno sempre più sotto i riflettori gli alti livelli di debito pubblico e la sostenibilità di bilancio. “Anche se l’inflazione diminuirà rispetto ai livelli attuali – evidenziano -, in un mondo dove il costo del denaro sarà spesso superiore all’obiettivo, le banche centrali saranno molto meno indulgenti nei confronti di governi che spendono eccessivamente, della volatilità dei mercati e di episodi di crescita economica debole”.
Con più limiti alle politiche monetarie e di bilancio e un’economia globale strutturalmente meno adatta ad assorbire shock più frequenti dovuti al cambiamento climatico, ai mercati energetici e alla geopolitica, gli investitori si troveranno quindi ad affrontare un contesto macroeconomico più imprevedibile. “I mercati presenteranno una maggiore dispersione e i rendimenti ‘beta’ corretti per la volatilità saranno più bassi”, concludono da Rbc BlueBay.
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