Oro, il picco potrebbe essere già stato toccato
Secondo StoneX Bullion, dopo la distensione sul fronte dazi il premio per il rischio per il metallo giallo si sta esaurendo. Dando vita a un doppio top. L’analisi
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Mentre resta alta la tensione sui titoli di Stato, l’Italia incassa la pessima pagella Eurostat sui conti pubblici. Nonostante un lieve miglioramento, Roma è infatti ancora una volta tra i peggiori, sia per quanto riguarda l’intero 2022 sia per il secondo trimestre di quest’anno. Stando all’istituto di statistica europeo, il deficit tricolore si è attestato al 5,4% del Pil nel periodo aprile-giugno, in netto calo rispetto all’11,3% dei tre mesi precedenti ma ben sopra il 3% previsto dai Trattati dell’Unione. Si tratta del secondo disavanzo dell’Area, secondo solo a quello greco (5,1%) e superiore a quello spagnolo (5,1%), e di una cifra oltre oltre la media dell’Eurozona, dove il deficit si è ridotto al 2,9%, dal 4,3% precedente.
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Il debito di Roma è invece risalito nel secondo trimestre, al 142,4% del Pil, rispetto al 140,9% del periodo gennaio-marzo, mentre nel resto di Eurolandia è sceso al 90,3% dal 90,7%. Anche l’indebitamento pubblico italiano si piazza quindi al secondo posto tra i venti Paesi dell’Area, alle spalle della Grecia (166,5%) e sopra Madrid (111,2%). In questo caso Roma è però in buona compagnia: nel secondo trimestre hanno infatti sforato il tetto del 3% altri otto Stati. Si tratta di Spagna (8,5%), Francia (5,1%), Polonia (4%), Romania (4,4%), Slovenia (3,7%) e Slovacchia (4,1%). Gli altri sono comunque in deficit, salvo Cechia, Danimarca, Estonia, Irlanda, Grecia (dal deficit del 9,6% del primo trimestre), Croazia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Svezia. Considerando invece i dati corretti per il ciclo (tra i quali Eurostat non indica il valore per Grecia, Italia e Cipro) SIBI UB undici a figurare oltre il 3% del Pil: si tratta di Belgio, Bulgaria, Cechia, Spagna, Francia, Ungheria, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia e Finlandia. Gli altri risultano comunque in deficit, salvo Danimarca, Irlanda, Lettonia, Paesi Bassi e Portogallo.
Passando al 2022, all’Italia va la maglia nera. Il nostro deficit è infatti risultato il più alto dell’Ue, all’8% del Pil, anche se in calo dall’8,8% del 2021. Nell’Eurozona a 19 è invece sceso al 3,6% dal 5,2% dell’anno prima e nell’Ue al 3,3% dal 4,7%, mentre salgono a dodici i Paesi che hanno sforato il tetto del 3%. Anche il debito pubblico nazionale è risultato in calo al 141,7% dal 147,1% del 2021, secondo nell’Unione solo alla Grecia (172,6%) e contro il 91% medio di Eurolandia (dal 94,8% del 2021).
I conti pubblici del Belpaese continuano dunque a preoccupare, come dimostra il livello dello spread tra i titoli tricolori e gli omologhi tedeschi. Nonostante venerdì scorso S&P abbia confermato il rating BBB con outlook stabile, ha infatti messo in guardia su una crescita economica attesa in frenata nel 2024 e 2024. E per Roma sono in arrivo altre tre revisioni da parte delle agenzie internazionali, che hanno ora nel mirino la nuova legge di Bilancio. Il 27 ottobre toccherà a Dbrs, secondo cui l’Italia è BBB High con trend stabile. Il 10 novembre sarà invece la volta di Fitch, che il 12 maggio scorso ha confermato il rating a BBB con outlook stabile. E, infine, il 17 novembre l’appuntamento più temuto, quello con Moody’s, che sempre a maggio ha preferito non aggiornare il suo giudizio BAA3 con prospettive negative, ventilando poi la possibilità che l’Italia possa “perdere l’investment grade”.
Intanto uno studio dell’istituto di ricerca Zew tedesco, citato in anteprima dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha mostrato che la Banca centrale europea ha recentemente aumentato gli acquisti di titoli italiani. I dati riguardano i cosiddetti reinvestimenti di Francoforte nel Pepp, il programma di acquisto per l’emergenza pandemica, nei mesi da aprile a settembre 2023. Ed emerge che il Paese i cui titoli sono stati comprati in modo sproporzionato è l’Italia, mentre la quota della Germania è quella che si è ridotta maggiormente. “C’è uno spostamento verso l’Italia, la Francia e la Grecia”, ha spiegato alla Faz l’economista Friedrich Heinemann. Gli acquisti netti a favore dell’Italia ammontano a quasi 2,5 miliardi di euro.
La Faz ricorda come l’Eurotower abbia interrotto i suoi multimiliardari acquisti obbligazionari prima della svolta dei tassi di interesse dello scorso anno, lasciandosi però aperte due strade per intervenire nel caso in cui i rendimenti dei titoli dei singoli Paesi dovessero salire bruscamente con la stretta monetaria. Una è il programma Tpi, noto come scudo anti-spread, che consente l’acquisto di bond in caso di aumenti insoliti dei rendimenti (finora mai stato utilizzato). Il suo obiettivo è intervenire nel caso in cui i rendimenti dei singoli bond dei Paesi dell’euro aumentino troppo rapidamente o si allontanano troppo dal rendimento del Bund, per evitare una frammentazione dell’Area dell’euro. L’altra strada ancora a disposizione è appunto il programma pandemico, i cui reinvestimenti sono stati definiti dalla stessa presidente Christine Lagarde “prima linea di difesa” per questi casi.
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Secondo Matteo Ramenghi, chief investment officer Ubs Wm Italy, l’Italia sta reggendo bene l’impatto dei tassi ma i Btp sono ormai i titoli di Stato con i rendimenti più elevati della Zona Euro, avendo superato addirittura la Grecia. “A mio avviso si tratta di un fenomeno tecnico, più che legato ai fondamentali economici (che sarebbero nettamente in favore dell’Italia), ma Atene ha comunicato ai mercati un piano per ridurre l’indebitamento (beneficiando anche dei tassi agevolati accordati dall’Europa) mentre Nadef e legge di bilancio suggeriscono stabilità”, spiega. Inoltre, per Ramenghi Atene potrebbe beneficiare di miglioramenti del rating che la potrebbero riportare nella categoria investment grade, mentre si temono alcuni giudizi sull’Italia.
“A livello globale, il rallentamento dell’economia dovrebbe portare a un calo della domanda e dell’inflazione e, a cascata, anche dei tassi e dei rendimenti obbligazionari. Per questa ragione, le obbligazioni di buona qualità a tasso fisso con scadenze a medio-lungo termine rappresentano un’occasione da cogliere”, sottolinea l’esperto. E a suo parere, questo vale anche per alcuni Btp che però, viste le potenziali fonti di volatilità nei prossimi mesi, preferisce “scadenze entro i tre anni”.
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